La sesta stagione di Black Mirror, arrivata su Netflix lo scorso 9 giugno a 4 anni dalla precedente, sta raccogliendo giudizi meno positivi rispetto a quelle passate. In particolare a causa della natura stessa degli episodi, molto lontana da quella delle prime stagioni che avevano fatto innamorare milioni di fan dell’opera di Charlie Brooker. Delle 5 puntate che compongono questa stagione la migliore e più apprezzata è sicuramente quella che vede come interpreti principali Aaron Paul e Josh Hartnett. In particolare sono stati gli ultimi minuti a lasciare col fiato sospeso e con diversi dubbi gli spettatori. Andiamo quindi ad analizzare e a dare una spiegazione del finale di Beyond the Sea, il terzo episodio della sesta stagione di Black Mirror.
La spiegazione del finale di Beyond the Sea
Dopo l’assassinio della famiglia di David (Josh Hartnett) e la distruzione della sua replica sintetica sulla terra, l’astronauta si trova bloccato nello spazio. Cliff (Aaron Paul) è preoccupato per la situazione e per la salute mentale del collega, soprattutto perché la missione non può essere conclusa da un unico uomo. Decide quindi di appoggiare la proposta della moglie Lana (Kate Mara), ovvero di consentire per brevi periodi a David di allontanarsi dalla navicella. David, inizia quindi a vivere la realtà casalinga di Cliff all’interno della sua replica. Interagisce sia con Lana che con il figlio (a cui tutto questo è stato tenuto nascosto).
Sviluppa un certo tipo di attrazione per la donna che però lo rifiuta. Cliff lo scopre e reagisce molto duramente con l’uomo. Di tutta risposta David lo attira sulla navicella, lo convince a uscire per riparare nello spazio una componente elettronica e nel mentre gli ruba la replica. Cliff scopre che qualcosa è andato storto, rientra, scopre che David è tornato. Ritorna preoccupato sulla terra e scopre che il collega gli ha massacrato moglie e figlio. Una volta rientrato sull’astronave David lo attende e lo invita a sedere con lui.
La mascolinità tossica e la condivisione della solitudine
Un finale drammatico come pochi altri nella storia di Black Mirror e che arriva a concludere un lungo arco narrativo di 80 minuti che in un’ambientazione retrofuturistica cerca di ragionare in maniera critica su tutto il tema della mascolinità tossica. Lo stesso omicidio della famiglia di David – in una scena chiaramente ispirata all’omicidio di Sharon Tate e in generale ai crimini della Manson’s Family – inizia con un riferimento al fatto che la replica dell’uomo non è dotata di organo maschile e quindi è contro natura. Da lì in poi si dipana il ritratto di Cliff, mostrato come estremamente duro con il figlio e privo di particolare affetto anche nei confronti della moglie.
Una sorta di stereotipo del padre di famiglia, ligio ai dettami classici del patriarcato. Lo stesso David, apparentemente più sensibile, si rivela invece come un uomo prima predatorio e poi incapace di incassare il rifiuto di Lana (come di una qualsiasi altra donna). L’omicidio ancor più che un atto d’aggressione verso il rifiuto subito pare come una sorta di ritorsione verso Cliff. Un modo per costringerlo a vivere la sua stessa condizione. Ovvero quella di maschio impossibilitato ad aver rapporti con l’esterno e con l’altro sesso. Come se lo obbligasse a condividere la condizione da evirato.