Titoli episodi: Il ritorno, Sagunto La serie: Il nostro generale Regia: Lucio Pellegrini. Genere: Drammatico, storico. Cast: Sergio Castellitto, Teresa Saponangelo, Antonio Folletto, Camilla Semino Favro, Flavio Furno, Andrea Di Maria, Romano Reggiani, Viola Sartoretto, Stefano Rossi Giordani, Alessio Praticò. Durata: 50 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Rai Play.
Trama: Mentre il Generale Dalla Chiesa presenta il suo nuovo amore Emanuela ai figli, le BR uccidono uno dei suoi più cari amici e successivamente il fratello del pentito Peci. Negli anni ’80 però la loro forza diminuirà e Dalla Chiesa sarà mandato a Palermo come nuovo prefetto anti mafia.
La Storia, quella con la S maiuscola, sa davvero sorprenderci. La messa in onda dell’episodio di Il nostro Generale che vede la morte di Carlo Dalla Chiesa durante un agguato mafioso a poche ore dalla cattura del super latitante Matteo Messina Denaro può solo farci sorridere. Non crediamo ai grandi disegni del cosmo, ma di certo c’è una connessione profonda tra questi due avvenimenti. Ed è tutta racchiusa nella figura di un uomo di Stato che non ha esitato a mettersi in pericolo per combattere il terrorismo e la mafia.
Fin qui, la riflessione spinta da un fatto di cronaca dirompente. Quanto agli ultimi due episodi di Il nostro generale possiamo solo dire che non sono riusciti a rendere al meglio il momento drammatico che hanno rappresentato. Proprio quando sarebbe stato necessario il massimo dell’approfondimento, la serie svicola un po’ e si appiattisce in un racconto televisivo sentito, ma un po’ superficiale. Vediamo allora la recensione della settima e ottava puntata de Il nostro generale.
La trama: dalle BR al Cosa Nostra
Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa è a un momento di svolta della sua vita personale. L’incontro con Emanuela Setti Carraro allevia la solitudine e anche se i figli Rita, Nando e Simona sono all’inizio un po’ titubanti, riusciranno ad accogliere la nuova compagna di vita del padre. Tutto questo mentre la guerra alle BR, a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, sembra aver assunto i contorni di una tregua armata. Tregua, appunto. Perché le Brigate Rosse assestano ancora colpi durissimi allo Stato. Come l’uccisione del generale Galvaligi, grande amico di Dalla Chiesa. E l’esecuzione a sangue freddo del fratello del pentito Peci. Sono gli ultimi fuochi di una lotta estrema che però pian piano volge al termine. Al termine di un breve inchiesta sulla sua presunta affiliazione alla P2, Dalla Chiesa viene nominato Vice Comandante Generale dell’Arma e allontanato dai compiti esecutivi.
Non resterà lontano dalla strada a lungo. Nel 1982 viene nominato dal presidente del Consigli Spadolini nuovo Prefetto di Palermo. L’idea è quella di utilizzare il metodo di lotta alle BR contro la Mafia. Sono due mondi troppo diversi, però, e Dalla Chiesa se ne rende perfettamente conto chiacchierando con l’onorevole del PCI, Pio La Torre (Enrico Lo Verso), tra i suoi più grandi sostenitori, nonché autore della legge che introduceva il reato di associazione di tipo mafioso. Dalla Chiesa accetta il compito, sapendo di essere una sorta di agnello sacrificale. La Mafia ha ucciso senza ritegno decine di esseri umani. Nonostante l’apprezzamento dei cittadini palermitani, Dalla Chiesa si confronta con silenzi e ostilità della classe politica locale. Pio La Torre viene ucciso il 30 aprile 1982. Carlo Alberto Dalla Chiesa, il 3 settembre. 100 giorni dopo il suo insediamento.
Un finale pieno di dubbi
Il lungo racconto degli otto episodi di Il nostro generale si è soffermato principalmente sulla figura di Dalla Chiesa come stratega che ha combattuto le organizzazioni terroristiche. Una scelta narrativa voluta per distaccarsi anche da altre fiction e film che invece hanno raccontato l’esperienza palermitana di Dalla Chiesa. Eppure, c’è qualcosa che manca nel passaggio da un momento all’altro. Come se l’epilogo si fosse concentrato al massimo, perdendo un po’ di sano approfondimento.
La parte più interessante e drammatica dei 100 giorni di Dalla Chiesa a Palermo è senz’altro l’ostracismo di cui è stato vittima. Dalla Chiesa non è stato accolto all’aeroporto, non aveva uomini fidati accanto a sé, non è stato in grado, insomma, di creare quella squadra che gli è servita a mettere al tappeto le BR. Tutta questa parte è solo accennata e mai del tutto sviscerata. Comprensibilmente, si direbbe visto che il focus era altro, ma in maniera non appropriata.
La solitudine dell’eroe
Si perde quindi un elemento chiave della figura di Dalla Chiesa: la sua solitudine istituzionale. E in una storia come questa, intrecciata a doppio filo con alcuni dei momenti più bui della nostra Repubblica, non è una mancanza da poco. Certo, vediamo le sfuriate di Dalla Chiesa nei confronti dei suoi collaboratori siciliani. Assistiamo al gesto di Rita che getta a terra il mazzo di fiori della Regione Sicilia, sistemato sulla bara del Generale. Ma sono tocchi sporadici.
Resta però un’opera valida e ben confezionata, che nel complesso riesce a mantener fede al suo obiettivo primario. Ovvero far conoscere aspetti meno noti del Generale Dalla Chiesa e condividerli con un pubblico quanto più ampio possibile. E soprattutto, rendere omaggio a tutti gli uomini delle Istituzioni che hanno lavorato dalla parte giusta della staccionata. In fondo è tutto qui il messaggio della serie diretta Pellegrini e Jublin e non va minimizzato.
La recensione in breve
Si conclude in maniera soft il lungo racconto della storia di Carlo Alberto Dalla Chiesa, con un'emozione trattenuta che lascia un po' d'amaro in bocca. Resta però una serie ben confezionata, Il nostro generale, con molti meriti e un messaggio chiaro: le Istituzioni hanno bisogno di uomini coraggiosi, che vanno supportati.
- Voto CinemaSerieTV.it