Il film: Thunder (Foudre), 2022. Regia: Carmen Jaquier. Cast: Lilith Grasmug, Memoz Melchior, Benjamin Python, Noah Watzlawick.
Genere: drammatico. Durata: 92 minuti. Dove l’abbiamo visto: allo Zurich Film Festival, in lingua originale.
Trama: Svizzera, 1900. Elisabeth, novizia diciassettenne, viene a sapere della morte della sorella, e torna a casa per lavorare nei campi. Mentre le sue altre due sorelle accettano lo status quo senza obiezioni, lei comincia a remare contro per capire cosa sia successo.
Annata eccellente per il cinema svizzero sul piano internazionale, il 2022: tra autori affermati e notevoli esordi, la produzione elvetica ha avuto posizioni di rilievo in quasi tutti i festival maggiori (l’eccezione di peso è Venezia, ma lì c’era comunque un documentario su Jean-Luc Godard, che con la Svizzera aveva un legame molto forte). Un esempio è quello di cui parliamo nella recensione di Thunder, opera prima che ha esordito a Toronto nella prestigiosa sezione Platform, per poi essere selezionata in concorso a Zurigo (dove ha ricevuto una menzione speciale della giuria ufficiale, il premio come miglior esordio da parte della critica internazionale, e il premio assegnato dal clero zurighese) e alla Festa del Cinema di Roma.
La trama: Chiesa e famiglia
Siamo in un paesino di montagna, nell’estate del 1900. Da cinque anni Elisabeth è dedita al noviziato, ma è costretta a tornare a casa e aiutare la famiglia nei campi quando viene a sapere della morte inattesa della sorella maggiore Innocente. Sul decesso della ragazza vige un rigoroso, religioso silenzio, e le altre due sorelle di Elisabeth accettano senza obiezioni i loro ruoli in seno alla comunità. Lei, invece, vuole capire esattamente cos’è successo, e mentre indaga scopre un mondo nuovo, dove non ha più dodici anni ma diciassette e si ritrova non indifferente alle attenzioni di alcuni coetanei, anche in nome di una libertà che la famiglia vorrebbe smorzare a tutti i costi.
Il cast: è una donna, non è una santa
Il ruolo di Elisabeth è stato affidato alla bravissima e intensa Lilith Grasmug, giovane attrice francese che si è fatta notare a Cannes nel 2021 nella commedia nera Bloody Oranges e a Berlino nel 2022 nel dramma The Passengers of the Night. Nei panni della madre ritroviamo una delle eccellenze del cinema svizzero, la poliglotta bernese Sabine Timoteo, apparsa anche in produzioni italiane come Le meraviglie di Alice Rohrwacher, 7 minuti di Michele Placido e Sicilian Ghost Story di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza. Volti notevoli della scena audiovisiva elvetica sono anche Marco Calamandrei (il curato) e Barbara Tobola (la Madre Superiora).
I monti non sorridono
Al primo lungometraggio, dopo diversi corti – di cui uno premiato a Locarno – e un progetto collettivo (Heimatland, ritratto distopico di un paese in crisi politica), Carmen Jaquier non sa resistere a quello che è un piccolo cliché della cinematografia elvetica (se non è Heidi, i film ambientati in montagna hanno sempre un che di minimamente sinistro), ma lo applica con un grande occhio per la simbiosi tra eleganza visiva e crudeltà tematica, mettendo a nudo sullo schermo un certo senso di colpa che si può associare al calvinismo, che lei conosce personalmente essendo nata e cresciuta a Ginevra. Scarsa originalità, forse, ma la passione è evidente in ogni inquadratura, perorando la causa di una cineasta che dimostra di essere parte integrante di una nuova generazione di talenti svizzeri da seguire, insieme a colleghi del calibro di Elie Grappe, Michael Koch, Cyril Schäublin e Lisa Brühlmann, per citare solo alcuni nomi.
La recensione in breve
Carmen Jaquier esordisce nel lungometraggio con tocco sicuro, firmando un dramma di formazione su sfondo alpino dove elementi tipicamente svizzeri incontrano temi universali.
- Voto CinemaSerieTV