Il film: Vite vendute, 2024 Regia: Julien Leclercq. Cast: Frank Gastambide, Alban Lenoir, Ana Giradot, Sofiane Zermani. Genere: Thriller, Azione. Durata: 106 minuti. Dove l’abbiamo visto: In anteprima su Netflix.Trama: Una squadra speciale ha meno di ventiquattr’ore per trasportare due camion pieni di esplosivo attraverso una regione ostile ed evitare una terribile catastrofe.
Vite vendute (Le salaire de la peur) del 1953 è uno dei più grandi film di tutti i tempi, e c’è chi ritiene che un mostro sacro di questo calibro non dovrebbe mai essere maneggiato in virtù di repliche. Perché sono opere che hanno scritto delle pagine troppo importanti della storia del cinema, configurandosi quasi come dei santini intoccabili da venerare in ogni modo. Tuttavia, nel corso degli anni il concetto di remake è stato spesso al centro delle logiche delle produzioni, spinte quasi sempre da un’unica motivazione: soddisfare delle intenzioni mirate alla ripresentazione di storie già accolte con successo da pubblico e critica, per un mero tornaconto aziendale. In alcuni casi, però, ci siamo imbattuti in opere che si sono rivelate dei remake all’altezza del rispettivo originale, o persino superiori, perché capaci di rendere vivo il materiale di partenza e proiettarlo nel loro contesto di uscita con nuove riletture e soluzioni visive.
Pensiamo, ad esempio, a La Cosa di Carpenter, Nosferatu di Herzog, Scarface di De Palma e The Departed di Scorsese. Tutti titoli che si sono dimostrati delle operazioni intriganti, sofisticate e stimolanti. E non dei prodotti figli di una mancanza di idee. Lo stesso Le salaire de la peur del ’53 – a sua volta tratto dal romanzo di Georges Arnaud del 1950 – è stato oggetto di un rifacimento da parte di William Friedkin nel 1977. Che non è riuscito di certo ad eguagliare il capolavoro di Henri-Georges Clouzot, ma che in qualche modo si è presentato come un lungometraggio a sé stante e in pieno stile del regista de L’esorcista e Il braccio violento della legge.
Il 29 marzo 2024 è uscito su Netflix il secondo remake di Vite vendute, già sotto la lente di ingrandimento di quegli appassionati che potrebbero accoglierlo con legittima diffidenza. Vediamo allora, nella nostra recensione di Vite vendute, se il nuovo film di Julien Leclercq ha saputo dialogare intelligentemente con il suo originale, o se si è rivelato una replica insulsa, scadente e di cui non si sentiva il bisogno.
Un compito suicida
L’ossatura della sinossi è pressoché la stessa di quella dell’opera di Clouzot. Con la differenza che i protagonisti non sono né ultimi né falliti chiamati ad accettare una missione pericolosa solamente per ottenere un riscatto dovuto al guadagno facile. Non veniamo introdotti in un microcosmo popolato da personaggi stanchi della loro vita e senza nulla da perdere. Bensì ci troviamo di fronte allo scontro tra due fratelli, che una notte vengono colti di sorpresa dalla polizia durante una rapina in una casa di un ricco magnate. Alex (Alban Renoir) viene arrestato, mentre Fred (Franck Gastambide) riesce a fuggire e a rifugiarsi insieme alla moglie e alla figlia del fratello in un campo profughi in mezzo al deserto.
Qui, un giorno, un pozzo di petrolio limitrofo prende fuoco mettendo a rischio le vite degli abitanti del campo. La società che gestisce il pozzo invia sul posto alcuni periti, ma risulta subito chiaro che l’unica soluzione per evitare una catastrofe imminente è quella di far esplodere il pozzo con la nitroglicerina entro ventiquattro ore. La compagnia petrolifera decide, dunque, di mettere in piedi una squadra in grado di trasportare a bordo di due camion 200 chili della sostanza esplosiva a 800 chilometri di distanza. In questo gruppo vengono reclutati Alex (esperto di esplosivi) e Fred, entrambi alla ricerca di un modo per dare un nuovo senso alle loro esistenze. La squadra ha meno di un giorno per raggiungere il pozzo, attraverso zone impervie e animate da popolazioni ribelli. Il tutto in cambio di un’ingente somma di denaro.
Non all’altezza dell’originale
Scopriamo subito le carte: Vite vendute non è minimamente all’altezza del film del ’53. E con questo non intendiamo che la pellicola di Netflix avrebbe dovuto eguagliare o addirittura superare in termini qualitativi la pietra miliare di Clouzot, che è e resterà irraggiungibile anche per il migliore remake del Friedkin. Ma quantomeno riuscire a rielaborare il ricco materiale di partenza che l’originale disponeva, con uno sguardo proiettato verso i nostri tempi. Perchè il capolavoro di Clouzot è uno dei più potenti manifesti anticapitalisti di tutti i tempi, capace sia di puntare il dito contro un sistema che sfrutta la povertà mandandola in un girone infernale solamente per il proprio tornaconto. E allo stesso tempo di fare luce sulla smaniosa ed utopica voglia dei delusi dalla vita di riconquistare un ruolo nella società, anche a costo di andare incontro alla morte.
In questo nuovo adattamento del libro di Arnauld, l’interesse che le premesse potevano suscitare si spreca in un copione che assume dei risvolti prevedibili sin dai primi minuti, incapace di confezionare delle situazioni tali da rendere stimolanti le relazioni che si sviluppano tra i personaggi, a partire dall’alquanto frivolo ed insignificante rapporto fraterno tra Fred ed Alex. Se l’opera del 1953 riusciva a trasmettere un’enorme tensione grazie al minimalismo scenico che componeva il quadro filmico, le scene action di Vite vendute del 2024 faticano a lasciare il segno e a creare un’adrenalina capace di materializzarsi nell’animo dello spettatore.
Ne sentivamo il bisogno?
E allora la domanda sorge spontanea: sentivamo proprio il bisogno di un prodotto del genere? La risposta è no, non sentivamo il bisogno di un secondo remake del capolavoro del 1953, soprattutto dopo il già ottimo lavoro di Friedkin nel 1977. Vita vendute è un film che attesta nuovamente quella tendenza produttiva a guardare indietro e non avanti. Di intercettare dei titoli già dotati di un particolare seguito e riproporli in una salsa più contemporanea. Qualcosa di sbagliato? Assolutamente no. Non c’è nulla di intrinsecamente sbagliato in un remake. Il discrimine sta però nel saper rivitalizzare nel presente la materia del passato, con nuove idee, spunti e prospettive. Cosa che la pellicola diretta da Julien Leclercq, purtroppo, non riesce a fare.
La recensione in breve
Vite vendute è un film che fatica a reggere il peso del capolavoro originale diretto da Henri-Georges Clouzot. Se l'opera del 1953 riusciva a trasmettere un'enorme tensione grazie al minimalismo scenico che componeva il quadro filmico, le scene action del film del 2024 faticano davvero a lasciare il segno e a creare un'adrenalina in grado di materializzarsi nello spettatore. Un prodotto di cui sentivamo il bisogno? Assolutamente no.
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