Il film: Trolls 3 – Tutti insieme (Trolls Band Together), 2023. Regia: Walt Dohrn. Cast: Anna Kendrick, Justin Timberlake, Camila Cabelo, Eric André, Kid Cudi, Troye Sivan, Daveed Diggs, Amy Schumer, Andrew Rannells, Zosia Mamet, Zooey Deschanel, Christopher Mintz-Plasse, Ron Funches, Kenan Thompson, Kevin Michael Richardson.
Genere: animazione, commedia, musicale. Durata: 92 minuti. Dove l’abbiamo visto: al cinema, in anteprima stampa, in lingua originale.
Trama: Branch viene contattato dai suoi fratelli, con cui non parla da anni, per ricostituire la boy band di cui facevano parte.
Eccoci arrivati al terzo capitolo cinematografico (anche se il secondo, causa Covid, in realtà è uscito quasi ovunque direttamente in digitale e home video) del franchise targato DreamWorks Animation che ha avuto l’intuizione fortunata di unire una proprietà intellettuale non indifferente – i pupazzetti a forma di troll ideati dal danese Thomas Dam – e il genere della commedia musicale jukebox, con la colonna sonora composta da vari brani di successo, prevalentemente di estrazione pop (e rimane bizzarra, da quel punto di vista, la scelta di doppiare anche le canzoni in alcuni mercati internazionali). Una commistione di elementi a cui ha giovato anche il casting, per i ruoli principali, di Anna Kendrick e Justin Timberlake, di nuovo in pista – si fa per dire – per questo terzo episodio su cui si concentra la nostra recensione di Trolls 3 – Tutti insieme.
La trama: fratelli, dove siete?
Poppy e Branch sono pronti per il giorno delle nozze dei loro migliori amici, ma i festeggiamenti vengono interrotti dall’irruzione di John Dory, fratello maggiore di Branch. Con gli altri tre fratelli – Floyd, Clay e Spruce – erano, anni addietro, la celebre boy band BroZone, che si sciolse perché John Dory era fissato con il controllo assoluto di ogni esibizione. Ora, però, è necessario ricomporre il gruppo, perché Floyd è stato rapito da Velvet e Veneer, due cantanti privi di talento che assorbono le capacità musicali dei troll per conquistare il pubblico. E solo i quattro fratelli riuniti possono sperare di liberare il quinto membro della famiglia, con un po’ d’aiuto da parte di Poppy che è destinata a scoprire retroscena sorprendenti anche in altri ambiti.
Il cast: boy band alla riscossa
Chi scrive ha visto il film in lingua originale, e pertanto non si esprimerà sull’adattamento e le voci italiane, anche perché gran parte del valore aggiunto del franchise deriva dalla scelta del cast vocale in inglese, a cominciare da Anna Kendrick (Poppy) e Justin Timberlake (Branch), con quest’ultimo che in occasione del terzo film si è riconciliato artisticamente con gli ex-compagni d’avventura di NSYNC, firmando un orecchiabile brano inedito che segna il ritorno in scena della band dopo 22 anni. Tra le nuove reclute spicca il giovane cantante australiano Troye Sivan, sempre più lanciato come attore (l’abbiamo visto di recente nella serie HBO The Idol), che presta la voce a Floyd, mentre i perfidi Velvet e Veneer sono rispettivamente Amy Schumer e Andrew Rannells, perfettamente in sintonia con l’atmosfera allegra di questo universo cinematografico.
Cantiamo tutti insieme
La formula del franchise è ormai consolidata, con le trame dei singoli film che sono poco più che semplici pretesti per mettere in scena un numero musicale dietro l’altro (anche se ha un certo fascino la mitologia legata alle proprietà magiche dei generi canori e delle doti artistiche dei personaggi), e il terzo capitolo non fa eccezione, al punto che i concerti sono parte integrante dell’intreccio per non spingere oltre il limite la sospensione dell’incredulità (ammesso che questa fosse un fattore in film dove i protagonisti sono troll canterini).
Rimane, come sempre, il legittimo dubbio su quanto possa funzionare fuori dai paesi di lingua inglese un meccanismo che si basa su canzoni preesistenti (che perdono di mordente qualora vengano doppiate) e giochi di parole a tema (in questo caso, sequenze intere di battute sulle boy band che metterebbero a dura prova anche il metodo estremamente “filologico” di Gualtiero Cannarsi), ma a questo ci pensano in parte le coreografie sempre più complesse e ipnotiche e l’uso, mirato e mirabolante, dell’animazione tradizionale per aggiungere un pizzico di psichedelia in un mondo già di suo bello folle e colorato nella versione “classica” tridimensionale. Poco, ma decisamente buono.
La recensione in breve
I troll tornano in pista con la solita formula che è sostanzialmente un jukebox di 90 minuti, con l'aggiunta del contributo non indifferente di NSYNC e di un uso non banale di tecniche miste di animazione.
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Voto CinemaSerieTV