Il film: Vietato ai cani e agli italiani, del 2022. Regia: Alain Ughetto. Cast: Alain Ughetto, Ariane Ascaride.
Genere: animazione. Durata: 70 minuti. Dove l’abbiamo visto: All’Annecy International Animation Film Festival, in lingua originale (presentato anche al Locarno Film Festival).
Trama: Alain Ughetto, regista francese di origine italiana, immagina una conversazione con la defunta nonna Cesira a proposito del marito di lei, che per motivi professionali prima, e paura del fascismo poi, decise di stabilirsi dall’altro lato delle Alpi.
È con una certa emozione che possiamo finalmente scrivere la recensione di Vietato ai cani e agli italiani, dopo averne visto in precedenza delle immagini in anteprima durante l’edizione ibrida 2021 del Festival di Annecy, principale appuntamento per gli appassionati di cinema d’animazione, dove il film di Alain Ughetto è stato poi presentato – e premiato – un anno dopo, inaugurando un percorso che include anche la pre-apertura del Locarno Film Festival, per via del forte legame con la Svizzera (in termini narrativi e produttivi).
L’utilizzo della stop motion e il ruolo del regista
Nel ricostruire la storia della propria famiglia, originaria del paesino piemontese di Ughettera, il cineasta Alain Ughetto ha deciso di servirsi della stop motion, una scelta coerente non solo con il contesto cronologico del film (essendo questo tipo di animazione considerato “vetusto” sul piano commerciale, una reliquia d’altri tempi) ma anche con il rapporto molto personale, intimo, tra l’autore e la materia trattata.
Ughetto ci mette non solo la voce, ma anche il corpo: la sua mano appare regolarmente, per spostare i pupazzetti o aggiustare qualcosa sul piccolo set che ricrea il Piemonte, la Francia o la Svizzera (il nonno lavorò al traforo del Sempione). Un intervento letteralmente dall’alto, con il regista come entità divina che interagisce direttamente con le sue creazioni. Un gesto d’amore per l’artigianato, per il cinema, per i parenti, riportati in vita tramite avatar animati.
La mia vita da immigrato
L’estetica ricorda quella di un altro recente piccolo grande film d’animazione, La mia vita da zucchina, anch’esso di matrice francese e svizzera (senza la componente italiana del lungometraggio di Ughetto), di durata contenuta – 70 minuti o meno – e realizzato con una tenerezza disarmante nell’affrontare ad altezza bambino argomenti non leggerissimi.
E anche se l’età anagrafica del protagonista è diversa, c’è sul suo volto la stessa innocenza e la stessa predisposizione positiva nei confronti di una vita che a volte riserva sorprese tutt’altro che allegre, nella fattispecie un connubio di povertà e tirannia che porta ad abbandonare per sempre la patria per crearsi un nuovo destino altrove. Il tutto con toni gentilmente fiabeschi, per quella che è una sorta di spettacolo con il regista che dispone gli attori sul palcoscenico per mettere in scena frammenti di biografia ad alto tasso di pathos e sincerità.
Una storia di lingue
Altro elemento di fascino è l’uso, nella versione originale, delle due lingue, francese e italiano (con ovvia dominanza della prima), un gioco di idiomi e connotazioni culturali che si riflette nella scelta, molto felice, di affidare la voce di Cesira ad Ariane Ascaride, anch’ella di origini italiane (il nonno era napoletano) e quindi con un attaccamento personale al soggetto che traspare in ogni sillaba della sua sentita performance in dialogo con Ughetto. Un duetto, il loro, che impreziosisce sul piano sonoro il preciso lavoro visivo, al servizio di un racconto specifico ma universale che arriva dritto al cuore già nei primi minuti e ci rimane per tutta l’ora successiva.
La recensione in breve
Con Vietato ai cani e agli italiani, il regista Alain Ughetto firma un'opera personale, intima, ma dalla portata epica e universale, grazie a un'animazione stop motion che trasforma in grande avventura per tutta la famiglia la storia del nonno del regista.
- Voto CinemaSerieTV