Il film: Widow Clicquot, 2023. Regia: Thomas Napper. Cast: Natasha O’Keeffe, Haley Bennett, Tom Sturridge, Ben Miles, Leo Suter. Genere: Drammatico. Durata: 89 minuti. Dove l’abbiamo visto: Festa del Cinema di Roma.
Trama: Barbe-Nicole Ponsardin e François Clicquot sono i protagonisti di un matrimonio combinato. Nonostante questo, però, la loro unione è fortificata da un amore che nasce inaspettatamente. Ad unirli è anche la comune passione per il mondo vinicolo. Insieme, infatti, riescono a sviluppare nuove tecniche per incrementare gli affari dell’azienda di famiglia.
Quando, però, François muore suicida, Barbe si trova a soli ventisette anni ad essere vedova e a fare i conti con una società che non lascia molto spazio alle donne. Nel 1805, infatti, il codice napoleonico non permette alcuna attività commerciale alle donne. Fatta eccezione per le vedove. Grazie a questo cavillo, dunque, Barbe-Nicole riesce a mettersi alla guida dell’azienda, seguendola in tutte le sue fasi, dalla coltivazione alla vendita. Così, spinta dalla passione e dal desiderio di mantenere in vita il progetto iniziale, si trasforma in una figura femminile all’avanguardia dando vita al Veuve Clicquot,lo champagne più famoso al mondo.
Dopo essere stato presentato al Festival di Toronto, il film di Thomas Napper approda anche alla diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public per raccontare l’avventura straordinaria di una danna che ha trasformato lo champagne in un modo per determinare la propria indipendenza. Barbe Clicquot, com’è approfondito nella recensione di Widow Clicquot, è la rappresentazione di un modello femminile libero che, cresciuta alla luce delle idee illuministe, trova una via per autodeterminarsi nonostante una cultura contraria.
In questo senso, dunque, un percorso potenzialmente biografico e sterile, diventa un materiale vivo che, andando oltre le atmosfere e gli abiti d’inizio ottocento, è capace di utilizzare un linguaggio essenziale ed emotivo per tratteggiare un percorso vivo, tangibile e oltremodo moderno. Perché Barbe Clicquot potrebbe esistere anche oggi. E, probabilmente, lo fa.
Trama: La filosofia del vino
Quando Barbe sposa François Clicquot non è assolutamente consapevole di come la sua esistenza sia destinata a cambiare in modo radicale. Nonostante sia stata costretta ad una unione programmata dai suoi genitori, si trova a confronto con un giovane uomo particolare, la cui mente è capace di vedere al di là della forma tradizionale. Così, nutrito dalle idee illuministiche di Voltaire, concepisce il mondo in una chiave moderna e visionaria. Un’interpretazione che coinvolge anche il ruolo della donna e la gestione del suo vigneto.
Fin dai primi momenti della loro unione, dunque, François trova in Barbe un’alleata, una compagna ed una creatura aperta a condividere passioni, sogni e progetti. Oltre che a prendersi cura di quella sottile follia che lo sta consumando. Camminando tra le loro vigne, trascorrendo la notte nel tentativo di fortificarle e sporcandosi con il fango della terra, i due giovani sposi costruiscono le basi di un amore totalitario. Un sentimento che li consuma ma che, al tempo stesso, li porta oltre i loro limiti nella visione di un sogno nuovo e personale. Francois, infatti, sta cercando di rivoluzionare la produzione del vino producendo un prodotto diverso.
Un sogno che non vedrà realizzato, visto che morirà molto giovane. Al suo posto, però, Barbe prende il controllo dell’azienda, dimostrando una testardaggine ed una forza interiore che la cultura del tempo non attribuisce alle donne. La giovane vedova ha imparato cosa vuol dire ascoltare la vigna. E con questo anche la faticosa, lenta filosofia della produzione del vino. Una pratica che richiede l’uso sofisticato della pazienza e della temperanza. Oltre ad un pizzico di follia. Lo stesso che ci vuole per affrontare un’avventura ad alto tasso di fallimento. Barbe, dunque, non consce esitazione e, applicando la teorizzazione della ragione alla pratica vinicola, riesce a diventare la signora dello Champagne.
Chi è Barbe Clicquot
Il film, diretto da Thomas Napper ed interpretato da Haley Bennett, ha una base autobiografica molto forte. La narrazione, infatti, parte dalle vicende reali che hanno caratterizzato la particolare avventura ed ascesa di Barbe Clicquot. Ma chi era questa donna che, contro ogni pronostico, è riuscita a gestire l’azienda del marito e a dominare la scena vinicola francese diventando la produttrice di uno degli champagne più famosi e pregiati al mondo? Com’è stato già precisato, a soli 27 anni Barbe deve affrontare la perdita del marito, sovrastato dai suoi demoni interiori.
Ad attenderla c’è una sfida incredibile e mai affrontata prima da una donna in tutta la Francia. In quanto vedova, infatti, può dirigere l’azienda di famiglia, contro il parere contrastante del suocero Philippe, che ha paura di veder crollare il suo impero vinicolo. Nonostante le difficoltà iniziale, però, madame Clicquot riesce a produrre uno dei primi rosè di qualità e, soprattutto, introduce delle innovazioni impensabili, soprattutto per quanto riguarda quello che oggi chiamiamo marketing.
Grazie a lei, infatti, le sue bottiglie diventano facilmente riconoscibili attraverso il marchio Clicquot, che inizia ad apparire ben in vista. Oltre a questo, poi, Barbe si dimostra essere una vera innovatrice. Sua, infatti, è l’idea di produrre la prima bottiglia millesimata, ossia realizzata con vini di una singola annata. Oltre a questo, poi, pensa di distinguere delle vigne grand cru e progetta la table de remuage, ossia il meccanismo per ruotare le bottiglie in cantina.
Il talento maggiore, però, lo dimostra come commerciante ardita. Riuscendo ad aggirare l’embargo imposto da Napoleone, infatti, fa arrivare in Russia 10.000 bottiglie di Champagne. Da quel momento la famiglia imperiale dello Zar diventa il suo più grande estimatore e consumatore. Tutti elementi, questi, che Napper utilizza andando a tracciare, però, la strada di una narrazione biografica emotiva ed emozionale.
Questo vuol dire che al centro della scena, caratterizzata sempre da molte ombre, c’è unicamente Barbe, intesa non come personaggio storico, ma come donna. L’ossessione artistica del regista, infatti, sembra essere quella di conferire un’anima ed un tormento ad una figura altrimenti statica. Staccare il ritratto dalla galleria dei personaggi eccellenti per dargli vita, movimento, dolore e speranza. E con l’appoggio dell’interpretazione di Haley Bennett, che s’immerge nei suoi panni fisicamente ed emotivamente, si arriva a comprendere la modernità involontaria di una donna capace di parlare, ancora oggi, ad una generazione di nuove temerarie.
Una vita in bianco in nero
Dal punto di vista stilistico, poi, Napper riesce a personalizzare e rendere particolarmente tattile questa vicenda attraverso un uso ben definito del colore. La storia, infatti, si svolge su un movimento temporale ben preciso che va dal presente al passato e ritorno. Una serie di flashback, dunque, s’inseriscono in modo fluido con il racconto attuale e sono capaci di trasportare immediatamente lo spettatore proprio attraverso il colore.
Non si tratta, però, di una scelta atta a colpire lo sguarda in modo violento. Anche in questo caso la modulazione è morbida puntando tutto sulla dualità del bianco e del nero. Il primo spicca negli abiti indossati da Barbe durante gli anni del suo matrimonio. Rappresenta la novità della scoperta, lo studio delle idee illuministe, il nuovo amore per la vigna e, ovviamente, il sentimento per François che si fa sempre più forte. La giovane donna, dunque, può ampiamente dire di esistere e di essere vista, stimolata ad esprimere le sue idee e, soprattutto, ad averne. E sempre più numerose ed innovative.
Il nero, invece, è il controcanto del dolore, la sfumatura che rappresenta il lavoro, la fatica e la determinazione. Dal funerale del marito, infatti, Barbe non smetterà più d’indossarlo, dichiarando al mondo non tanto il suo stato di vedova ma quello di erede pratica ed intellettuale di François Clicquot. In questo modo, dunque, Napper riesce ad utilizzare una scelta puramente estetica in modo artistico e, soprattutto, costruttivo per questo viaggio interiore e non privo di affanni di una donna capace di costruire se stessa, nonostante tutto.
La recensione in breve
Thomas Napper realizza il film che non ci si aspetta e sorprende positivamente. A lui e a Haley Bennett va il merito di aver trasformato un materiale sterilmente biografico in un viaggio intimo ed emozionale giocando, letteralmente, con ombre, luci ed oscurità. Così in un rimando di bianco e di nero, attraverso dei toni sussurrati e senza nessun tipo di eclatante esplosione, Napper riesce a rendere Barbe Clicquot un personaggio evidente in tutta la sua tridimensionalità. La stessa che l'ha definita come donna in un'epoca in cui il femminile era destinato all'invisibilità.
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Voto CinemaSerieTV.it