Da quando è iniziato il tour promozionale con tanto di anteprime per la stampa Wonka ha collezionato una serie di pareri e giudizi a dir poco infiniti. Da chi lo ha amato senza riserve, a chi non ha pienamente compreso la sua collocazione nella narrazione del personaggio fatta fino ad oggi, per arrivare a quelli che si sono irrigiditi di fronte la presenza di scene cantate e ballate. A tutti loro si sono aggiunti anche quelli che hanno iniziato una diatriba non necessaria per difendere l’unicità di Wonka interpretato da Johnny Deep senza ricordare, ad esempio, il ben più storico Gene Wilder nel film diretto da Mel Stuart.
In sostanza, dunque, il film diretto da Paul King ed interpretato da Timothée Chalamet ha fatto e sta facendo parlare molto di sé, aggiudicandosi l’attenzione sperata e il tanto ambito ritorno di pubblico. Un risultato che ha ottenuto soprattutto grazie alla caratterizzazione di un personaggio che, pur legandosi ad una tradizione narrativa, mostra degli elementi caratteriali ben precisi e definiti. Il nuovo Wonka, infatti, si veste di una freschezza ed una innocenza giovanile che non evidenzia ancora alcun risvolto inquietante o forma di sospetto nei confronti dell’umanità. King, infatti, porta sullo schermo un personaggio che non si nasconde all’interno del suo mondo ma anzi, con una sorta di fiducia illimitata, si spinge costantemente all’esterno nel tentativo di una costante condivisione del sogno rappresentato da una semplice tavoletta di cioccolato.
Una visione dichiaratamente favolistica? Probabilmente ma anche necessaria. Non solo perché in questo modo combatte la facile disillusione imperante ma, dal punto di vista strettamente narrativo, va a definire un passato in grado di far comprendere con più chiarezza quello che sarà il Wonka futuro.
L’importanza della condivisione
Per afferrare pienamente non la personalità ma la finalità della natura del personaggio, è opportuno iniziare da una delle scene finali del film. Qui, dopo essersi liberato del cartello del cioccolato, Wonka decide di scartare l’ultima tavoletta realizzata per lui dalla madre quando era bambino e custodita gelosamente. Al suo interno non trova un biglietto d’oro ma qualche cosa di molto simile. Si tratta di un messaggio della donna che lo invita a comprendere un fattore essenziale: non è tanto importante il cioccolato e la sua eccezionalità quanto le persone con cui si decide di condividerlo.
Ed è proprio il concetto di condivisione che diventa la forza del giovane Wonka. La sua ricerca di un successo personale, della realizzazione del proprio sogno, infatti, passa attraverso la consapevolezza di poter donare gioia agli altri. In questo senso, dunque, pochi grammi di cacao diventano il veicolo per raggiungere una serie di sensazioni benefiche come, ad esempio, l’ottimismo, il coraggio, la fiducia in se stesso. Tutto dipende da quale misterioso ingrediente decida d’inserire nella ricetta ma, soprattutto, dalle necessità personali di chi assaggia il prezioso cioccolatino.
Allo stesso tempo, però, la condivisione e, soprattutto, l’iniziale fiducia del personaggio, sono anche il veicolo perfetto per unirsi alla tradizione cinematografica di Gene Wilder e Tim Burton. Nonostante i toni siano diversi, infatti, la rappresentazione assolutamente gioiosa di una cieca fiducia rimanda alla perfezione la gravità della disillusione subita nel corso degli anni. Il Wonka che siamo stati abituati a conoscere ha scelto di vivere chiuso nel suo mondo di pura immaginazione per difendersi dall’avidità dell’esterno e dall’incapacità dell’umanità di condividere. Un’informazione che, generazione dopo generazione, è stata accettata senza porsi troppe domande.
Grazie alla visione di Paul King, invece, si comprende il vuoto emotivo vissuto dal personaggio e la sua trasformazione proprio comparando il prima con il dopo. D’altronde, maggiore è la fiducia negli altri più profonda è la delusione subita. Un sentimento che, ancora una volta, Wonka cerca di guarire attraverso la ricerca del suo erede. Ossia di quell’unica creatura in grado di andare oltre tutte le piccolezze dell’arrivismo umano per abbracciare, nuovamente, il potere e la forza della condivisione. Perché, se non si hanno persone con cui vivere il proprio sogno, spesso non ha alcun senso sognarlo.
Un mondo di pura immaginazione
“Come with me and you’ll be in a world of pure imagination. Take a look and you’ll see
Into your imagination”. Questi sono I primi versi del ben noto tema di Wonka che Paul King ha ripreso evidenziando tutto il potenziale immaginifico per realizzare un film capace di portare altrove. Un intento che condivide immediatamente con gli spettatori dichiarando, senza mezzi termini, che è esattamente ciò di cui si ha maggiormente bisogno in questo momento. Così facendo, dunque, utilizza la vivacità giovanile e la freschezza del suo personaggio per costruire le basi e le forma di una chiara fairy tale la cui magia principale è l’astrazione, l’allontanamento dal mondo reale per lasciarsi trasportare in quello immaginario. Ed in tutta questa visione Wonka è il pifferaio magico, colui che attrae le folle con le sue dolci magie ma, soprattutto, con la visione di una realtà basata su principi come la speranza, la collaborazione e, soprattutto, l’autodeterminazione. Aspetti che, forse, potrebbero avere un retrogusto antico e mostrare fin troppa ingenuità ma che hanno una perfetta funzionalità all’interno di un viaggio che è solo apparentemente leggero.
Perché, tornando alle parole iniziali del tema di Wonka, il mondo immaginato dal cioccolatiere è solo un veicolo per arrivare a quello racchiuso dentro ognuno di noi e di cui, il più delle volte, si è persa traccia da troppo tempo. In questo senso, dunque, l’innocenza del giovane Wonka è un invito ad abbandonare ogni resistenza e lasciarsi andare ad un mondo dominato da forti tinte pastello, dove è possibile mungere una giraffa ghiotta di caramelle e librarsi in volo su dei palloncini colorati. Immagini troppo zuccherose? Forse, ma che hanno il potenziale di rifarsi a quel potere d’intrattenimento e leggerezza che il cinema ha sempre avuto, soprattutto nei momenti storici più difficili. Un dono consolatorio grazie al quale la realtà non scompare ma diventa più sopportabile.
Le riflessioni di Wonka
Attenzione, però, leggerezza ed innocenza non sono sinonimo di superficialità. Questo vuol dire che Wonka ha la capacità di mettere in evidenza degli elementi di riflessione interessanti utilizzando proprio la sua innocenza. E, molto spesso, questo risulta essere il modo migliore per veicolare un pensiero, ad esempio, sul valore della cultura e sul commercio senza scrupoli.
Il personaggio interpretato da Chalamet, infatti, ha la fiducia tipica di chi è assolutamente nuovo al mondo. Oltre a questo è supportato da una fonte inesauribile di entusiasmo ma tutto questo diventa un limite se non si ha conoscenza. Ed ecco che, ad esempio, la sua incapacità di leggere lo mette in seri guai, non offrendogli la possibilità di comprendere le ambiguità umane. Allo stesso tempo si scontra, senza saperlo gestire fino in fondo, con la fame di ricchezza e di successo di chi va a saturare ed impoverire un determinato mercato per aumentare la richiesta a proprio favore.
E, per finire, affronta la possibilità del fallimento, della sconfitta del proprio sogno andato letteralmente in fumo. Un insieme di tematiche, dunque, che hanno lo scopo di essere educative per un pubblico più giovani ma che non sono poi così scontate nemmeno per uno più adulto. Perché, alla fine di tutto, abbracciare lo stile fiducioso di Wonka potrebbe avere i suoi rischi. Per questo è sempre meglio essere in grado di leggere le scritte in piccolo e rintracciare la forza per riprendere a sognare.