Dick Laurent è morto!
La strada e il buio ci vengono incontro a folle velocità mentre David Bowie canta con voce suadente e inquietante “I’m Deranged”, sono uno squilibrato, sulle oscure sonorità elettro-rock del brano omonimo. I titoli ci vengono incontro a schiaffo, impostati come cartelli autostradali obliqui, squilibrati anch’essi. Poi nel buio di una stanza scorgiamo Fred Madison (Bill Pullman) che fuma una sigaretta. Ma nei film di Lynch i corpi non emergono semplicemente dal buio, bensì vengono letteralmente plasmati dall’oscurità, ed è questo che succede anche qui. Le serrande elettriche si alzano, entra la luce e il citofono suona. Una voce annuncia nell’interfono: “Dick Laurent è morto”.
Questo il fulminante incipit di Strade perdute, cult-movie di David Lynch, nonché cesura fondamentale della sua filmografia, che, a partire da oggi, per quattro giorni, sarà proiettato in tutta Italia, in sale scelte, nella versione 4K. Approfittiamo dunque per azzardare, senza alcuna pretesa di esaustività, un’impossibile analisi del film. Impossibile perché i film del cineasta di Missoula hanno la particolare caratteristica di essere cangianti e proteiformi, ovvero ad ogni nuova visione sembrano suggerire ulteriori interpretazioni, in un meccanismo vertiginoso e affascinante che sembra non avere fine. Addentriamoci dunque nell’oscurità lynchana, sperando di riemergerne.
La trama?
Usiamo non a caso il punto interrogativo per indicare la trama perché raccontarne la storia, omettendo o meno alcuni elementi, corrisponde in un certo senso già ad interpretarne il significato, o comunque a dare un indirizzo ermeneutico. Proveremo comunque ad esporre i fatti nel modo più imparziale possibile. Il musicista jazz Fred Madison condivide un appartamento con la sensuale e bruna compagna Renee (Patricia Arquette), sulla cui fedeltà nutre molti dubbi, sembra a ragione. La coppia riceve delle inquietanti videocassette VHS (siamo nel 1997), dalle quali risulta chiaro che qualcuno si introduce nottetempo in casa per spiarli mentre dormono. La polizia però non viene a capo di niente. Durante una festa Fred incontra un inquietante Uomo del Mistero che afferma sardonicamente di trovarsi in quel momento proprio a casa di Fred. Quest’ultimo viene invitato dal Mistery man a telefonare a casa con un cellulare, per scoprire che quello strano individuo si trova davvero nella sua abitazione in quell’istante. Alla richiesta di una spiegazione di Fred, l’Uomo del Mistero (Robert Blake) risponde che è stato Fred stesso ad invitarlo.
La situazione precipita quando Fred ritrova una VHS in cui si mostra che lui stesso ha fatto a pezzi a Renee. Arrestato e condannato alla pena capitale, mentre si trova nel braccio della morte, Fred, nel corso di una notte, si tramuta in un’altra persona: Peter Dayton (Balthazar Getty), un ragazzo venticinquenne, con qualche precedente penale, che fa il meccanico e vive con i genitori. Rilasciato dalle forze dell’ordine in stato confusionale, una volta ripresosi, torna nell’officina in cui lavorava, dove il cliente principale è il violento Dick Laurent (Robert Loggia) che prende il ragazzo sotto la sua ala, per le sue incredibili capacità di “ascoltare” i motori. Pete si lascia però sedurre dalla affascinante Alice Wakefield (ancora la Arquette), versione bionda della precedente Renee, nonché donna di Laurent, soprannominato Mr. Eddy. I due iniziano una pericolosa ed eccitante relazione all’insaputa del boss, mentre Pete non esita ad avere rapporti anche con Sheila, la sua fidanzata abituale.
Anche in questo caso la situazione precipita, a cominciare dal momento in cui Alice spinge Pete a commettere un omicidio per rubare dei soldi e fuggire insieme verso una nuova vita. Non tutto però è come sembra: Alice, come la più classica delle Dark Lady, sembra aver usato Pete. Arrivati ad un rifugio nel deserto gli confessa, dopo aver fatto l’amore, che non sarà mai sua. Ma la situazione si ribalta ancora: Pete si ritrasforma in Fred e questi, con l’aiuto del Mistery Man, ucciderà Dick Laurent. A Fred non rimane altro che fuggire, non prima però di passare per casa sua e bussare al citofono per annunciare che Dick Laurent è morto. Segue un inseguimento in auto con le macchine della polizia, ma ecco che, mentre Fred è alla guida, subentra una nuova trasformazione…
Cosa rappresentano i personaggi del film?
Secondo alcune affascinanti ipotesi freudiane, che circolano da vari anni, i misteriosi personaggi che circondano Fred/Pete rappresentano parti frammentate del suo Io: il gangster Dick Laurent simboleggerebbe la proiezione della figura paterna, il Super Io, cioè tutte quelle istanze paterne interiorizzate, costituite da imperativi morali e proibizioni, introiettati dall’individuo nei primi anni di vita, contro cui ci si vorrebbe ribellare. Il Mistery Man invece ricopre il ruolo del Es, ovvero l’istinto liberato e caotico. Lui afferma di essere stato invitato dallo stesso Fred in casa sua, un istinto prepotente di Morte che si scatenerà di lì a poco. Non a caso è lui a sparare il colpo mortale a Dick, liberando la personalità repressa di Fred dall’oppressione paterna, rappresentata dal gangster. Per questo, annunciando a sé stesso che Dick Laurent è morto, Fred permette dunque al proprio Io di liberare i propri istinti repressi e uccidere così la moglie infedele, su cui non riesce più ad avere controllo.
E lo sdoppiamento nel giovane Pete? Non sarebbe altro che una delirante fuga psicogena di Fred, mentre è in attesa della condanna a morte, nel tentativo di crearsi una realtà più consolante e accettabile, nella quale egli non è il mostro che ha fatto a pezzi la moglie. Dunque la seconda parte si svolgerebbe completamente nella mente di Fred. Ma se guardiamo bene anche la prima non è altro che un riflesso delle paure recondite di Fred: le videocassette che vengono recapitate a casa sua sarebbero tentativi del suo inconscio di ricordargli l’atto criminoso da lui commesso.
Come guardare strade perdute?
Quindi in realtà non ci troveremmo mai fuori dalla mente di Fred, perché sia la prima parte che la seconda si svolgerebbero nella sua psiche stravolta. Quando infine Pete ridiventa Fred, il Mistery Man riappare, puntandogli la telecamera (strumento di confronto col proprio inconscio) addosso e mettendolo di fronte alla dolorosa realtà. Torniamo dunque all’inizio, a quel Dick Laurent è morto che apriva il film, senza essere mai usciti dall’interiorità di Fred, proprio come in un nastro di Möbius. Quest’ultimo è quella particolare superficie non orientabile, rigata, che ci permette di iniziare un percorso su una faccia del suddetto nastro per poi ritrovarci sull’altra, senza mai perdere la riga, mantenendo la continuità. Strade perdute, con la sua trama circolare, è la rappresentazione per eccellenza di tale figura.
La donna come Anima
La doppia versione della donna, oscura e chiara, pericolosa e accogliente, sfuggente e al tempo stesso concretamente sensuale, rappresenterebbe, junghianamente, il desiderio, continuamente inappagato, di entrare in contatto con la propria Anima perduta. Da sempre infatti, nelle arti figurative, come in letteratura, la figura femminile è un simbolo del Sé interiore, ovvero di quella pura essenza, più vasta del semplice Io egoico, che va recuperata per diventare degli individui completi. Le filosofie orientali, a cui lo stesso Jung attingeva e alle quali Lynch è vicino, sono state più volte chiamate in causa in questa interpretazione. Eppure anche così non tutto torna. Queste ipotesi freudiane/junghiane non soddisfano completamente, non coprono tutti gli aspetti più ambigui del film. Se invece rivediamo il film, collocandolo all’interno della filmografia lynchana, emergono ulteriori inquietanti dettagli.
Strade perdute è ambientato nello stesso universo dei film di David Lynch?
Contestualizzando Strade perdute nel più ampio universo narrativo costituito dalle oltre opere di Lynch, sia precedenti che successive, emerge un’architettura decisamente più complessa e stratificata. L’Uomo del Mistero, con le sue caratteristiche soprannaturali di ubiquità e di manipolatore del destino altrui, rientra perfettamente nelle caratteristiche di quelle entità sovrannaturali che, provvisoriamente, si manifestano tramite avatar umani e che infestano l’universo di Lynch, ma non sono umani. In Twin Peaks si trattava di entità sfuggite alla Loggia Nera, piano dimensionale negativo abitato da esseri malvagi come Bob, che si nutrono delle sofferenze e delle paure delle persone, così come dei piaceri più estremi. Anche il Cowboy e il nano (già presente in Twin Peaks) di Mulholland Drive, oppure il Fantasma di INLAND EMPIRE, rientrano in questa categoria. Così anche Judy, potente e antica entità/divinità malvagia, penetrata nella nostra realtà a causa degli esperimenti atomici nel New Mexico negli anni ’40, nonché generatrice di Bob. Tali entità non hanno finalità comprensibili agli esseri umani, ma seguono un’agenda di intenti oscura e impenetrabile alle nostre coscienze. Si aggirano tra noi, come i Woodsmen della terza stagione di Twin Peaks, e interagiscono con gli esseri umani secondo scopi imperscrutabili. Così dunque l’Uomo del Mistero di Strade perdute, con la sua capacità di manipolare magicamente il destino di Fred, potrebbe essere una ulteriore incarnazione di tali entità.
Altri elementi confermano questa ipotesi. Il drappeggio rosso presente nell’appartamento di Fred, che lo ossessiona anche nei sogni e nelle visioni, è un rimando troppo evidente alle tende rosse della Loggia nera di Twin Peaks, per poterlo ignorare. Inoltre, poco prima che Fred ammazzi la moglie, lo vediamo sprofondare in una sorta di Buco Nero all’interno del corridoio della propria casa. Subito dopo si osserva in uno specchio, per poi riemergere da quello stesso buco nero, però con un’espressione cambiata, più sicuro di sé nello sguardo e nella prossemica, quasi diabolico. Non è più Fred bensì il suo Doppio negativo, o Doppleganger. La stessa cosa era successa al coraggioso agente Dale Cooper dopo essere penetrato nella Loggia Nera: ciò che ne era emerso era il suo Doppelganger cattivo, che farà furore nella terza stagione della serie.
Infine la cesura a metà film, in cui Fred si sdoppia in Pete, anticipa quella, pure sconvolgente, che riconfigura la storia di Betty in quella di Diane, nell’ultima parte di Mulholland Drive. Lì c’è una scatola magica che risucchia nell’oscurità Betty e Rita, le due parti scisse di Diane, per riportare quest’ultima alla realtà. In Strade perdute c’è invece un Buco Nero nel corridoio, ma la funzione che svolge è analoga a quella della scatola di Mulholland, sebbene esso non riporti alla realtà, ma in un’altra proiezione mentale/dimensione. La tramutazione fisica che vediamo successivamente in prigione, era iniziata già nell’anima/psiche di Fred con l’entrata in quel Buco nero.
Cosa succede nel finale del film?
Ci rendiamo perfettamente conto che spiegazione e Lynch fanno a cazzotti in una stessa frase: è un ossimoro, una contraddizione in termini. Ma la situazione richiede comunque che si proceda ad una possibile spiegazione del finale di Strade perdute. Come abbiamo accennato all’inizio, è la stessa oscurità a plasmare Fred, essere doppio, forse semplicemente un burattino nelle mani del Mistery Men, vero Demiurgo di tutta la vicenda, scaturito anch’esso dalla Loggia Nera, come il Bob di Twin Peaks. Non usiamo a caso la parola Demiurgo, poiché il termine rientra nella visione gnostica che, secondo alcune interpretazioni (non siamo i primi a dirlo), starebbe alla base di molte opere pop degli ultimi decenni (Matrix per esempio) e, soprattutto, dell’universo narrativo creato da Lynch. Sintetizzando, secondo le antiche sette gnostiche della prima cristianità, il mondo sarebbe un’illusione creata ad arte da un Demiurgo malvagio che si è sostituito al vero Dio, inaccessibile e inconoscibile. Tale illusione collettiva e consensuale sarebbe tenuta in piedi da entità minori chiamate Arconti. Starebbe all’uomo, tramite meditazioni particolari e con la pratica dell’alchimia interiore, volta a depurare l’anima dalle incrostazioni della materia, ritrovare quella scintilla divina nascosta nell’essenza di ognuno, che ci eleverebbe ad uno stato di consapevolezza simile a quello divino. Considerando dunque le entità della Loggia nera come Arconti al servizio di un oscuro Demiurgo, nonché la passione di Lynch per la meditazione trascendentale, potremmo affermare che la concezione gnostica si attagli anche a Strade perdute. Ma può essere considerata esaustiva? Probabilmente no. Le considerazioni dell’ipotesi freudiana, coadiuvata da quella junghiana, non sono affatto errate ma si possono integrare con quella gnostica: l’una non esclude l’altra. Fred può essere sia un burattino nelle mani di un diabolico Arconte ubiquo, nonché armato di telecamera, sia una persona schizofrenica che si crea una realtà più confortante rispetto a quella dolorosa e angosciante in cui si trova. È chiaro però che potremmo andare ancora avanti, seguendo altri suggestivi sentieri interpretativi.
Il bello di Lynch
Il bello del cinema di Lynch è questo: trattandosi di opere ermetiche, stratificate, dal significato volutamente ambiguo e multiplo, la vertigine interpretativa è sempre dietro l’angolo. Con queste righe abbiamo solo scalfito il Mistero ma non lo abbiamo certamente esaurito. Ciò che rimane per sempre scolpito nelle coscienze degli spettatori sono quelle sensazioni di turbamento, misto a meraviglia, che ci provocano le sue opere, che parlano direttamente al nostro inconscio, articolandone egregiamente il linguaggio simbolico. Basta pensare alla scena del primo incontro, alla festa, tra Fred e l’Uomo del Mistero: le categorie della realtà, così come la percepiamo, crollano totalmente per alcuni minuti. Poi il Mistero si allontana e ci rituffiamo con Fred nella apparente normalità della festa. Ma qualcosa ha mutato definitivamente il senso di realtà di Fred e anche il nostro: questa sensazione ce la porteremo dentro, anche dopo la visione del film.
E l’ultima trasformazione in auto di Fred? In chi o cosa si tramuterà ulteriormente? Per scoprirlo non rimane altro da fare che tornare con Fred a bussare al suo citofono, annunciando: Dick Laurent è morto! Poi fuggiamo in auto. La strada e il buio ci vengono incontro a folle velocità mentre David Bowie canta con voce suadente e inquietante “I’m Deranged”, sono uno squilibrato, sulle oscure sonorità elettro-rock del brano omonimo…