Il film: Un altro Ferragosto, 2024. Regia: Paolo Virzì. Genere: Commedia, dramma. Cast: Silvio Orlando, Sabrina Ferilli, Christian De Sica, Laura Morante, Andrea Carpenzano, Vinicio Marchioni, Anna Ferraioli Ravel. Durata:115 minuti. Dove l’abbiamo visto: Anteprima stampa.
Trama: In una sera d’agosto del 1996, nella casa di Ventotene dove il giornalista Sandro Molino trascorreva le vacanze, la sua compagna Cecilia gli rivelò di essere incinta. Oggi Altiero Molino è un ventiseienne imprenditore digitale e torna a Ventotene col marito fotomodello per radunare i vecchi amici intorno al padre malato e regalargli un’ultima vacanza. Non si aspettava di trovare l’isola in fermento per il matrimonio di Sabry Mazzalupi col suo fidanzato Cesare. La ragazzina goffa figlia del bottegaio romano Ruggero, è diventata una celebrità del web e le sue nozze sono un evento mondano che attira i media e anche misteriosi emissari del nuovo potere politico. Due tribù di villeggianti, due Italie apparentemente inconciliabili, destinate ad incontrarsi di nuovo a Ferragosto, per una sfida stavolta definitiva.
Eravamo terrorizzate anche solo dall’idea di un sequel di Ferie d’agosto. Per l’amore che ci ha sempre legate al film e anche per paura che si potesse rovinare qualcosa che, seppur non perfetto, aveva saputo cogliere un momento chiave della recente storia italiana, in cui la lotta tra destra e sinistra era di certo più vitale. E poi, diciamocelo, ci sarebbero mancati troppo Ennio Fantastichini e Piero Natoli, scomparsi rispettivamente nel 2018 e nel 2001. Un altro Ferragosto, invece, è il fratello perfetto del primo capitolo. Più dolente, meno speranzoso, ma umano. Proviamo a spiegarlo nella recensione di Un altro ferragosto.
Matrimonio a Ventotene
Agosto, Ventotene. La piccola isola laziale è presa d’assalto dai fan della super influencer Sabrina Mazzalupi, detta Sabry, per le imminenti nozze con il manager Cesare. Per festeggiare la lieta ricorrenza la famiglia si stringe attorno a lei. Dalla madre Luciana, vedova di Ruggero, a zia Marisa, vedova a sua volta di Marcello, ora fidanzata con l’ingegnere Pierluigi. Anche la famiglia Molino sbarca nella località balneare con la tutta la sua tribù di amici. Sandro Molino è ormai malato terminale.
Suo figlio Altiero, ricco manager coniugato con il fotomodello Noah, ha deciso di regalargli un’ultima vacanza da sogno, circondato dagli affetti più cari. Affaticato dalla malattia, Sandro passa tutto il suo tempo con il nipote acquisito Tito, con cui prova a scrivere una lettera destinata alla Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, per rendere Ventotene luogo storico e preservarne così la memoria. Ventotene, dove venivano confinati gli oppositori del fascismo come Altiero Spinelli, Sandro Pertini ed Ernesto Rossi, è però travolta ancora una volta dai nuovi barbari.
Ancora una volta, con un po’ di sentimento
Il film si apre con un insolito rap in cui possiamo ascoltare le voci dei compianti Ennio Fantastichini e Piero Natoli, la cui assenza è stata trattata con grande intelligenza da Virzì. Ascoltiamo la musica dei The Kolorz, l’atmosfera è festosa come quella di una qualsiasi giornata agostana a Ventotene. Poi arriva la banda che inizia a suonare le note di Battista Lena e ritorniamo con la mente al 1996. È davvero un altro Ferragosto o si tratta della stessa storia, raccontata in un tempo diverso e con personaggi con quasi 30 anni di più sul groppone? In realtà sono due film perfettamente sovrapponibili (persino certi movimenti di macchina da presa ci sono sembrati identici). Non a caso ogni tanto Ferie d’agosto fa capolino tra una scena e l’altra, in maniera molto organica e per niente fastidiosa, attraverso la citazione dei vecchi dialoghi e di situazioni già viste nella pellicola del 1996.
Ma quello che ci interessa sono le parti che non coincidono, che sfuggono. Qui, in questo scarto, c’è la bellezza (a volte acre) di un’opera che parla di padri e figli (tema cardine del cinema di Virzì), di memoria e separazione. E anche di politica. Scriviamola questa parola che fa tanto paura, ma che invece è una chiave di lettura essenziale per comprendere il film. Un elemento imprescindibile che fa fare il salto di qualità alla storia, portandola da una dimensione particolare (anzi, familiare) a una universale.
Non mi sento tanto bene
I Mazzalupi continuano a essere un famiglia d’infelici, ma anche i Molino sono attraversati da una costante disillusione, forse maggiormente elaborata rispetto a quella dei dirimpettai ma ugualmente pesante. La ricchezza del loro vocabolario e l’igiene della lingua non li ha salvati granché in questi ultimi 28 anni. Sandro e Altiero, per esempio, non sono riusciti a trovare un punto d’incontro. Cecilia (Laura Morante) è alla costante ricerca dell’attenzione del compagno. Betta (Raffaella Lebboroni) e Graziella (Claudia Della Seta) litigano a più non posso. Roberto (Gigio Alberti) ha ormai la piena consapevolezza di aver sbagliato la vita.
Solo Mauro (Silvio Vannucci), che continua a essere sottovalutato da tutti e che a Ventotene vive, ha trovato amore e felicità con la sua Maria Rosa (Maria Laura Rondanini). Poi c’è l’Italia che ha cambiato (?) volto, mostrando un orrido ghigno. “Se sei fascista fai carriera“, dice Sandro. La verità è che oggi i fascisti, rispetto al 1996, non si nascondono più e anche la Resistenza cambia volto. A volte assume forma di sterile schermaglia sui social, altre una voglia irriducibile di non mollare davanti al crollo di ideali nei quali si crede.
Il sol dell’avvenire
Scritto in maniera magnifica da Paolo Virzì assieme al fratello Carlo e al sodale Francesco Bruni, Un altro Ferragosto è sorretto da due grandi Sabrina Ferilli e Silvio Orlando, quest’ultimo malinconico e spaesato, con il quale tutti tentano disperatamente di connettersi prima che sia troppo tardi, senza avere grande successo. Sandro vive in un altro mondo, ormai, eppure lotta con tutte le sue forze per difendere quel posto dal valore inestimabile, dove si piantò il primo seme della Resistenza e dell’idea di Europa. E cos’ha intorno? I vecchi “nemici” di sempre Mazzalupi, capitanati verso una vita di agi e ricchezza dall’inconsapevole Sabry (Anna Ferraioli Ravel). E manovrati dal burattinaio Cesare.
Le parti più leggere sono affidate all’ingegnere interpretato da Christian De Sica e alla verve comica delle bravissime Paola Tiziana Cruciani ed Emanuela Fanelli (l’ex moglie di Cesare che ha un monologo da applausi), ma il contraltare è disperatissimo. Aleggia sul film una sensazione straniante di perdita di memoria, incarnato dai personaggi di Sandro e Luciana, annientata a tal punto dalla morte del marito Ruggero, da perdere il senno. Sabry che in Ferie d’agosto era uno dei personaggi più belli e complessi, a cui fu affidata una battuta finale epocale, è diventata una donna che vive per non far sentire inferiore nessuno. Se un difetto c’è nel film è che nella grande quantità di personaggi si sia sacrificato il rapporto tra Altiero (Andrea Carpenzano) e suo padre, che resta pieno di domande senza risposta. Intenerisce il cuore invece la relazione tra Molino e il nipote Tito, un bambino che lo accudisce con dolcezza.
Ma cos’è la destra cos’è la sinistra
Diceva Giorgio Gaber:
Una bella minestrina è di destra
il minestrone è sempre di sinistra
quasi tutte le canzoni son di destra
se annoiano son di sinistra
E in un certo senso Virzì continua nella sua disamina di questi due universi inconciliabili. La sinistra crede fermamente nella pulizia delle parole e continua ad avere il culto della “sconfitta” (la rassegna cinematografica di Mauro non ha star né tappeti rossi. E neanche pubblico). La destra risponde con il peggior repertorio di sempre: razzismo conclamato, omofobia, ignoranza. Una volta gli affittuari della villetta bianca (quella bella) cercavano un modo per sintonizzarsi su Canale 5. Ora cercano il wi-fi per una diretta streaming. Come in Ferie d’agosto, però, il tentativo di avvicinarli porta sempre a contaminazioni inaspettate. Come nel momento dell’abbraccio tra Ferilli e Alberti, dell’incontro tra Ivan e Sabry. E di quello, ancor più significativo tra Altiero e Cesare.
Il personale è politico
Dicevamo del salto di qualità della storia che rompe i confini della crisi esistenziale per diventare qualcosa di più grande. Rispetto a Ferie d’agosto, in cui il lo scontro tra diversi modi di concepire la vita riguardava essenzialmente l’ambito privato, relegando la dicotomia politica sullo sfondo, qui i problemi familiari rispecchiano in piccolo quelli di un paese allo sbando, senza vergogna. Il momento chiave del film è l’incontro onirico tra Sandro e i nuovi padri della patria, confinati a Ventotene in quanto dissidenti rispetto al regime fascista. Sono loro a bacchettarlo per una vita non vissuta fino in fondo. E a dirgli che forse non ha saputo volere bene a chi è stato al suo fianco, la compagna Cecilia, il figlio Altiero. E questo non saper volere bene (battuta rubata a 8 e 1/2 di Fellini) gli ha impedito anche di lottare per le cose importanti.
Che la sinistra abbia avuto la peggio in questi anni per la sua incapacità di sentire fino in fondo le istanze di tutti? La domanda è lecita. Già nel 1996 si parlava di persone aride ed elitarie“. Quelle parole così forti che Sandro ascolta in sogno sono però deflagranti. E lo portano da un lato a un caldissimo commiato ai suoi cari. Dall’altro lo spingono a osare come mai prima, imbracciando un ideale fucile per continuare a lottare. Sappiamo che è solo il delirio di un uomo malato, prossimo alla morte (l’amarezza di Virzì qui non lascia scampo). Ma vedere Sandro, il grande accusatore, finalmente in azione per costruire un paese nuovo, è un piccolo sollievo. Basterà?
La recensione in breve
Un altro Ferragosto è un film che può spiazzare, ma che invece osa su più livelli regalandoci una storia commovente e divertente al tempo stesso, scritta in maniera magnifica e interpretata ancora meglio. Non un sequel, ma un film fratello in cui la morte dei padri appare come un momento necessario per andare oltre.
- Voto CinemaSerieTV