In principio fu il romanzo di Romy Hausmann. Poi, La mia prediletta è diventata una riuscita miniserie di Netflix, disponibile dal 7 settembre. Continua a rimpolparsi dunque il catalogo di thriller di matrice nordica sulla piattaforma in streaming. E come in questo caso ci troviamo davanti a una storia palpitante e ricca di colpi di scena. Qui vi racconteremo tutto nel dettaglio, senza tralasciare alcun aspetto di una storia di violenza sulle donne, che a dispetto delle sue atmosfere glaciali possiede un cuore caldissimo. Ecco allora la spiegazione del finale di La mia prediletta.
Lena, dove sei?
La miniserie diretta da Isabel Kleefeld e Julian Pörksen intreccia diversi piani temporali, mostrando con dei flashback ad hoc le vicende che hanno portato alla trama principale della storia: il ritrovamento di una misteriosa donna bionda, investita da un auto nel cuore della notte, in un bosco. Chi è questa donna e perché in molti pensano che sia Lena Beck, scomparsa 13 anni prima? La sparizione della ragazza ha gettato nella disperazione i suoi genitori, Karin e Mathias. E l’amico di famiglia, il poliziotto Gerd Bühling, incapace fino a quel momento di risolvere il mistero. Quando appunto una donna dai capelli chiari viene investita dopo una fuga concitata, le speranze dei Beck si riaccendono.
Hannah, la bambina che accompagna la donna, dice ai soccorritori che quella sia la sua mamma e che si chiama Lena. La piccola si comporta in modo molto strano, tradendo un’indole incline all’ossessione. Eppure è molto risoluta quando parla del gruppo sanguigno della madre, AB, il più raro. Appena vengono portate in ospedale, la bambina mostra in continuazione le mani. Scopriamo che è un disturbo sviluppato come risposta alle angherie subite dal padre, un uomo molto severo che l’ha rinchiusa in una sorta di bunker assieme al fratellino Jonathan e alla madre Lena. Hannah confida inoltre all’infermiera Ruth che sua mamma abbia colpito per sbaglio il padre alla testa. E che suo fratello sia ancora a casa. Sotto i ferri, Lena rischia uno shock a causa di una trasfusione sbagliata. AB non è il suo gruppo. È però quello di Lena Beck.
Indagini a tutto campo
Nel frattempo la polizia indaga sull’incidente che ha coinvolto la presunta Lena. L’agente Aida Kurt fa perlustrare la zona in cui è avvenuto il sinistro e si avvicina a un’imperscrutabile zona militare, legata alla NATO. Avuta notizia della possibile morte del padre di Hannah e della presenza di un altro bambino, cerca di forzare i cancelli per entrare nel rifugio dell’uomo. L’operazione si rivela più pericolosa del previsto perché l’abitazione è circondata però da mine antiuomo.
Tuttavia, dopo un’esplosione che costa quasi la vita a un collega, la donna riesce a liberare Jonathan e a metterlo al sicuro. Il bambino è terrorizzato, non parla e per molte ore ha vegliato il cadavere di un uomo. Il quadro si delinea poco alla volta. Hannah e Jonathan sono effettivamente figli di Lena Beck, ma la donna ricoverata non è Lena Beck, bensì Jasmin Grass. Una stimata copywriter rapita e imprigionata dal suo carceriere per far da madre ai due bambini. Durante la detenzione la donna è stata trasformata in Lena, tingendole i capelli di biondo.
Lena, mia prediletta
Con Hannah e Jonathan al sicuro e Jasmin in lentissima ripresa, le indagini per far luce sul mistero di Lena continuano senza sosta. Il ritrovamento del cadavere nella casa degli orrori fa pensare che l’aguzzino sia stato ucciso proprio da Jasmin. In realtà l’uomo non è il carceriere, bensì l’investitore di Jasmin, che ha soccorso immediatamente la donna e che è stato ucciso dal rapitore. Fu lui, Lars Rogner, capo vigilante della zona militare, a rapire Lena anni prima, approfittando di un problema all’allarme della villa dei Beck. La ragazza era già incinta di Hannah, avuta dal suo ex. Rapita, dà alla luce prima la bambina e poi Jonathan, frutto della violenza di Lars. Dopo la sua morte, Lena è stata seppellita in maniera beffarda nel giardino di casa. Mentre Lars ha continuato a rapire, torturare e uccidere donne per dare una madre ai bambini.
Ultima in ordine di tempo, la povera Jasmin. Ella instaura un rapporto di affetto vero con i piccoli e rappresenta per loro una tenera figura affettiva in una circostanza terribile. Nessuno di loro tre infatti vede mai la luce del sole. Mangiano raramente e sono obbligati a seguire regole ferree e inumane. Al culmine della disperazione, Jasmin colpisce Lars per scappare, inseguita da Hannah e viene investita. Ripresosi dal colpo inferto da Hannah, Lars obbliga la piccola a inventare una storia per dargli la possibilità di fuggire, con l’intento però di riprendere lei, il fratello e Jasmin molto presto. Uccide brutalmente l’investitore di Jasmin e ne porta il corpo in casa, per far credere di essere morto.
La spiegazione del finale di La mia prediletta
Lars invece è vivo e vegeto, continua a tormentare Jasmin da lontano e a seguire Hannah e Jonathan. La donna decide allora di attuare un piano di vendetta, tingendosi di nuovo di biondo i capelli e contattando l’uomo. Anche la polizia ormai è sulle sue tracce. Dopo una serie di indagini, infatti, Kurt e Bühling risalgono all’agenzia di vigilanza Rogner di proprietà del nonno di Lars. Egli ha cresciuto da solo il nipote, dopo la fuga della madre, una bellissima donna bionda somigliante a Lena.
Ecco il motivo scatenante dell’odio/amore di Lars per Lena e per le donne bionde. Jasmin si ricongiunge con Lars e con Hannah per dirigersi verso una nuova casa. Prima però l’uomo decide di fare un piccolo regalo ad Hannah, portandola al mare. Tutto questo sotto lo sguardo vigile di Jasmin, che finge accondiscendenza. Una volta arrivata in spiaggia, la donna simula un malore e poi aggredisce Lars tagliandogli la gola. Ora è libera, come lo sono Hannah e Jonathan. Sul luogo arriva anche Gerd, assieme al padre di Lena, Mathias. Che finalmente trova pace.