“Ora sono qui, non posso né scendere né salire. Né scendere né salire!!” Heidegger? Sartre? Voltaire? No, Aldo Baglio. È tutto racchiuso in questo luminoso enunciato del “trappolismo” il cardine di quel piccolo capolavoro che è Tre uomini e una gamba, il film che nel 1997, nel bel mezzo delle feste natalizie, rese definitivamente celebri Aldo Baglio, Giovanni Storti e Giacomo Poretti. Amici, prima ancora che comici, che hanno fatto di questa unione quasi familiare la pietra di fondazione della loro poetica, un misto di intelligenza e buon cuore con lampi sadici spassosi.
Dicevamo trappolismo, perché i tre protagonisti della commedia di Massimo Venier sono l’incarnazione stessa della tagliola familiare. Tutti e tre hanno sbagliato vita, impalmando due ricche sorelle (Aldo e Giovanni) e preparandosi a sposare l’ultima (Giacomino).
E alla fine tutte e tutti noi li abbiamo amati alla follia proprio per la loro ribellione a un suocero terribile (Carlo Croccolo, perfetto) e alla ancora più terribile vita consumata tra i ridenti territori del paradiso della brugola. Ecco allora la spiegazione del finale di Tre uomini e una gamba, un viaggio alla scoperta della libertà, un road movie esilarante, costellato da lampi umoristici irresistibili.
Niente di serio
Aldo, Giovanni e Giacomo sono tre amici che condividono un destino infausto. Non solo sono tre dipendenti del perfido Eros Cecconi, titolare della catena di ferramenta, Il paradiso della brugola, ma sono anche i legittimi compagni delle tre figlie dell’illuminato imprenditore romano. Così, nel bel mezzo delle ferie d’agosto, i nostri eroi si dirigono in Puglia per partecipare alle nozze di Giacomo con Giuliana (Luciana Littizzetto). Portano con sé una terribile opera in legno firmata dal leggendario Garpez (una gamba, appunto), l’amato cagnolino di Cecconi, Ringhio, e una miriade di sogni gettati al macero. Durante il lungo viaggio perdono quasi subito il cane, ucciso accidentalmente e fanno la conoscenza di Chiara (Marina Massironi, fresca di divorzio da Poretti), una dolce restauratrice che tampona la macchina di Giovanni e conquista il cuore di Giacomo.
Proprio lui, cagionevole e sempre malaticcio, viene ricoverato d’urgenza per una colica renale. Sempre più in ritardo sulla tabella di marcia, costantemente vessati da Cecconi senior, i quattro vivranno altre avventure. Compreso un piacevole bagno al lago, il ritrovamento di un nuovo cagnolino e la terrificante scomparsa della gamba di Garpez, finita tra le mani di un gruppo di muratori marocchini che la usa, acutamente, come palo di porta durante una partita di calcetto sulla spiaggia. La gara, che avrebbe dovuto mettere in palio proprio l’opera d’arte, finisce malissimo. Aldo, Giovanni, Giacomo e Chiara decidono quindi di trafugarla nottetempo, indossando delle maschere che rappresentano rappresentano Pertini, Scalfaro e Cossiga. Scoperti e portati in caserma, vengono graziati e possono dunque riprendere il viaggio.
Il trionfo dell’amore?
L’alternarsi di emozioni, forse le prime mai provate nella loro vita, spinge Aldo, Giovanni e Giacomo a interrogarsi sulla loro esistenza. Aldo prova timidamente a far sentire la sua voce con un messaggio pieno di rancore urlato a Cecconi (senza però effettivamente comporre il numero del suocero). Il lavoro più duro, però, spetta a Giacomo che scopre di essersi innamorato di Chiara.
Tutto lascia presagire un happy ending con il trionfo dell’amore, ma la ragazza decide di proseguire da sola l’avventura, proseguendo verso la Grecia. Solo più che mai Giacomo si sente ormai al bivio e a nulla serve il sostegno degli amici di sempre, consci anche loro di essere rimasti ingabbiati in una vita pesante e senza speranze. L’ultimo passo però deve essere compiuto. E al cospetto di Cecconi, che li attende col fucile in mano, i tre si liberano dal giogo. Consegnano la gamba, montano in macchina sgommando e finalmente sono liberi di scrivere un nuovo capitolo delle loro esistenze.
Mai dire Garpez
Come mai Tre uomini e una gamba (ispirato a Tre uomini in barca (per tacere del cane) di Jerome K. Jerome) è diventato un successo così enorme, nonostante i timidi investimenti iniziali? La risposta è presto detta: merito dell’alchimia dei tre protagonisti, che proprio in quegli anni erano le punte di diamante di uno show televisivo di culto come Mai dire gol. Aldo, Giovanni e Giacomo hanno costruito pazientemente i loro personaggi, conquistando il pubblico tormentone dopo tormentone (da Tafazzi a Nico e i sardi, passando per l’indimenticabile Ultimo minuto svizzero).
Non è un caso che alla sceneggiatura del film ci sia, assieme agli stessi Aldo, Giovanni e Giacomo, Massimo Venier e Lucio Martignoni, anche Giorgio Gherarducci, uno dei tre fondatori della Gialappa’s Band. E il film ha fatto suo lo spirito nonsense della trasmissione calcistica, innestandolo su una trama molto lineare e semplice (un’Odissea tragicomica in piena regola), ma con tantissimi riferimenti al mondo del pallone. Due su tutti: la partita in spiaggia, quasi un presagio della straordinaria prova del Marocco agli ultimi mondiali in Qatar e il pigiama di Aldo, poi prestato a Giacomo, ovvero la maglia dell’interista Sforza. Come tre nerazzurri DOC sognano, insomma.
Citazione mon amour
Tre uomini e una gamba è anche un interessante pastiche comico, caratterizzato da tre microfilm uno più divertente dell’altro. Il prologo gangster, con i tre personaggi principali che sembrano usciti da un film di Quantino Tarantino per la quantità immotivata di sangue versato, il neorealista Biglietto amaro, con un indimenticabile Ajeje Brazorf (Aldo) e l’horror leghista a base di cadrega. Ma sono le tante citazioni che rendono il film ancora più memorabile. Dalla partita in spiaggia di Marrakech Express alla rapina politica di Point Break – Punto di rottura. Per finire con l’omaggio al classico di Carlo Verdone, Un sacco bello, anch’esso ambientato in agosto (durante un famigerato Ferragosto romano) e caratterizzato da un personaggio sofferente per una colica. Del resto, solo una grande dolore può portare a una vera rinascita.