Il film: Wanted, 2023. Regia: Fabrizio Ferraro. Cast: Chiara Caselli, Denise Tantucci, Caterina Guell. Genere: drammatico. Durata: 100 minuti. Dove l’abbiamo visto: Alla Festa del cinema di Roma.
Trama: Le vite di tre donne si intrecciano, alcune sono vittime, altre carnefici, ma i ruoli si confondono. Tra fughe e catture si muovono in una città che si svuota, interi quartieri rimangono misteriosamente deserti a causa delle severe restrizioni imposte dalle autorità. Quando si aggiungono anche delle morti sospette, le indagini e la repressione si stringono sempre di più.
Nel panorama italiano che poco a poco sta riscoprendo il cinema di genere e le sue declinazioni, si trovano due modi di affrontare i modelli di racconto e i codici: diretto e senza fronzoli, come nei rimpianti anni ’60 e ’70, oppure come sfondo, in alcuni casi pretesto, per parlare di altro, per dare un contenuto più impegnato. Wanted di Fabrizio Ferraro apparterrebbe a questa seconda categoria.
Usiamo il condizionale perché, e ve lo spiegheremo in questa recensione di Wanted, il film – visto alla Festa del cinema di Roma – non riesce praticamente mai a far capire cosa voglia dire e dove voglia andare, quale sia la più profonda natura estetica e concettuale.
La trama: Giorni di un futuro passato
Al centro di Wanted, c’è una società che controlla tutti e rapisce quelli che reputa come obiettivi pericolosi e ci sono coloro che cercano di sfuggire ai controlli, provando a nascondersi nei quartieri di Roma sempre più vuoti e desolati. Il tutto attraverso tre donne, due vittime e una carnefice, che si danno la caccia e, senza accorgersene, si scambiano i ruoli.
Non è un problema che in questo dramma che pare un esempio di retro-futurismo, con la fantascienza travestita da passato (gli anni ’70, lo Stato e le BR, ma anche i fascisti e i partigiani), si capisca poco dello sfondo e del contesto. Il vero limite della sceneggiatura scritta dallo stesso Ferraro è che non si capiscono, non si vogliono far capire, le dinamiche stesse del racconto, cosa fa chi, cosa dovremmo vedere e sentire sullo schermo.
I meccanismi del potere
È evidente fin dal look della fotografia (dello stesso Ferraro, che fa tutto da solo, anche il montaggio, in pieno spirito autonomo) che il film guardi agli anni ’70 appunto, per recuperare un mondo in cui i meccanismi del potere erano discussi e messi in questione in modo duro e feroce dalla società e dal cinema; peccato che nel suo film, il più ambizioso di una carriera fieramente autarchica, non c’è niente che comunichi il senso profondo dell’opera stessa, il perché di un film in cui molto sembra casuale, improvvisato, ma cosparsa dell’aura sentenziosa di chi si crede significativo. Perché lasciare l’allegoria così persa nel vuoto, a brancolare tra frammenti che guardano a Brecht, ma sembrano più farneticazioni, non serve a nessuno, meno che mai al film.
Il quale, anche nello stile, è tutto di maniera, come fosse un’opera avanguardista di 50 anni fa, vano tanto nelle parole quanto nelle immagini, alla disperata ricerca di una dimensione metafisica e metalinguistica (Cinecittà come base del Potere, l’Eur svuotato come in L’ultimo uomo della terra) che non trova. Un film perso, senza un punto di vista da comunicare, una visione del cinema e del mondo, senza un orizzonte a cui tendere.
La recensione in breve
Wanted cerca di dare una dimensione politica e metalinguistica a una trama vagamente distopica, ma non riesce mai a trovare il senso dell'operazione
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Voto CinemaSerieTV