Un demone apparentemente invincibile sotto forma di suora ed il potere spirituale delle reliquie. Questi due elementi sembrano essere alla base del percorso horror intrapreso prima con The Nun – La vocazione del male ed ora con The Nun 2. Questo vuol dire, dunque, che l’aspetto religioso ed esoterico è al centro della narrazione. Ad evidenziarlo, inoltre, sono anche le ambientazioni incentrate tutte su luoghi dedicati al culto o diretti da ordini religiosi. Non è un caso, infatti, che per il secondo scontro tra suor Irene e il demone Valak sia stata scelto un ex convento trasformato in collegio femminile.
Una virata ben precisa che, dopo la prima apparizione del demone all’interno di una casa nel secondo capitolo della saga di The Conjuring, ha contribuito a strutturare uno stile ed un fine proprio. Stabilito questo e il forte legame del sequel con il primo capitolo, quali sono i fini percorsi dalla nuova avventura horror diretta da Michael Chaves? Andando oltre l’intento di spaventare attraverso l’utilizzo di classici jump scare, il film, comunque, porta ad un epilogo ben preciso e non privo d’interessanti spunti. Proviamo, dunque, a dare una spiegazione del finale di Nun 2.
Il principio di tutto
Pur avendo le caratteristiche di un film autonomo, è evidente quanto The Nun 2 sia strettamente collegato ai capitoli precedenti. Sia per quanto riguarda i contenuti che lo stile. Senza andare troppo lontano nella narrazione, dunque, conviene riprendere le fila dal finale di The Nun per comprendere la simbiosi con quello del secondo capitolo.
L’azione si concentra all’interno dell’Abbazia di Santa Charta in Romania. Qui suor Irene e Padre Burke iniziano ad indagare su degli eventi dal carattere misterioso. In modo particolare, ad insospettire il Vaticano è la morte misteriosa di una monaca. Ad accompagnarli c’è anche Maurice, un personaggio destinato ad avere un ruolo centrale per gli eventi di The Nun 2. Al di là di chi l’accompagna in questa avventura, comunque, è Suor Irene che è destinata allo scontro finale con Valak. Grazie alle sue doti di veggente, infatti, riesce a trovare la reliquia del sangue di Cristo e, sputandolo sul demone, lo sconfigge. O, almeno, così sembra.
In questo caso, dunque, entra in scena proprio uno degli elementi fondamentali che unisce i due film. Il potere della reliquia religiosa, legata al sacrificio massimo di chi ha dato la propria vita nel nome della fede, è l’arma segreta, l’unica in grado di rendere nullo il potere distruttivo del demone. Non tutti, però, sono degni di utilizzarla. Tra i diversi personaggi solo Suor Irene è destinata a farne uso in modo attivo. A renderla eletta è soprattutto la sua capacità di “vedere”. Non dimentichiamo, infatti, che grazie alle sue visioni riesce a scorgere ciò che alle altre persone è sconosciuto. Un dono simbolico che la rende benedetta e, al tempo stesso, maledetta non potendo fuggire dalla proiezione dalle incursioni del male nella sua mente.
Tutti questi aspetti, dunque, la rendono la paladina perfetta per utilizzare l’arma più classica brandita e sostenuta dalla religione anche se, di fatto, a liberarla dal controllo di Valak è Maurice. Il riferimento, dunque, è alla fede. Credere in Dio non è sufficiente per sconfiggere il demone, ma rende degni di scoprire ed utilizzare il potere della reliquia, il simbolo massimo della cristianità.
Come nasce Valak
Ma come nasce il male? La genesi di Valak è stata rivelata dal film The Conjuring – Il Caso Enfield. Qui scopriamo che si tratta di un demone dell’inferno conosciuto con il nome di Valak, il profanatore, il Profano, il Marchese dei Serpenti. Stabilito questo, The Nun ha offerto maggiori particolari riguardo la sua “biografia”. Attraverso il fantasma di suor Oana, infatti, veniamo a sapere che, durante il Medioevo, il Duca di San Cartha ha tentato di utilizzare l’abbazia per aprire una porta per l’inferno e scatenare un male inarrestabile sulla Terra. Quel male è, appunto, Valak. Per cercare di fermare l’inevitabile, però, la Chiesa Cattolica uccide il Duca e chiude il portale usando il sangue di Cristo.
Ancora una volta, dunque, il simbolo del sacrificio massimo e della purezza assoluta viene identificato come l’unico elemento in grado di contrastare le forze del male. Dopo quest’intervento Valak è rimasto dormiente fino alla seconda guerra mondiale. Un bombardamento, infatti, rompe il sigillo e libera la forza malefica. E a nulla valgono le preghiere costanti delle monache per tenere a bada la sua forza. Anzi, Valak assume proprio la forma di una suora dopo averle uccise e per confondersi agevolmente con l’ambiente dove si trova.
Preghiere e reliquie, si chiude il cerchio
Al termine di The Nun sappiamo che Valak non è stato veramente sconfitto ma ha posseduto Maurice. In questo modo riesce a muoversi attraverso l’Europa con il suo “ospite”, liberando tutta la forza distruttiva al momento opportuno. Per questo motivo, dunque, suor Irene si trova nuovamente coinvolta in un’indagine all’interno di un collegio femminile in Francia, dove sono avvenute delle morti misteriose. Così si avvia la narrazione di The Nun 2 destinata a portare lo spettatore verso un epilogo che, in una sorta di circolarità, si riallaccia a quello del capitolo precedente.
La struttura narrativa, infatti, porta il personaggio di Suor Irene ad una finale molto simile. Ancora una volta il confronto con Valak è inevitabile. E, come nel primo film, a venirle in aiuto è una preziosa reliquia. Si tratta degli occhi di Santa Lucia, custoditi all’interno di una vecchia cappella rimasta sigillata per molti decenni. Secondo il racconto agiografico sappiamo che la Santa è stata perseguitata per la sua cristianità e, dopo varie manifestazioni miracolose, uccisa. Dalla finzione cinematografica, invece, viene aggiunto un particolare. Il ceppo femminile della famiglia di suor Irene è legata a quello della santa.
In questo modo si spiegherebbero le apparizioni. Ma, soprattutto, si mette in evidenza come la rivelazione della reliquia non sia collegato ad una forma di merito quanto ad una sorta d’appartenenza di sangue. Una soluzione, dunque, che riporta, come evidenziato, al finale del primo film mettendo in evidenza come l’uomo, da solo, non è nulla contro il male. Solo la fede o il collegamento a questa, ancora una volta, lo rende vincitore.