30 anni fa, il 5 aprile del 1994, moriva il cantante dei Nirvana Kurt Cobain. La sua morte ha segnato uno spartiacque per la generazione del grunge, stile musicale (e di vita), nato a Seattle e diffuso anche grazie ai pezzi di rock band come Soundgarden, Pearl Jam e, ovviamente, Nirvana. Il musicista si tolse la vita con un colpo di fucile nella sua casa di Seattle, sul Lago di Washington. A ritrovarlo, la mattina dell’8 aprile, fu l’elettricista Gary Smith. Secondo i referti autoptici, poco prima di suicidarsi aveva fatto uso di eroina. Poco distante dal cadavere, anche una lettera scritta da Cobain per la moglie Courtney Love e la figlia Frances Bean, che all’epoca aveva solo due anni.
In quel gesto culminò una vita difficile, segnata dalle dipendenze e dalla depressione. Solo qualche giorno prima, a marzo, durante la tappa romana del tour europeo dei Nirvana, Cobain finì in ospedale per overdose di farmaci e champagne. Secondo la moglie fu la prima avvisaglia di quello che sarebbe successo di lì a poco. Tornato negli USA, Cobain acconsentì a partecipare a un programma di disintossicazione all’Exodus Medical Center di Los Angeles. Ma fuggì per tornare appunto a Seattle, dove poi si sarebbe ucciso. Aveva 27 anni, come tanti rocker “maledetti” prima di lui: Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison, Amy Winehouse e Brian Jones.
L’ultima apparizione di Cobain e dei Nirvana in TV fu nel programma Tunnel di Serena Dandini, il 27 febbraio del 1994, dove la band cantò Serve the Servants. La performance fu introdotta da uno siparietto tra la stessa Dandini e il comico Antonello Fassari che, ironicamente, si rivolse ai Nirvana come a dei drogati “che spacciano roba“.
Di Cobain Dandini disse: “Incontrandolo ho avuto l’impressione di una persona di una sensibilità estrema, indifesa, che difficilmente riuscivi a guardare negli occhi. Con uno sguardo di paura come di un cucciolo braccato dal mondo“. Come scritto, la lettera di addio alla sua famiglia e al suo pubblico, indirizzata al suo amico immaginario d’infanzia, Boddah, fu una sorta di testamento. Nella missiva era scritto “È meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente“. Commovente il messaggio finale a moglie e figlia.
Frances e Courtney, io sarò al vostro altare.
Ti prego Courtney continua ad andare avanti, per Frances.
Perché la sua vita sarà molto più felice senza di me.
VI AMO. VI AMO