Molti fan di Jannik Sinner hanno ipotizzato che il campione di tennis fosse di origini russe, ma si tratta di un malinteso dovuto al fatto che Jannik ha un fratello maggiore di tre anni più grande di lui, che si chiama Mark ed è stato adottato a soli nove mesi di vita dai coniugi Sinner. E guarda caso, Mark è effettivamente di origini russe, perché è nato nella città di Rostov sul Don nel 1998. Va detto anche che i genitori dei due ragazzi sono italiani.

I due fratelli sono sempre stati in ottimi rapporti, sia quando erano piccoli che ora che Jannik è diventato celebratissimo campione sportivo amato in tutto il mondo. E nonostante ciò, Mark non nasconde che spesso e volentieri la distanza prolungata con il fratello minore mette a dura prova il loro rapporto, che tuttavia rimane unico e molto affettuoso: “Com’è il nostro rapporto? Normale, immagino come quello della maggior parte dei fratelli. Capitava che litigassimo chiaramente, ma facevamo pace subito. Giocavamo a tennis, ci provavo almeno. Per qualche anno sono riuscito a tenergli testa, poi lui ha spiccato il volo […] Ma quando torna a casa, è bellissimo.”
Ecco tutto quello che sappiamo su Mark Sinner: secondo quanto riferisce TPI, Mark lavora come istruttore dei Vigili del Fuoco a Vilpiano, in provincia di Bolzano e, nonostante la sua famiglia adottiva stia vivendo un momento di celebrità particolare, la sua vita non sembra essere cambiata radicalmente: “Sono felice dei risultati che sta ottenendo, lo seguo tutti i giorni. Ma io ho la mia vita ed è rimasta uguale a prima. La popolarità non ci ha affatto cambiato.”, ha detto Mark.
Nato nel 1998, è stato adottato dai suoi due genitori perché convinti che non sarebbero riusciti ad avere dei figli in maniera naturale; poi però tre anni dopo l’adozione di Mark è arrivato Jannik. Due genitori che Mark, così come il pluridecorato fratello campione mondiale di tennis, non finirà mai di ringraziare e lodare per come lo hanno cresciuto: “Faccio quello che ho sempre voluto fare, sulla base degli insegnamenti dei miei genitori: ci hanno spronato a impegnarci, nello studio, nello sport e nel lavoro. Ma senza pressioni. Ci dicevano: ‘Se avete voglia andate avanti, altrimenti lasciate stare e dedicatevi ad altro’. Non si permettevano di decidere per noi. Forse questa è stata la vera forza che ha permesso a mio fratello di sfondare.”