All’inizio è stata la serie britannica firmata e interpretata da Ricky Gervais dopo, però, è diventata il remake americano più bizzarro ed inconsueto che la televisione abbia mai visto. A rendere così speciale The Office, realizzato da Greg Daniels per nove stagioni e diretta magistralmente da Steve Carell per sette, però, non è solo l’ironia irriverente che permea ogni singolo episodio. Particolare, infatti, è proprio la sua storia ed il modo in cui ha attecchito, un passo alla volta, nel cuore degli spettatori. Quello per The Office, infatti, non può essere definito un colpo di fulmine ma un amore cresciuto e formatosi episodio dopo episodio. La prima stagione, infatti, ha presentato al pubblico un ambientazione sicuramente poco accattivante dal punto di vista scenografico come quello della fittizia Dunder Mifflin.
Oltre a questo lo stile documentaristico ha creato una certa perplessità iniziale. Elemento essenziale, però, sono stati i personaggi coinvolti. Dopo un lungo periodo di rodaggio, durata appunto una stagione, questi hanno iniziato a prendere forma sempre più conquistando l’attenzione della telecamera e, soprattutto, diventando i protagonisti di un numero infinito di gag. Considerati tutti questi aspetti, dunque, proviamo a stilare una classifica dei 10 migliori episodi di The Office, presentati dal 2005 al 2013.
1. The Injury (stagione 2, episodio 12)
Una caratterista essenziale che ha decretato il successo di The Office è stata soprattutto la capacità di prestare attenzione ad alcune tematiche “scottanti”, come la disabilità e la diversità, utilizzando un accento comico al limite del surreale e politicamente scorretto. Un esempio perfetto di questo mix riuscito è rappresentato proprio dall’episodio in cui Michael Scott, dopo essersi scottato un piede, per attirare l’attenzione su di lui indice una riunione con tutti i suoi colleghi.
Il tema da discutere è la sensibilizzazione sulla problematiche dei disabili, nello specifico lui. Peccato, però, che per discutere della questioni inviti Billy Merchant, amministratore del parcheggio aziendale, in sedia a rotelle dall’età di 4 anni. Ovviamente tutto è perfettamente organizzato per creare delle situazioni imbarazzanti ma che, dietro il sorriso e l’ironia irriverente, nascondono una riflessione molto più profonda sulla natura umana, il suo inevitabile egoismo e la necessità di risultare migliori.
2. Stress relief, prima parte (stagione 5, episodio 14)
Questo episodio è considerato uno dei più riusciti in grado di rappresentare alla perfezione la dilagante e folle ironia che caratterizza la narrazione di The Office. In questo caso, infatti, si parte da un fatto folle e assurdo, come quello di appiccare il fuoco e sigillare le uscite di sicurezza, per andare a creare la condizione perfetta in cui far esprimere ogni singolo personaggio.
E il risultato ottenuto è quanto meno esilarante con una serie di folli esternazioni di panico ben orchestrate tra di loro da sembrare effettivamente naturali e spontanee. Così, tra stampanti gettate dalla finestra e macchinette degli snack scassinate, Dwight Schrute vive la sua personale rivalsa su tutti i colleghi che non hanno ascoltato le sue presentazioni sulle norme di sicurezza. Allo stesso modo, seguendo l’assurda logica ricreata da Greg Daniels, salva loro le vite imponendo un’importante lezione.
3. Counseling (stagione 7, episodio 2)
Michael Scott vs Toby Flenderson. O meglio, una serie di comportamenti spesso eccessivi e discutibili a confronto con una calma tendenzialmente anonima. Questo episodio, dunque, mostra tutto il suo potenziale proprio dal confronto tra Scott e la sua nemesi. Tra tutto ciò che lui vorrebbe incarnare e la negazione vivente della sua filosofia di vita.
Michael, infatti, vorrebbe essere brioso, divertente, affascinante. Il più delle volte, però, risulta essere inopportuno e assolutamente discutibile. Per questo motivo la sola esistenza di Toby lo mette in crisi, creando in lui il desiderio di vincere il confronto con l’uomo. In questo caso, però, l’addetto alle Risorse Umane riesce ad avere la meglio, battendo l’eclettico Scott con il potere della sua infinita pazienza. Un’escamotage narrativo particolarmente efficace che mette pienamente in mostra la natura del personaggio interpretato da Carell in tutte le sue diverse sfaccettature.
4. Diversity Day (Stagione 1, Episodio 2)
Michael Scott può essere considerato uno dei personaggi più politicamente scorretti nella storia della televisione e delle serie tv. Una caratteristica, però, che non è fine a se stessa ma ha un compito ben preciso: mettere in evidenza i limiti e i pregiudizi dell’uomo medio. Per questo motivo, dunque, il suo ruolo nel secondo episodio della prima stagione mette immediatamente in chiaro quale sarà il suo scopo e, soprattutto, l’andamento dell’intera serie. Ecco, dunque, che lo vediamo scherzare in modo maldestro su stereotipi etnici e sessuali nel tentativo di insegnare una lezione sulla diversità ai suoi colleghi. Dai preconcetti sulle popolazioni indiane alla sessualizzazione delle donne, nessun argomento è al sicuro dall’umorismo tagliente di Michael.
Tuttavia, ciò che rende Diversity Day così potente è il modo in cui mette in luce l’assurdità e la stupidità dei pregiudizi razziali e culturali. Le reazioni sconcertate e disgustate dei dipendenti di Dunder Mifflin alla performance di Michael servono da specchio per la reazione del pubblico, facendoci riflettere sulle nostre stesse percezioni e reazioni alla diversità.
5. Scott’s Tots (stagione 6, episodio 12)
DI tanto in tanto il personaggio di Michael si trova, inevitabilmente, a far fronte alle sue leggerezze. Una di queste, però, sembra coinvolgere il futuro di un’intera classe di ragazzi di colore. Dieci anni prima, infatti, Scott aveva promesso di provvedere alle loro spese del college. Un impegno che non può sostenere, ovviamente. Per questo motivo si trova costretto a tornare nella scuola e ammettere l’errore.
Peccato, però, che insegnanti e ragazzi lo accolgano come una vera e propria star con tanto di canzoni e balletti a lui dedicati. Una situazione, questa, che costruisce perfettamente il mood imbarazzato grazie al quale il personaggio di Michael si esibisce in un nuovo aspetto di se stesso, dando vita ad una serie di scuse umilianti che vengono accolte con una certo nervosismo da parte di tutti. A questo punto Michael avrà finalmente imparato la lezione riuscendo a limitare i suoi eccessi pur di conquistare il favore di un “pubblico”? Ovviamente no.
6. The Deposition (stagione 4, episodio 12)
“That’s what she said!”. A questo episodio si deve la creazione del tormentone della serie che, tutti gli appassionati, si sono trovati ad usare almeno una volta con le stesse conseguenze ottenute da Michael. Ossia l’inadeguatezza. Oltre a questo, però, la puntata si presenta come un perfetto compendio di ironia, gestita attraverso un insieme di mimica facciale e battute. Il tutto ad un ritmo costante e serrato capace di rendere la sequenza di domande e risposte una vera e propria lezione di scrittura ed interpretazione.
D’altronde non avrebbe potuto essere diversamente, visto che sotto interrogatorio è proprio Michael lacerato, forse per la prima volta in vita sua, da un legittimo dubbio: essere d’appoggio alla sue ex fidanzata, che accusa l’azienda di averla licenziata senza giusta causa, o mostrare fedeltà a quel mondo che rappresenta tutto il suo microcosmo sociale? Nel tentativo di uscirne nel migliore dei modi, risulterà inopportuno e decisamente poco incisivo. Come sempre.
7. Guy Witch Out (stagione 3, episodio 1)
Tra le tematiche affrontate nei diversi episodi di The Office quella dell’omosessualità è, probabilmente, una delle più importanti. Soprattutto per il tono utilizzato capace di mantenersi in bilico su una linea sottile tra ironia e rispetto. In questo caso, però, un ruolo fondamentale è stato sostenuto proprio da Steve Carell e da quello che sembra essere stato un guizzo d’improvvisazione. Ma facciamo un passo indietro e andiamo agli antefatti.
Come sempre Michael ha comportamenti discutibili. Uno di questo è chiamare costantemente “checca”, Oscar, uno dei colleghi. Di fronte all’ennesima esternazione inappropriata, dunque, Toby si vede costretto a riprendere Michael che, non capendo, deve essere messo di fronte ad un fatto privato: l’omosessualità di Oscar. A questo punto, violata la riservatezza dovuta, scatta l’ennesima riunione d’emergenza in cui l’uomo è costretto a fare coming out davanti a tutti. Una scena straziante e decisamente poco piacevole se non fosse stato per l’epilogo. Michael, infatti, decide di lasciarsi andare ad un bacio lentissimo e grottesco nei confronti di Oscar. Una decisione non scritta in copione ma che deve tutto all’intuito di Carell e alla sua capacità d’improvvisare un gesto che stempera decisamente il momento riconduce tutto verso l’rodine della risata.
8. Branch Wars (stagione 4, episodio 10)
Per un uomo come Michael, la cui vita gira interamente al mondo dell’ufficio e alle sue interazioni sociali, è inammissibile che il suo piccolo universo subisca una variazione. Per questo motivo, quando viene a conoscenza dell’offerta ricevuta da Stanley dalla sede di Utica, organizza un piano tutto fuorché sofisticato, per impedire al gruppo di perdere “il nero più simpatico dell’intero ufficio.”
Evidente commento dal sottotetto tanto razzista quanto involontario a parte, il cuore potente di questo episodio si concentra proprio nel raid organizzato all’interno della filiale di Utica travestiti da addetti alle pulizie. Michael, Dwight e Jim, però, vengono scoperti immediatamente con le mani nel sacco. Ossia mentre stanno cercando di rubare una fotocopiatrice. Cosa fare in questi casi? Piuttosto che tenere un basso profilo è molto meglio dare vita ad una serie di scuse imbarazzanti che rientrano di diritto nel campionario di tutto ciò che non deve essere assolutamente detto.
9. Goodbye, Michael (Stagione 7, Episodio 21)
E dopo tanta ironia politicamente scorretta è arrivato anche il momento di tirare le somme con dolcezza e gratitudine. La settima stagione, infatti, segna la fine della serie per Steve Carell ma anche un modo per ringraziare un personaggio che l’ha resa indimenticabile ed unica. Ovviamente si tratta di Michael Scott che, con tutti i suoi eccessi, ha costituito il fulcro di tutta la narrazione.
Tutto inizia con la sua intenzione di trasferirsi a Denver con la fidanzata Holly. Un annuncio che ha il compito di scatenare sul gruppo una serie di reazioni profondamente emotive. L’episodio, dunque, è pieno di momenti commoventi che riflettono l’impatto di Michael sulla vita dei suoi colleghi e sullo spettacolo nel suo complesso. Dagli sforzi maldestri di Dwight per organizzare una festa di addio fino agli abbracci commoventi con Jim e Pam, ogni momento è carico di emozione e tristezza. Oltre a questo, però, Goodbye, Michael evidenzia anche il cambiamento positivo che il personaggio di Scott ha subito nel corso degli anni. Da un capo goffo e insicuro a una figura paterna amorevole e premurosa, ha attraversato un percorso di crescita personale che lo ha reso amato e rispettato dai suoi colleghi.
10. Finale (Stagione 9, Episodio 23-24)
Riunione e celebrazione. Questi sono i due elementi scelti sui quali costruire il finale di una serie tanto longeva. Così, tutti i dipendenti della Dunder Mifflin si riuniscono per il matrimonio di Dwight Schrute e Angela Martin. Tra questi anche Michael Scott, presenta come testimone dello sposo. Alla fine, poi, tutti si ritrovano per un ultimo round di interviste e i saluti conclusivi.
In questo senso, dunque, lo stile narrativo documentaristico nel finale è portato avanti in modo toccante e significativo, con i personaggi pronti a condividere le loro ultime confessioni prima di andare avanti con le loro vite. Questo momento offre un senso di chiusura e completamento alla serie, mentre tutti salutano la telecamera e, implicitamente, il pubblico che li ha seguiti per così tanto tempo.