Giorgio Ambrosoli fu assassinato l’11 luglio 1979 a Milano da William Joseph Aricò, un sicario pagato dal banchiere Michele Sindona, che gli sparò. Qualche tempo prima, infatti, l’avvocato Ambrosoli, commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, indagò sulle attività finanziarie del faccendiere e criminale siciliano Sindona, ottenendo pressioni e minacce di morte.
Era una tranquilla sera d’estate. Ambrosoli aveva deciso di guardare il pugilato in TV con alcuni amici, nella sua casa di via Morozzo della Rocca 1, in una tranquilla zona di Milano. Al termine della riunione informale, l’avvocato uscì per riaccompagnarli alle loro abitazioni. In quel momento un uomo si avvicinò a lui. Era il malavitoso l’italo-americano William Joseph Aricò, che, dopo avergli chiesto scusa, esplose 4 colpi di pistola che lo freddarono.
L’omicidio era la punta di un iceberg che coinvolgeva la criminalità organizzata italiana e internazionale, i massoni della P2 e altre personalità della politica. Nato a Milano da una famiglia rispettata (suo padre era un prestigioso legale), Giorgio Ambrosoli si specializzò nel settore fallimentare delle liquidazioni coatte amministrative. Era cioè un pubblico ufficiale che supervisionava gli ultimi atti di imprese bancarie e assicurative o società cooperative prossime al fallimento, al fine di tutelare i creditori.
Da questo punto di vista, il caso della Banca Privata Italiana fu uno dei più importanti. Fondata nel 1960 da un agente di cambio, finì nelle mani di Michele Sindona che la acquisì tramite una società con sede in Liechtenstein. Tra i soci di minoranza ci furono lo IOR, ovvero l’istituzione finanziaria pubblica della Città del Vaticano, e altri gruppi bancari internazionali.
A partire dagli anni ’70, però, l’istituto entrò in profonda crisi e passò prima sotto la gestione del Banco di Roma, suo maggiore creditore. Successivamente, ravvisate alcune pesanti irregolarità contabili dalla Banca d’Italia, la Banca Privata Italiana venne ammessa alla procedura di liquidazione coatta amministrativa. Giorgio Ambrosoli divenne commissario liquidatore nel 1974.
Contestualmente, la magistratura milanese emise il primo mandato di cattura per Michele Sindona che in quegli anni aveva goduto di protezioni politiche illimitate. Anche in quel frangente si mossero senza successo alcune organizzazioni, tra cui la P2, tra cui figuravano molti nomi vip, per aiutare il faccendiere. Il 18 marzo del 1986 arrivò la condanna all’ergastolo come mandante dell’omicidio Ambrosoli. Sindona morì in ospedale il 22 marzo, dopo due giorni di coma profondo, dopo aver bevuto una tazzina di caffè avvelenato con cianuro.