C’è qualche ruolo che Cate Blanchett non possa fare? La risposta è banale ed è no. Con ogni probabilità è grazie alla sua presenza che il thriller di Sam Raimi, The Gift, si farà ricordare. Uscito nel 2000, questo film dalle atmosfere magiche mette in risalto le doti uniche dell’attrice protagonista (già vincitrice dell’Oscar per Elizabeth), qui nei panni di una madre vedova con un dono: quello di poter prevedere il futuro. Disprezzata da molti per questo talento ritenuto quasi diabolico, la donna sarà essenziale nella risoluzione di un delitto.
L’impianto del film è quasi classico. La sparizione della bella del paese scuote l’immobilità di una cittadina del sud in cui si vive nascondendo la polvere sotto ai tappeti. I buoni sembrano perfetti, i cattivi altrettanto, ovviamente dall’opposta prospettiva. La verità si cela nel mezzo, tanto più oscura, quanto ammantata di finta bontà. Ecco allora la spiegazione del finale di The Gift.
La trama: vedere oltre
Annie Wilson è una giovane vedova, madre di tre figli, che per sbarcare il lunario legge le carte in cambio di piccole donazioni. La donna in realtà possiede davvero la capacità di vedere nel futuro e quando le visioni si manifestano sono davvero spaventose e realistiche. La maggior parte dei concittadini guarda con favore ad Annie, ma sono tantissimi gli scettici che la tormentano. Come Donnie Barksdale, marito violento di una delle clienti di Annie, Valerie, che più di una volta la minaccia fisicamente.
Quando scompare la ragazza più popolare della città, Jessica King, il suo promesso sposo, Wayne Collins, decide di rivolgersi a Annie per capire le sorti della fidanzata. Le indagini, infatti, sono a un punto morto e la veggente sembra l’unica soluzione possibile. L’uomo è gentile e affabile e Annie, malgrado qualche resistenza, è propensa ad aiutarlo. Subito diviene preda di visioni angoscianti, incentrate su una pozza d’acqua, che portano tutte in un’unica direzione: Donnie. Il colpo di scena arriva immediato. Il corpo di Jessica viene ritrovato in uno stagno nella proprietà di Donnie, che in effetti aveva una relazione adulterina con lei. Tanto basta per arrestarlo e per istruire un processo contro di lui. Tuttavia, Annie continua a essere ossessionata da incubi terribili.
La spiegazione del finale di The Gift
Se Annie fosse una donna dal cuore di pietra, ignorerebbe le continue premonizioni che le suggeriscono come sia stato arrestato l’uomo sbagliato. Invece, nonostante le ripetute minacce subite negli anni da Donnie, la vedova continua le indagini per conto suo. Arriva così alla verità. A uccidere Jessica è stato in realtà il fidanzato Wayne, una volta scoperta la sua tresca con Donnie. L’uomo ha strangolato la ragazza, gettando poi il cadavere nello stagno dell’uomo, per far cadere su di lui i sospetti.
Ormai scoperto, Wayne tenta di uccidere anche Annie, ma viene fermato dall’arrivo di Buddy, un ragazzo problematico, protetto della donna, fuggito da un ospedale psichiatrico dov’era ricoverato in seguito al tentato omicidio del padre abusante. Tutto è bene quel che finisce bene, tranne che per un piccolo dettaglio: la polizia spiega a Annie che Buddy si è tolto la vita prima del suo “presunto” intervento. Chi è stato allora a salvarla? Forse uno spirito mandato dalla terra dei morti per proteggerla e finalmente regalarle quella pace tanto sognata.
Niente è come sembra
Nonostante sia uno dei film meno incisivi della carriera di Sam Raimi, The Gift ha comunque tante frecce al suo arco. Prima fra tutte, quella di aver affidato ad attori e attrici solitamente considerati “buoni” dei ruoli pieni di ombre. Keanu Reeves è il manesco Donnie, un uomo che si accanisce con violenza sulla moglie Hilary Swank, tipica donna del sud profondo che non riesce a liberarsi da quella relazione tossica, pur soffrendone. La trasformazione più incredibile però è quella di Katie Holmes che da fidanzatina d’America – era reduce dal successo planetario di Dawson’s Creek – diventa una ragazza di facili costumi, disinibita e superficiale.
Il dono di Billy Bob Thornton
Questi cambi di prospettiva nell’immaginario sono anche merito della scrittura affilata di Billy Bob Thornton, che con Raimi aveva già lavorato nel 1998 come protagonista di Soldi sporchi. Una sceneggiatura così coinvolgente, quella scritta assieme a Tom Epperson, da aver conquistato subito Raimi. “Billy e Tom possiedono la dote di tutti i grandi scrittori. Ascoltano come la gente parla, conoscono gli esseri umani, conoscono i luoghi e sanno parlarne con autenticità” ha detto il regista in un’intervista rilasciata a IndieWire. Thornton non ha dato poi solo un tono dark alla storia, ma ha infuso nello script la sua esperienza come figlio di una donna con capacità divinatorie. Sua madre, Virginia Roberta Faulkner, infatti era solita leggere il futuro delle persone che andavano a casa sua.
Visioni a sorpresa
Fate caso alla sequenza da brividi in cui Annie-Cate Blanchett ha la visione dello stagno in cui poi verrà ritrovata Jessica. Il violinista che suona in mezzo alla palude è nientepopodimenoche Danny Elfman, che però non è l’autore della colonna sonora del film, ma figura solo in questo cammeo. Elfman, che per Raimi aveva composto la partitura di Darkman e Soldi sporchi, avrebbe poi firmato le musiche di Spider-Man. E, sempre per giocare ad aguzza la vista, ci sono altri due interpreti che ritroveremo in Spider-Man, il direttore del Daily Bugle J.K. Simmons e zia May Rosemary Harris, qui nei panni dello Sceriffo Pearl Johnson e della nonna di Annie.