Paolo Calabresi è ormai per tutti il Biascica di Boris. Difficile associare la sua faccia ad altri personaggi che non siano il capo degli elettricisti della “fuori” serie di culto. C’è stato un tempo però in cui aveva creduto di dover interpretare Renè Ferretti, il regista de Gli occhi del cuore. A raccontarlo è stato lo stesso Paolo Calabresi, ospite della quarta serata di Linea d’Ombra Festival a Salerno.
Mentre Boris 4 (qui la nostra recensione della nuova stagione) debutta proprio oggi nella sua nuova casa, Disney+, noi veniamo a sapere che, in una realtà parallela, Renè Ferretti non avrebbe avuto il volto di Francesco Pannofino. In una chiacchierata con il giornalista Boris Sollazzo, co-direttore dell’evento, Paolo Calabresi ha svelato: “In realtà io feci il provino per la parte di René Ferretti. Fu Giacomo Ciarrapico, uno dei tre autori di Boris, che subito dopo l’audizione mi disse ‘no, tu sei Biascica, tu farai Augusto Biascica’. Lì per lì ci rimasi anche male, ma perché ancora non avevo chiaro quanto Boris fosse e sia una serie assolutamente corale, in cui Renè è un centro a cui ruotano tutti gli altri in eguale misura“.
Noto attore di teatro, dove ha lavorato, tra gli altri, con Strehler e Ronconi, è approdato solo in seguito al cinema, lavorando con Giuseppe Tornatore, Daniele Vicari, Marco Bellocchio (nel film La conversione, ora in post-produzione), recitando nella trilogia Smetto quando voglio. Ma è innegabile come la grande popolarità sia arrivata proprio grazie ad Augusto Biascica, quel capo elettricista bullo e bamboccione che abbiamo conosciuto sull’orlo della depressione per colpa dei famosi straordinari d’aprile.
Ed è bizzarro pensare a quanto certi personaggi possano arrivare a godere quasi di vita propria, tanto da “imprigionare” l’interprete stesso. Anche se quell’interprete è uno dal multiforme talento, come Paolo Calabresi, capace di recitare in decine di maschere, anche diversissime tra loro, anche nella vita privata. È quanto lui stesso ha raccontato nel suo romanzo (quasi) biografico “Tutti gli uomini che non sono. Storia vera di una falsa identità”.
“Questo libro nasce da un periodo che ho realmente vissuto in cui ho pensato bene di fingermi persone realmente esistenti in situazioni reali, all’insaputa di tutti. Questa follia, che ho portato avanti per anni, era frutto di un precedente momento molto doloroso. […] Mi ero ritrovato completamente svuotato, senza più la voglia di fare il mio mestiere, ma lo facevo, perché avevo già una famiglia numerosa e non potevo non lavorare. Ma c’era qualcosa di spezzato in me. Finché, un giorno, nel gennaio del 2000, ero a Milano, stavo lavorando in uno spettacolo di Luca Ronconi, e la domenica c’era Milan-Roma a San Siro.
I biglietti erano finiti, e allora decisi di mandare all’ufficio stampa del Milan un fax da parte di un sedicente agente di Nicolas Cage dicendo che era a Milano e che avrebbe avuto piacere di vedere la partita. Era la mattina del venerdì prima della partita. Il pomeriggio avevo i biglietti. E da lì è iniziato tutto“.