Il film: Wildcat, 2022. Regia: Trevor Frost, Melissa Lesh. Genere: documentario. Durata: 106 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Amazon Prime Video, in lingua originale.
Trama: La storia dell’amicizia tra un soldato e il cucciolo di felino che lui aiuta a crescere nella foresta amazzonica.
Nota soprattutto per la sua produzione di serie originali, la piattaforma Amazon Prime Video vanta anche un discreto campionario di documentari, ed è con uno di questi che ha deciso di chiudere – al pubblico decidere se in bellezza o meno – il 2022, ed è di quel film che parliamo nella nostra recensione di Wildcat.
La trama: miagolii selvatici
Il film segue le vicende di Harry Turner, soldato inglese tornato dall’Afghanistan con traumi talmente gravi da volersi togliere la vita. Per tale scopo si è recato nella foresta amazzonica, in Perù, salvo ripensarci dopo aver fatto la conoscenza di Samantha Zwicker, scienziata che si specializza nella cura dei carnivori locali. Tramite lei Harry ha gradualmente ritrovato la voglia di vivere, soprattutto dopo che gli è stato affidato un compito molto importante: seguire da vicino lo sviluppo di Keanu, un cucciolo di gattopardo, in attesa che possa essere lasciato libero nella flora peruviana. Tra i due nasce un rapporto affettivo forte, talmente intenso da avere una conseguenza inattesa: e se la separazione dal cucciolo incidesse negativamente sulla salute mentale del ragazzo?
In nome della conservazione
Wildcat non è il primo documentario ecologista a concentrarsi su questioni simili, ma è indubbiamente efficace la scelta di raccontare l’argomento puntando sul fattore tenerezza attraverso l’amicizia tra l’uomo e il gattopardo, improbabile compare a quattro zampe che, nonostante si cerchi di limitarne la caccia e compravendita, ancora oggi può fungere da animale domestico (Salvador Dalí è famoso per averne avuto uno in casa, spacciandolo per un gatto normale quando lo portò con sé in un ristorante).
E da quel punto di vista viene spontaneo interrogarsi sulla partecipazione produttiva/distributiva di Amazon, che tra una strategia di comunicazione non proprio ottimale e un’interfaccia a dir poco frustrante per la piattaforma probabilmente faticherà a raggiungere il pubblico ideale del film, che negli Stati Uniti avrà avuto più fortuna a trovarlo in sala (il film è uscito al cinema per essere candidabile in zona Oscar).
Il trauma superficiale
Ma anche una volta trovato il film nel catalogo di Prime Video, resta l’interrogativo su quanto sia potente nel veicolare il suo messaggio. Anzi, i suoi messaggi, perché sulla carta ne ha due: il discorso della conservazione dell’Amazzonia da un lato, e quello della salute mentale dei soldati dall’altro. E se la prima pista viene esplorata con precisione, scandendo l’evoluzione emotiva del film con le tappe della crescita di Keanu, che è davvero di una tenerezza disarmante (e ve lo dice uno che ha sempre preferito i cani ai gatti), la seconda è invece appena accennata, tirata in ballo quasi a caso, con un approccio superficiale che rende un po’ strano il disclaimer iniziale – per quanto esso sia ritenuto necessario alla luce delle sensibilità moderne – sulla presenza del tema del suicidio nel lungometraggio.
E viene parzialmente meno il fattore umano, risultato un po’ paradossale dal momento che la macchina da presa è quasi sempre ad altezza Harry, per mostrarne l’evoluzione in positivo. Evoluzione che però diventa incompleta e mette in evidenza la qualità troppo costruita e artificiosa di un documentario piacerà agli animalisti ma per il resto rischia di sprofondare nel solito anonimato da piattaforma.
La recensione in breve
Il fattore tenerezza è ai massimi livelli, ma la costruzione drammaturgica vacilla per via dello squilibrio fra le due linee narrative che il documentario vorrebbe esplorare.
- Voto CinemaSerieTV