In un lungo articolo pubblicato sul Corriere della Sera, Susanna Tamaro ha commentato con parole di fuoco la performance delle drag queen in apertura delle Olimpiadi di Parigi 2024, quell’Ultima Cena che in realtà voleva essere una rappresentazione pagana. La scrittrice prende spunto dall’esibizione per criticare con astio il concetto di inclusione e di identità, ma scivola su argomenti che non conosce appieno.
L’autrice del fortunato Va’ dove ti porta il cuore, dal quale fu tratto anche un film, descrive sulle pagine del Corriere la performance in drag dal suo punto di vista, descrivendo con ingenuità una semplice guepiere da show come un indumento “sadomaso”.
“La prima immagine che ho visto è stata quella di un uomo barbuto fasciato in una guepière sadomaso che avanzava su una passerella seguito via via da altri artisti fluidi che si dimenavano sopra l’effige luminosa della Comunità Europea. Ai lati, altri figuranti assistevano a queste danze tribali, tra i quali spiccava una donna oversize vestita di blu con una raggera in testa che la faceva somigliare a una gru coronata”
Un’esibizione di “pessimo gusto”, prosegue Tamaro, trasmessa in mondovisione, senza preoccuparsi di tutelare “spettatori minorenni e altri appartenenti a mondi culturali non ancora assuefatti allo spirito del tempo e per i quali queste immagini avrebbero potuto provocare irritazione e turbamento.”
La scrittrice 66enne contesta anche che l’esibizione sia stata concepita come un omaggio al dipinto Il banchetto degli dei di Jan van Bijlert, sottolineando che “sulla testa della signora oversize a centrotavola ci fosse un’aureola dorata, aureola che rievoca inevitabilmente la luce che irradia dagli ostensori eucaristici”. Evidentemente a Tamaro è sfuggito che anche il personaggio al centro del dipinto di van Bijlert sfoggia un’aureola.
Dopo altre considerazioni, l’articolo di Susanna Tamaro sposta il focus sul significato della parola inclusione accostandolo al termine reclusione:
“Thomas Jolly, l’ideatore della cerimonia dell’Apertura dei Giochi, ha affermato che non aveva voluto offendere nessuno, che il suo voleva essere uno spettacolo all’insegna «della benevolenza, delle generosità e dell’inclusione». Quando sento la parola inclusione la prima sensazione che mi viene in mente è l’angoscia suscitata dall’immagine di quei poveri insetti rimasti per sempre intrappolati nell’ambra. Inclusione dunque vuol dire essere chiusi dentro, inglobati in una realtà che ci imprigiona. Non a caso inclusione e reclusione sono termini particolarmente vicini.”
Laddove l’articolo di Tamaro tocca vette surreali è quando attribuisce al cristianesimo la libertà di amare chi si vuole e punta l’indice contro l’inclusione, che definisce una sorta di setta estranea alla civiltà mediterranea, riducendo il dibattito su sessualità e identità di genere solo a una questione “anatomica”.
«In Francia abbiamo il diritto di amare chi vogliamo e come vogliamo» ha ribadito Thomas Jolly per dare un sigillo alla sua audacia, «di credere o di non credere» come se stesse parlando a una platea di arretrati reazionari e forse dimentico che ormai in tutto mondo occidentale, proprio grazie all’originale libertà concessa dal cristianesimo, è possibile amare chi si vuole, come si vuole e credere in quello che si vuole senza incorrere in alcuna persecuzione. Altro che laicità. L’inclusione è in tutto e per tutto una nuova religione, con i suoi riti, i suoi diktat e le sue squadre di sacerdoti moralisti in grado di colpire e distruggere tutti coloro che non si adeguano.
Siamo in molti ormai ad essere esasperati da questo nuovo culto. Culto imposto dal mondo anglosassone e totalmente estraneo alla nostra civiltà mediterranea, nel quale non ci riconosciamo, al quale non vogliamo prostrarci e del quale siamo in grado di vedere i danni prodotti sui bambini e sui giovani, convinti ormai che la loro identità di esseri umani non sia determinata dal dialogo costante tra le mente e il cuore, ma da quello che hanno, che non hanno o che vorrebbero avere tra le gambe.
Infine, Susanna Tamaro fa appello alle persone laiche perché stiano in guardia da certe derive
“Prestissimo arriverà un giorno in cui mi sveglierò convinta di essere un pastore tedesco (…) e pretenderò che questo venga trascritto sui documenti. E quando, con questi, mi presenterò alle mostre canine e non mi faranno partecipare, griderò all’esclusione. Chi può negarmi il diritto di essere cane? La realtà c’est moi”
Il contributo di Susanna Tamaro sulle pagine del Corriere richiama quello di un’altra scrittrice, J.K. Rowling, che in questi giorni è intervenuta via Twitter per criticare il match tra Angela Carini e Yamane Khelif, con lo stesso vigore e con termini spesso imprecisi, se non errati.