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Home » Film » Recensioni film » Ti mangio il cuore, recensione: più sangue che amore

Ti mangio il cuore, recensione: più sangue che amore

La recensione di Ti mangio il cuore, il film drammatico di Pippo Mezzapesa che segna l'esordio di Elodie nella recitazione.
Alessio ZuccariDi Alessio Zuccari6 Settembre 20224 min lettura
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ti mangio il cuore cover
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Il film:  Ti mangio il cuore, del 2022. Regia di: Pippo Mezzapesa. Cast: Elodie, Francesco Patanè, Tommaso Ragno, Lidia Vitale. Genere: drammatico. durata: 117 minuti. Dove l’abbiamo visto: al Festival di Venezia 2022.

Trama: Nel promontorio del Gargano due famiglie si contendono il potere e il rispetto. Quando Andrea dei Malatesta e Marilena dei Camporeale si innamorano e scappano insieme, una faida dolorosamente celata finirà per aprirsi nuovamente.


I primi quindici minuti di Ti mangio il cuore sono bellissimi. Al centro ci sono due corpi che si desiderano, quelli di Marilena (l’esordiente Elodie) e Andrea (Francesco Patané). Si scrutano di nascosto, si rincorrono dove non potrebbero e mescolano in un abbraccio per un fugace momento di passione consumato nella segretezza più assoluta. Tutto è calibrato nella giusta maniera tra sentimento che nasce ed erotismo.

Poi però sui due incombe una Madonna che piange sangue e, come vedremo nella recensione di Ti mangio il cuore, il film di Pippo Mezzapesa – presentato in Orizzonti alla 79esima edizione del Festival di Venezia – fa scivolare troppo in fretta sotto il tavolo questo amore dalla carica fortissima, preferendo dirigersi sui toni di un mafia movie che rimastica molto nel racconto e nei toni.

La trama

ti mangio il cuore
Il fatto è che ad Andrea e Marilena non è consentito amarsi come tutti gli altri ragazzi. Appartengono a due famiglie rivali del promontorio del Gargano che si sono ammazzate a vicenda per decenni. Lui è l’erede dei Malatesta, clan capeggiato da Michele (un Tommaso Ragno che pare prelevato di peso dal Nostalgia di Mario Martone), lei la moglie del boss dei Camporeale.

E tutto sembra apparecchiato per adattare l’eterno Romeo e Giulietta nel mezzo di questa terra brulla e aspra, una distesa di campi annaffiati con il sangue di intere generazioni strappate via dalla violenza e dall’eredità generata da quella violenza.

Ti mangio il cuore sceglie invece di non incentrarsi sull’impossibilità dell’amore, perché i due in effetti scappano assieme e tornano poco dopo con Marilena incinta di un nuovo figlio. Nel frattempo la faida faticosamente celata tra le due famiglie si è riaperta proprio a causa di questa scandalosa unione e toccherà ad Andrea giocare una parte importante all’interno di questo conflitto dove tutti sembrano condannati da un destino già scritto.

Più revenge movie che storia d’amore

ti mangio il cuore
Un po’ un peccato che il film scelga questo come sua stella polare. L’idea alla base di Ti mangio il cuore, il rapporto proibito, è la scintilla più interessante che poi non viene utilizzata per appiccare il fuoco a un racconto focalizzato maggiormente sulla linea del revenge movie che sui contrasti tra i suoi due protagonisti/amanti.

Lo script a cura dello stesso regista, Antonella W. Gaeta e Davide Serino salta troppo nettamente di blocco in blocco, quasi ignorando le fortissime tensioni interne a una famiglia, quella dei Malatesta, che si ritrova in casa la nemica Marilena e un figlio che si trasforma da un momento all’altro nell’esatto contrario della figura che ci è stata presentata. Certo, non le ignora del tutto, ma le mette per lo più nella bocca velenosa della matriarca Teresa (Lidia Vitale) e negli occhi vitrei di un Andrea che si trasfigura attraverso azioni che lo trovano eccessivamente granitico e compiaciuto.

Quella di quest’ultimo è un’evoluzione coerente con quanto Ti Mangio il cuore vuole fargli fare e sul dove infine tutto il film vuole andare a parare, ma che chiama a una discesa negli abissi repentina, a un discorso sulle sfumature dove le scale di grigi (considerando sempre da dove si è partiti) non hanno posto.

Una repentina discesa negli abissi

ti mangio il cuore
Eppure lavorerebbe in quella direzione anche l’ottimo utilizzo fatto del bianco e nero (fotografia di Michele D’Attanasio), una scelta cromatica per una volta funzionale a qualificare la ruvidezza dei volti degli interpreti, a scavare nelle profondità dei loro animi a partire dalla superficie degli occhi, degli zigomi, delle labbra.

Anime nere, un po’ come il titolo del film sotto certi aspetti analogo di Francesco Munzi che Ti mangio il cuore pare evocare nella durezza del setting, dell’inevitabilità del proprio fato e nelle mefistofeliche figure che lo popolano. Volti e corpi che sono il miglior punto di forza del film (buona la prima per Elodie, chiamata a recitare anche in un dialetto a lei distante), figure erratiche ma immobili in uno spazio incapace di elaborare il tempo perché strangolato da tradizione e arcaiche concezioni di potere e rispetto.

Un’opera a tratti più evocativa che di sostanza, tangibile nel momento in cui esplode i colpi da arma da fuoco ma meno forte e originale dei purtroppo pochi momenti dove al centro della scena c’è l’atipico e distorto amore che lega i suoi due protagonisti.

La recensione in breve

5.5 Affrettato

Ti mangio il cuore parte come un Romeo e Giulietta ambientato nell'aspro promontorio del Gargano. Il film di Pippo Mezzapesa, presentato in Orizzonti al Festival di Venezia 2022, preferisce però concentrarsi più su mafia e revenge movie che sulla storia d'amore, perdendo una buona occasione che avrebbe lì a portata di mano.

  • Voto CinemaSerieTV 5.5
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