Sinéad O’Connor ha parlato in più occasioni della malattia mentale contro la quale lottava da anni, spiegando che era affetta da disturbo bipolare, disturbo da stress post traumatico e disturbo borderline di personalità, salvo poi smentire il distubo bipolare nel 2013, spiegando che si era trattato di una diagnosi errata. Nell’arco della sua vita, subì gli abusi da parte di sua madre, tentò il suicidio in più occasioni, è stata in terapia, ha assunto farmaci dagli effetti collaterali devastanti. Nello specifico, la morte di sua madre e il suicidio di suo figlio sono stati i due eventi principali che hanno contribuito a compromettere la sua salute mentale.
Nata in una famiglia cattolica di Glenageary, quando i suoi genitori divorziarono, Sinéad andò a vivere con sua madre, che abusava di lei. “Era una violenza fisica, perpetrata in modo sessuale” – spiegò l’artista a People nel 2012 – “Non cercava di fare sesso con me, ma cercò di distruggere il mio apparato riproduttivo. Era anche una violenza psicologica. Era come una camera delle torture. Però ho perdonato mia madre, perché non stava bene”
All’età di 13 anni andò a vivere con suo padre e ritrovò un po’ di stabilità familiare, ma iniziò a rubare nei negozi, a marinare la scuola e per più di un anno fu mandata in una Casa Maddalena – uno dei famigerati istituti gestiti dalle Maddalene, di cui si parla anche nel film di Peter Mullan del 2002 – per cercare di contenere la sua indole “ribelle”. Nel 1990, in un’intervista a SPIN, a proposito di questa esperienza disse: “Non proverò mai più panico e terrore nel modo in cui l’ho vissuto in quel posto”
La morte di sua madre, nel 1985, a causa di un incidente stradale, contribuì a segnare ulteriormente la salute mentale di Sinéad. “Diventai una persona arrabbiata. Ero arrabbiata con Dio” – disse nel 2007. Nonostante lottasse già con l’impatto che avevano avuto gli abusi nella sua vita, la morte di sua madre fu un episodio per il quale ebbe maggior difficoltà a riprendersi. Cinque anni dopo la scomparsa della madre, nel 1992, Sinéad O’Connor pubblicò il suo secondo album, I Do Not Want What I Haven’t Got, che conteneva la hit Nothing Compares 2 U. “La canzone mi ricordava mia madre” – spiegò in seguito – “C’era una connessione emotiva che non mi aspettavo e alla quale non avevo fatto caso quando stavo registrando il brano”. Lo stesso anno Sinéad O’Connor strappò la foto del Papa in tv, un gesto iconico, motivato da ragioni profonde, ma che ebbe un impatto pesante sulla sua carriera.
Nel 1995, l’artista si ritrovò coinvolta in una lunga battaglia per la custodia della sua seconda figlia, Rosin, con il padre della bambina, John Waters. Quattro anni dopo, al culmine di questa battaglia, Sinéad O’Connor tentò il suicidio ingerendo 20 pillole di Valium e fu lei a spiegare il motivo: “Era il giorno del mio 33esimo compleanno, e quel giorno in tribunale fu suggerito che io dovessi vedere mia figlia solo una volta al mese. Fu un tentativo di suicidio molto serio, stavo per morire.” Riuscì a sopravvivere e si concentrò sulla maternità e sulla religione. Fu ordinata sacerdote della Chiesa Tridentina Latina e prese il nome di Madre Bernadette Mary. Iniziò a fare volontariato spendendosi per i senzatetto di Dublino.
A metà degli anni 2000 alla cantante fu diagnosticato il disturbo bipolare e tentò ancora una volta di suicidarsi. “Non credo di essere nata col disturbo bipolare” – disse nel 2004 ad Oprah – “Credo che sia una conseguenza delle violenze che ho subito”. Nello stesso periodo parlò anche di malattia fisica, del dolore cronico che doveva sopportare a causa della sua fibromialgia.
Nel 2010 il suo terzo matrimonio con Steve Cooney (suo amico e collaboratore) si concluse con una separazione. L’anno seguente Sinéad condivise sui social quelli che erano pensieri suicidi, attraverso i quali veicolava il desiderio di andare in Paradiso perché non ce la faceva più. “Vorrei morire senza rovinare la vita ai miei figli”. Dopo che le forze dell’ordine si recarono a casa sua – proprio in seguito a questi tweet – la cantante spiegò che i suoi tweet precedenti erano una richiesta d’aiuto. “Il suicidio non risolve i tuoi problemi, li peggiora all’infinito”
Pochi mesi dopo Sinéad si sposò con Barry Herridge, un terapista inglese, con una cerimonia a Los Angeles, ma il matrimonio durò appena 18 giorni. Un mese dopo l’artista tentò di suicidarsi di nuovo, per poi tornare su Twitter e chiedere ai fan che la aiutassero a trovare uno psichiatra valido a Dublino, sostenendo di essere “in grave pericolo”.
Nel 2013 spiegò che la diagnosi di disturbo bipolare era sbagliata e che soffriva di stress post traumatico dovuto agli abusi subiti durante l’infanzia. Sinéad annunciò che, in via graduale, avrebbe smesso di prendere i farmaci che la stavano intossicando da anni. “Per dieci anni mi sono avvelenata con questi farmaci e ho dovuto convivere con effetti collaterali difficili da gestire. Lentamente, smetterò di prenderli e mi riprenderò la mia vita”
Due anni dopo però la cantante disse che si sarebbe suicidata con un’overdose, perché non riusciva ad ottenere rispetto dai suoi ex partner in merito alla custodia dei suoi figli, Shane e Yeshua. “Non sono a casa mia, sono in un hotel da qualche parte in Irlanda, sotto falso nome” – scrisse su Twitter – “Alla mia famiglia e ai miei figli non interessa un accidente di dove sia, e se non avessi scritto questo tweet, non lo avrebbero scoperto”. A questo episodio di gravi difficoltà psicologiche, ne seguirono molti altri. Lo stesso anno, il 2015, l’artista fu sottoposta ad un’isterectomia per curare una endometriosi e questo compromise ulteriormente le sue condizioni di salute psicologiche, già precarie.
“Quando mi sono operata ne sono stata estremamente triggerata. Non è possibile prevedere quanto possa triggerarti il disturbo da stress post traumatico in determinate circostanze. Io mi vedo come un cane da salvataggio. Sto bene fino a quando non mi metti in una situazione che mi fa ripensare ai traumi che ho vissuto. Riesco a gestirlo bene, perché mi è stato insegnato come fare. Ho fatto tanta terapia. Si tratta di concentrarti su cose che ti fanno stare in pace, invece che su quelle cose che ti mettono a disagio”
Nel 2022, la morte di suo figlio Shane Lunny, segna un capitolo definitivo nella sua lotta contro i disturbi mentali. Shane era stato rilasciato da un ospedale psichiatrico di Dublino dove si trovava per tendenze suicide, e dopo essere scomparso per giorni, fu ritrovato morto. Sinéad O’Connor non si è mai ripresa dalla morte del figlio e, fino a due settimane prima della sua scomparsa, aveva detto che ormai si sentiva come una “morta vivente”.