Quando nel 2002 Signs esce nelle sale cinematografiche, il pubblico e la critica si sono già accorti delle qualità registiche e narrative di M. Night Shyamalan. In modo particolare a decretare il suo successo è stato Il Sesto Senso. In questo film, infatti, il regista riesce a gestire nel migliore dei modi una vicenda dalla sottotrama esistenzialista con delle atmosfere tra il thriller e l’horror.
La scelta vincente, dunque, è rappresentata dal mantenersi perfettamente in equilibrio sulla sottile linea di demarcazione tra i due generi senza cedere alle lusinghe di uno di questi. Un risultato sicuramente più facile a dirsi che a farsi. Ma che ha messo in mostra come Shyamalan riuscisse a lavorare su determinati elementi come il suono per raggiungere il livello di suspense desiderato.
Per tutti questi motivi, dunque, nel momento in cui Signs viene presentato al pubblico la curiosità non può che essere a livelli altissimi. Un’attesa che non è stata delusa, visto che il film è considerato la conferma del talento di Shyamalan. In effetti la pellicola riesce a guadagnare 410 milioni di dollari di incasso a fronte di 72 milioni di budget. E se non è un successo questo non sappiamo proprio quale lo sia.
Ovviamente molto del consenso ottenuto si deve anche alla presenza e alla forza di un cast importante, tra cui spiccano un Mel Gibson, in ascesa, e un giovane Joaquin Phoenix. Per tutti questi motivi dunque, dopo 21 anni, Signs è ancora uno dei film più visti tra gli appassionati del genere. Ragione per la quale oggi proviamo a dare la spiegazione del finale di Signs.
Il mondo fuori dalla sala cinematografica
Prima di andare a considerare nel dettaglio gli elementi che caratterizzano il finale di questo film è bene prendere in esame anche un altro elemento fondamentale che nulla a che fare con il mondo del cinema. Si tratta della situazione storica e sociale che gli Stati Uniti, in particolare, si trovano a vivere in quel momento. Non tutti sanno, infatti, che le riprese di Signs iniziano esattamente il giorno successivo all’attacco terroristico alle Torri Gemelle. Un evento destinato a sconvolgere il mondo ma a mutare e, soprattutto, rendere più fragile la sicurezza nei confronti del futuro.
Ovviamente l’atmosfera di paura e attonito dolore deve aver attraversato tutto il cast durante le riprese. E, sicuramente, non ha risparmiato nemmeno Shyamalan che, in questa vicenda dove la fede e la casualità si contendono la ribalta, deve aver trovato un terreno fertile per dare forma a nuove riflessioni. Nonostante tutto, però, ciò che è veramente mutato è l’atteggiamento e la visione del pubblico. Colpito dagli eventi e dalla catastrofe, si è avvicinato a questa vicenda con un’attenzione particolare e maggior sensibilità.
D’altronde, cos’altro è se non la storia di un’umanità sotto attacco da una forza sconosciuta e fortemente invasiva? Shyamalan, infatti, porta sullo schermo molto più di una vicenda sci-fi. Per la prima volta le immagini che arrivano agli spettatori rimandano la paura di un’aggressione non più lasciata nell’ambito della fantasia. Il timore e il senso di assedio vissuto dalla famiglia Hess, infatti, corrisponde ad un sentimento diffuso nel paese. Una paura costante derivata da un’inaspettata esperienza in cui, ancora una volta, caos e fede si sovrappongono e susseguono in un frenetico mutare di emozioni.
La fragilità della fede e l’inafferrabilità del caos
Questi, dunque, sono i due elementi che possono riassumere alla perfezione la sostanza del film. Come già accaduto con Il Sesto Senso, infatti, anche Signs nasconde una tematica o, se vogliamo, un substrato forte sotto una forma narrativa ben definita. Così, andando a guardare oltre le strutture di un racconto sempre a metà strada, questa volta tra la fantascienza e l’horror, si scopre una riflessione sulle debolezze umane, sull’incapacità di perdonare se stessi e, soprattutto, sul senso d’inadeguatezza di fronte al concetto di fede.
In questa analisi l’essere umano appare esattamente per ciò che è. Ossia una creatura “programmata” per fallire, essere dubbiosa e lasciarsi trascinare dal caos. Perché solo in questo modo riesce a creare un nuovo ordine, fatto di certezze diverse, sicuramente più forti. Un percorso di evoluzione, dunque, che la famiglia Hess, capeggiata da Graham, affronta inconsapevolmente e in modo del tutto caotico per ritrovare un nuovo senso al proprio percorso.
L’uomo, infatti, è un pastore protestante in profonda crisi religiosa dopo la morte della moglie avvenuta in un incidente automobilistico. E in questa condizione di solitudine personale ed emotiva, si trova a confrontarsi con una famiglia che, come lui, sembra aver perso la giusta direzione. Il fratello Merrill vive, ad esempio, in una sorta di silenzio emotivo da quando la sua carriera da giocatore di baseball è fallita. Anche i figli di Graham, Morgan e Bo, non sono meno complicati. Il primo soffre di una grande forma di asma che, come vedremo, gli salverà la vita. La seconda ha l’ossessione di cambiare continuamente il bicchiere da cui beve, convinta che l’aria contamini costantemente l’acqua.
A tutto questo si aggiungono anche le ultime parole pronunciate dalla moglie di Graham prima di morire. Una frase in apparenza priva di senso che, alla fine, risulterà profetica: “Dì a Merrill di colpire forte”. In sostanza, dunque, Shyamalan offre allo spettatore una struttura narrativa dove il caos regna incontrastato in assenza della fede. Ma siamo, poi, veramente sicuri che questa sia essenziale per dominare il caso? E, soprattutto, è possibile arginare il caos o si tratta di una lotta impari e, soprattutto, infruttuosa? In un momento storico così critico come quello dei primi anni Duemila, dunque, il regista pone delle domande essenziali, mettendo in evidenza la fragilità dell’uomo non nei confronti della casualità, ma rispetto alla sua convinzione di poter controllare tutto.
Incontri ravvicinati del terzo tipo
Tutta la vicenda entra nel vivo quando nei campi adiacenti alla casa coloniale degli Hess a Bucks County, in Pennsylvania, iniziano a comparire dei misteriosi cerchi nel grano. Un evento che Graham prende con evidente scetticismo. Quando, però, questi iniziano a manifestarsi anche in altri luoghi, cresce la curiosità per una casualità che appare strettamente legato a un mondo extraterrestre. Non sembra essere un caso, infatti, che in concomitanza con il manifestarsi dei cerchi, inizino a comparire sempre più avvistamenti UFO. Delle luci nel cielo, in particolare, presagiscono la presenza di un osservatore inaspettato, ben diverso da Dio.
Una serie di eventi cui Graham assiste con assoluta miscredenza, nel pieno rispetto del suo stato d’animo e di una visione disillusa dell’esistenza. Questo fino a quando non tocca con mano la realtà delle cose. A casa di Ray, l’uomo che involontariamente ha causato l’incidente di sua moglie, vede proprio un alieno rinchiuso all’interno di uno stanzino. Oltre a questo, poi, viene a conoscenza di un fatto essenziale: probabilmente gli extraterrestri sono refrattari all’acqua, visto che si tengono alla larga dalla zona circostante il lago.
A questo punto, l’uomo di fede, destinato a credere senza vedere, è quello che viene prescelto per l’incontro ravvicinato. Minato nella sua capacità di cogliere l’intangibile, ha bisogna di toccare con mano l’esistenza di una realtà fino a quel momento non considerata plausibile. In questo modo, però, si rende testimone oculare di questa sorta d’invasione. Diventa portatore di una realtà che, in qualche modo, mette in salvo una famiglia apparentemente destinata a un confuso andamento.
Caso o disegno divino?
E questo è l’interrogativo che Shyamalan solleva proprio sul finale lasciando allo spettatore il privilegio di dare la propria risposta. Chiuso in cantina con tutta la sua famiglia, Graham affronta una lunga notte di considerazioni sul futuro. Almeno fino a quando non sono costretti a uscire per cercare l’inalatore di Morgan, preso da un forte attacco di asma. In quel momento, però, si rendono conto che un alieno è ancora presente nella loro casa. Questo afferra Morgan, spruzzando su di lui un gas velenoso.
Il ragazzo, però, non lo inala visto che non riesce a respirare proprio a causa dell’asma. Come fare, però, per sconfiggere definitivamente questa minaccia? A quel punto, focalizzando il suo sguardo su una mazza da baseball in salone, Graham si ricorda delle ultime parole della moglie riuscendo a dare loro un senso. Per questo incita Merril a prenderla e colpire forte l’alieno. Questo cade a terra e viene definitivamente annientato dall’acqua che gli cade addosso dai bicchieri di Bo disseminati per la stanza.
Ecco dunque che si pone l’annosa questione del caso o dell’intervento divino. La soluzione positiva di questa vicenda è dipesa da un susseguirsi di casualità o dalla reale esistenza di una protezione superiore? Il film termina con l’immagine di Graham mentre indossa nuovamente l’abito da pastore. L’uomo ha ottenuto la sua risposta ed è tornato a credere. Questo, però, non deve essere considerato come una sorta di messaggio globale che Shyamalan manda agli spettatori. Si tratta unicamente del percorso del suo personaggio che, probabilmente, ha imparato, prima di qualsiasi altra cosa, ad avere fiducia in sé e nella sua famiglia.