Al mondo esistono due grandi squadre: le persone secondo le quali Jack sarebbe potuto rimanere in vita, aggrappato allo stesso pezzo di legno a cui era ancorata Rose. E tutte le altre. Di qualunque team facciate parte (ed è solo questione di tempo scegliere se appartenere a l’uno a l’altro), Titanic resta uno di quei film impossibili da dimenticare. Un’esperienza immersiva (è proprio il caso di dirlo) che ogni volta ci mette di fronte a una storia emozionante e vitale, tragica, eppure piena di speranza.
James Cameron insomma ha saputo trasformare una tragedia di proporzioni colossali in una storia d’amore senza tempo. E soprattutto in un’opera cinematografica praticamente perfetta, con un cast da 10 e lode, capitanato da Leonardo DiCaprio e Kate Winslet. Ecco perché la spiegazione del finale di Titanic è l’occasione giusta per ripercorrere le tappe che hanno portato alla nascita di un capolavoro.
Un tesoro di film
Uscito in patria il 19 dicembre 1997 e in Italia qualche settimana dopo (il 16 gennaio 1998), Titanic è un film composto da due storie. La prima, ambientata in epoca moderna, vede come protagonista un cacciatore di tesori, Brock Lovett (Bill Paxton), alla ricerca del leggendario Cuore dell’oceano, un raro diamante a 56 carati, a forma di cuore e dal colore blu profondo, che secondo le sue informazioni si sarebbe trovato sul Titanic al momento del naufragio. Non ne trova traccia, tranne per un misterioso dipinto che immortala una donna nuda con il gioiello al collo.
La seconda, invece, ruota attorno alla storia d’amore tra Rose DeWitt Bukater, ragazza della società bene, promessa sposa del miliardario Cal Hockley (Billy Zane) e Jack Dawson, uno squattrinato pittore dall’animo libero. Il trait d’union del film è proprio Rose che, ormai anziana, contatta Lovett per dirgli di essere la ragazza del ritratto ritrovato in una cassaforte del transatlantico. La donna allora racconta la sua storia e ci troviamo di colpo catapultati a Southampton, il 10 aprile del 1912, 4 giorni prima del terribile naufragio.
Jack e Rose, ribelli con una buona causa
Rose è una splendente giovane donna ingabbiata in una vita che la soffoca. Stretta quanto i corsetti che sua madre (Frances Fisher) la obbliga a indossare. Disinteressata alle atmosfere sfarzose di quello che è il mezzo di trasporto più grande e lussuoso della storia, la ragazza vive una profonda crisi. A tal punto da decidere di togliersi la vita gettandosi dal parapetto di poppa. A salvarla ci pensa Jack, folgorato dalla bellezza di Rose e dalla sua tristezza.
Quando Cal sopraggiunge, Rose confessa all’uomo di essere stata salvata con prontezza da un incidente. In questo modo prende tempo e nasconde la verità. Ottiene quindi di invitare il valoroso ragazzo a cena. Tra Jack e Rose si instaura subito un rapporto di grande complicità. Rose vede in lui quella libertà e quella spensieratezza che non ha mai avuto. E ora dopo ora quel sentimento cresce sempre di più. Fino a quando i due non si dichiarano amore. Jack la dipinge nuda mentre indossa solo il Cuore dell’oceano e poi, dopo una fuga rocambolesca dalla guardia del corpo di Cal, fanno l’amore in una macchina conservata nella stiva.
L’amore e la tragedia
A questo punto, la sorte ci mette lo zampino. E il Titanic, proprio quando Jack e Rose finalmente decidono di passare la vita assieme, colpisce un iceberg. La nave è destinata ad affondare. Mentre gli ufficiali cercano di salvare più persone possibile con le scialuppe a disposizione, Cal consuma la sua vendetta nei confronti di Jack, accusandolo ingiustamente del furto del cuore dell’oceano (in seguito lo preleverà e lo nasconderà nel suo soprabito).
Così, mentre la nave imbarca acqua, Rose rifiuta di unirsi alla madre e Cal e corre a salvare Jack, imprigionato nell’ufficio del capitano d’armi. Dopo una serie di inseguimenti, Cal riesce a mettersi in salvo raccontando una bugia, mentre Jack e Rose assistono impotenti all’inabissamento della nave. Riescono a trovare un pezzo di legno a cui si sostengono entrambi. Ma non così grande per sostenere il peso di tutti e due. Jack allora sacrifica la sua stessa vita per permettere a Rose di salvarsi, chiedendole di resistere e di vivere felice.
Il finale di Titanic, il mio cuore andrà avanti
In effetti, nella mente del pubblico, quasi inconsciamente, la spiegazione del finale di Titanic non sarebbe necessaria, poiché coincide con la morte di Jack. Lo comprendiamo da un punto di vista emotivo, ma sappiamo bene che quel fatidico istante è solo l’inizio di un’altra grande avventura. Nonché il preambolo a quello che è il vero epilogo della storia. E c’è davvero tanto altro dopo l’immolazione di Jack.
C’è prima di tutto una donna che deve rinascere, Rose, e che deve tener fede alla promessa fatta a Jack di vivere una vita piena di avventure e di sogni. La donna viene salvata da una scialuppa e trasportata a New York, sul Carpathia, assieme agli altri superstiti e si riappropria del Cuore dell’oceano, conservato nella tasca del cappotto di Cal. Decide così di tagliare i ponti col passato, unendosi ai passeggeri di terza classe e facendo perdere le sue tracce. Prende così il cognome dell’amato Jack e una volta approdata negli Stati Uniti diventa Rose Dawson. La vecchia Rose DeWitt Bukater? Non c’è più.
Morirà anche il fidanzato Cal nel 1929, suicida dopo il crash di Wall Street. Anni dopo, la Rose che vediamo all’inizio del film ci mostra che il Cuore dell’oceano è sempre stato con lei. Ma non sarà così per sempre. Ella lo getterà in mare per ridarlo simbolicamente a Jack. In sogno, negli ultimi momenti della sua vita, Rose si ricongiungerà con quel ragazzo dagli occhi blu. Tra gli applausi scroscianti dei passeggeri del Titanic. Tutti hanno sconfitto la morte.
Lotta di classe con iceberg
Titanic è un kolossal e un grande melò, ma sotto la superficie brillante e i fiumi di lacrime versate batte anche il cuore di un film politico. O meglio, di un film capace di delineare in maniera chiara e credibile le profonde differenze sociali all’interno del transatlantico. Ricchi e poveri vivono in due mondi che non si devono incontrare mai, men che meno mescolarsi. E in questo scenario realistico per quegli anni e quanto mai aberrante, i poveri sono sempre sacrificabili. Le cronache dei sopravvissuti sono evidenti. I marinai inglesi si sono comportati in più di un’occasione in modo disumano, cacciando persone dalle scialuppe e sbarrando la terza classe. Ingegneria sociale, è stata definita questa pratica.
Questo pensiero malevolo, frutto di dinamiche ormai introiettate e inscalfibili, serpeggia lungo tutto il film. E rende Jack il capro espiatorio perfetto per ogni tipo di reato (ad esempio il furto del Cuore dell’oceano). Ecco perché il gesto eclatante di Rose di abbandonare la sua famiglia, anzi di abbandonare la sua intera cerchia sociale) è una presa di posizione genuinamente politica e femminista. Rose è una donna, non un fantoccio nelle mani di altre persone.
Di gentiluomini ed eroi
Tra finali alternativi (Rose dà a Lovett il Cuore dell’oceano un’ultima volta prima di gettarlo in mare, redarguendolo sul fatto di aver cercato l’amore nel posto sbagliato), versioni estese e primati d’incasso, Titanic resterà alla mente anche per piccole, grandi perle disseminate in tutto il film. Per lo più gesti d’eroismo o deliziosamente naïf compiuti dai passeggeri prima della fine.
Alcune di queste sequenze, come quella di Benjamin Guggenheim che a pochi minuti dalla catastrofe chiede di bere del brandy, sono ispirate a fatti realmente avvenuti a bordo del Titanic. Sappiamo ad esempio che il multimiliardario Lord Astor chiese davvero di indossare il frac prima di morire, perché “Un gentiluomo muore in frac“. Così come vera è la storia della coppia di anziani che muore abbracciata, mentre la loro cabina si riempie d’acqua. Si tratta dei coniugi Straus, deceduti insieme dopo aver ceduto il loro posto ad altri nelle scialuppe.
My Heart Will Go On
In un film che trasuda amore da ogni sequenza (anche James Cameron si è innamorato sul set, legandosi a Suzy Amis, l’attrice che interpreta la nipote di Rose), qualche parola va spesa anche per il brano che fa da traino alla colonna sonora di James Horner, My Heart Will Go On, uno dei successi più grandi della recente storia musicale, legato a doppio filo alla canadese Céline Dion.
Neanche a dirlo, la canzone vinse nel 1998 uno degli 11 Oscar che si è portato casa il film e svariati altri riconoscimenti. Nonostante la cantante all’inizio fosse titubante. Ciò che colpisce di più, però, nella storia dell’ennesima canzone da film diventata di culto è che da quel momento in poi molti compositori sfruttarono il sound à la Dion per le loro soundtrack. Costruendo di fatto ballad molto simili a My Heart Will Go On. Senza però avere lo stesso impatto. In effetti, con Titanic è tutta un’altra storia.