Nel finale di Senna, miniserie Netflix di produzione brasiliana dedicata all’omonimo campionissimo verdeoro, amici, rivali, conoscenti e semplici fan assistono attoniti alla morte in pista del pilota più rispettato, temuto e avversato dell’intera Formula 1; mentre sullo schermo, coerentemente con la struttura della serie, immagini di repertorio tratte dalle esequie pubbliche di Senna si alternano a sequenze ricostruite, Laura Harrison consegna a Milton, Zaza, Viviane e Bruno, il messaggio registrato che Senna le aveva fatto recapitare come chiosa dell’articolo – retrospettiva che la giornalista stava preparando sul campione.
Mentre la bobina del piccolo registratore avanza, svelando anche a noi spettatori le parole esatte che compongono l’involontario testamento spirituale del campione, sullo schermo tornano immagini di Beco bambino, mentre tenta di prendere confidenza con i kart.
In ossequio al titolo dell’episodio finale, la riflessione pre – morte del Senna maturo (“Non sono più un bambino, non posso fare finta di niente”, confessa pochi minuti prima – la sera prima – all’amico Galvao) si concentra sul valore del Tempo come sola unità in grado di restituire la misura della vocazione di un uomo nato per correre. Ecco di seguito il testo, nella versione italiana ufficiale curata da Federico Zanandrea. Nella trascrizione, così come nel resto del testo, è riportata la grafia italianizzata del nome di Senna senior, in quanto più correntemente utilizzata sulla stampa nostrana.
Sono un pilota. Credo che prima ancora di salire su un macchina, sapessi di essere nato per correre. Fin da quando ero piccolo, sentivo che il mondo era lento per me. Come se avessi una percezione diversa di tutto, specialmente del tempo. Mia madre dice sempre che io non ho imparato a camminare, ma a correre. Mi chiamava ‘mini-vulcano’.
Poi, un giorno, sono salito sul kart che mi regalò mio padre, Milton: è stato allora che ho trovato me stesso, veramente. Allora, eravamo solo io, la macchina e la pista. Solo io e il tempo. Tutto qui, sono un pilota. E per un pilota, la battaglia è sempre contro il tempo. Ma non solo contro il tempo. Una gioia senza pari. Avventura, adrenalina. Pura corsa.
Quando ero ragazzo, volevo solo correre… e vincere, per me. Penso che, dopo vent’anni di attività in pista, ho imparato che nessuno vince da solo. Per questo, non ho mai smesso di correre. Perché, quando sono in macchina, so che non sono mi da solo
La toccante sequenza si chiude con il piccolo Ayrton che saluta la telecamera, come a congedarsi. Ma non è tutto: prima dei titoli di coda finali, il giovane Senna sfuma nel Senna maturo (e reale), che, in una nota intervista, esorta chiunque lo ascolti a perseguire con tenacia i propri obiettivi.
In chiusura, la serie propone una sorta di riassunto per immagini (di repertorio) della vita privata e della carriera, includendo anche avvenimenti non direttamente trattati nei sei episodi. Eccone un elenco non esaustivo
- La pace tra Senna e Prost, sancita dal brasiliano ad Adelaide, nel 1993, dopo aver vinto l’ultima gara in Mclaren: Senna fa salire sul gradino più alto del podio il nemico di sempre, abbracciandolo
- Il famoso ‘Giro degli dei‘: sempre nel 1993, a Donington, in Inghilterra, sotto una pioggia battente, Senna, partito dalla quarta posizione, in una sola tornata riuscì ad andare in testa alla corsa, superando, da ultimo, proprio Prost
- Un incontro tra Senna e Tina Turner, grande fan del campione
- L’incidente del francese Erik Comas, a Spa, in Belgio, nel 1992. Dopo che la sua Ligier rimbalzò in mezzo alla pista dopo uno schianto, Senna, che stava per transitare, accostò la propria vettura, e aiuto il collega, in quel momento privo di sensi, a uscire dall’auto, prima che potesse scoppiare un fatale incendio.
Senna (qui la nostra recensione) è una miniserie scritta da Vicente Amorim, con Gabriel Leone, in streaming esclusivo su Netflix