Cristina D’Avena, ha spiegato in una lunga intervista perché non ha avuto figli nonostante la lunga e stabile relazione con il suo compagno, Massimo Palma, ammettendo che, presa dai suoi impegni professionali non si è resa conto dello scorrere del. tempo.
Per buona parte della sua vita, dunque, sembra non aver fatto assolutamente caso a questa mancanza. Stando alle sue parole, infatti, la sua vita artistica, il passare da concerti, ad incisioni ed incontri l’ha fatta sentire come all’interno di una meravigliosa palla colorata. Ferma, cristallizzata in quella che può essere definita come una giovinezza eterna.
“Un ragazzino che cresce ti dà il polso del tempo che passa. E io ho vissuto a lungo in un mondo senza tempo. Poi ho capito che a un certo punto tutto può finire e rischi di trovarti con nulla in mano. Ho una grande paura di avere il rimpianto di non essere diventata mamma e non voglio averlo. Come possa succedere a quasi 54 anni è un altro discorso. O arriva un miracolo oppure… so che ora ci sono molte tecniche all’avanguardia”
Al Corriere della Sera, disse: “Ho lavorato tanto senza guardare l’ora, ecco, l’orologio biologico che non fa sconti. Quando mi sono resa conto che era tardi, d’aver perso tempo, sì: mi è dispiaciuto. Fossi madre sarei più felice. Non so se sarà un rimpianto, di certo non è un pensiero che mi assilla, un’ossessione. Perché mi sento una donna realizzata, inserita, apprezzata”
Ricordiamo che Cristina D’Avena ha iniziato la sua carriera di cantante a soli tre anni partecipando allo Zecchino d’Oro con Il valzer del moscerino. Dopo quell’esperienza entra nel coro dell’Antoniano e rimane fino alla metà degli anni Settanta. Successivamente diventa la voce ufficiale di tutte le sigle dei cartoni animati più famosi degli anni Ottanta. Oltre a questo, poi, veste i panni nella trasposizione live di Kiss me Licia nei panni, ovviamente, della dolce protagonista.
Se non avesse fatto la cantante però, ha svelato lei al Corriere, si sarebbe comunque dedicata ai bambini, ma nelle vesti di medico. “Avrei fatto il medico, come papà, la mia vocazione. Ho lasciato l’università di Bologna all’ultimo anno. Mi sarei specializzata in neuropsichiatria infantile, per aiutare i bimbi problematici, quelli che io chiamo “bimbi speciali”. Un’attitudine che oggi riesco a soddisfare quando mi scrivono i genitori: “Il piccolo è in ospedale e mangia solo se ascolta i tuoi brani”. Allora gli mando un video.”