Livio Musco, napoletano, e figlio del generale Ettore Musco, capo dei servizi segreti militari, era un nobile imprenditore agricolo, ucciso il 23 marzo del 2013 a Gioia Tauro, da Teodoro Mazzaferro, agente immobiliare e criminale legato al clan dei Piromalli. Al momento dell’omicidio Musco aveva 74 anni ed era noto nella città calabrese per il suo oleificio. Soprannominato “il barone”, per via del suo background nobiliare – la nonna era la duchessa Serra di Cardinale – Livio era l’erede di una famiglia di latifondisti borbonici, proprietari di molti appezzamenti di terreno in Calabria.
La famiglia di Musco ha prosperato negli anni grazie alla produzione di olio. E alla vendita dei terreni sui cui poi è sorto il porto di Gioia Tauro ed è stata costruita l’autostrada Salerno-Reggio Calabria. Vedovo, con tre figli, fu ucciso nello studio della sua grande casa, in via Valleamena, con due colpi di pistola. Le indagini furono lunghe e seguirono molte piste da quella passionale, con gli inquirenti che ipotizzavano una relazione con un’operaia della sua azienda, subito scartata.
L’indagine che seguiva un possibile movente economico, che si è rivelata la più credibile, ed era legata alla mancata restituzione di un prestito che Musco aveva ottenuto anni prima da Teodoro Mazzaferro, uomo di fiducia della ‘ndrangheta. Ma anche a un interesse dello stesso Mazzaferro, agente immobiliare, per alcune proprietà di Musco, tra cui un grande appartamento ai Parioli.
Mazzaferro, rinviato a giudizio come esecutore materiale dell’omicidio, assieme a Ruggiero Musco e Berdj Domenico Musco (rispettivamente fratello e nipote della vittima), morì per cause naturali nel 2018. Quanto al processo, Domenico Berdj, sospettato di complicità, scelse a suo tempo il rito ordinario ed è stato assolto in primo grado nell’aprile del 2022. Il padre Ruggiero, accusato di porto e detenzione di arma, fu assolto con rito abbreviato.