La serie: 1923, del 2023. Creata da: Taylor Sheridan. Cast: Harrison Ford, Helen Mirren, Timothy Dalton Genere: neo-western, storico. Durata: 55 minuti/8 episodi. Dove l’abbiamo visto: Su Paramount Plus, in lingua originale.
Trama: Jacob Dutton e sua moglie Cara sono i proprietari del ranch di Yellowstone. Un’improvvisa penuria di erba causa continue tensioni con gli allevatori di pecore, e il precipitare degli eventi attirerà l’attenzione del ricco e spregiudicato Donald Withfield. Intanto il giovane Spencer Dutton, reduce dalla Grande Guerra, è alla ricerca di una nuova vita in Africa.
Taylor Sheridan è inarrestabile. Dopo il successo mondiale del suo neo-western Yellowstone, giunto ora alla quinta (e ultima?) stagione, e quello del suo lontano prequel 1883, con Sam Elliott e Tim McGraw, il regista e produttore americano prosegue la sua saga generazionale dedicata alle vicende della famiglia Dutton a cavallo tra i secoli.
Rispetto al primo prequel, Sheridan sposta ora in avanti le lancette di quarant’anni e ci propone 1923, un racconto in due stagioni ambientato nel Montana negli anni Venti, tra proibizionismo, innovazioni tecnologiche e postumi della prima guerra mondiale.
I protagonisti sono due star del grande schermo, Harrison Ford ed Helen Mirren, mentre l’ex James Bond Timothy Dalton dà il volto a un potente antagonista senza scrupoli, e Jerome Flynn (Game of Thrones) interpreta il povero e spregiudicato allevatore di pecore scozzese Banner.
Ma ne vale la pena, o la quantità sta iniziando a superare la qualità? Ecco la nostra recensione di 1923, su Paramount Plus.
La trama: venti di crisi nel ranch di Yellowstone
La serie si apre con una scena senza contesto, che verrà chiarita soltanto successivamente: l’anziana Cara sorprende un malfattore steso a terra e, dopo un’esitazione che potrebbe costarle la vita, lo giustizia con una fucilata.
Sono ormai passati quarant’anni dai tempi di 1883, e ora è Jacob Dutton, fratello di James, a condurre il ranch di Yellowstone insieme a sua moglie Cara.
Là fuori, il progresso è alle porte: in città sono già arrivati la luce e i primi elettrodomestici, e iniziano a emergere tante altre novità. Nei paraggi del ranch, però, soffiano venti di crisi: le locuste stanno divorando l’erba a valle, e gli allevatori sono costretti a portare il bestiame ad altitudini sempre maggiori.
I poveri allevatori di pecore incalzano i possidenti terrieri e portano le proprie mandrie a pascolare nei loro latifondi, ma Jacob, spalleggiato dallo sceriffo locale, si batte per fermare queste continue incursioni.
Il suo giovane e fedele pronipote, Jack, ama la dura vita del ranch di famiglia e sta per sposarsi con la bella Isabel.
Suo nipote Spencer, invece, è reduce dagli orrori della prima guerra mondiale, e ora vaga senza meta per l’Africa, cacciando a pagamento leopardi, iene e altri feroci predatori della savana per proteggere i turisti. Le trincee ancora tormentano la sua mente, e per continuare a sentirsi vivo ha bisogno di trovarsi di fronte al brivido del pericolo costante.
L’incontro con la bella Alexandra e una lettera di sua zia Cara, però, lo costringeranno a intraprendere una drastica inversione di rotta.
Nel frattempo, la giovane nativa americana Teonna, reclutata a forza in una scuola cattolica locale, subisce ogni genere di violenza e abusi per mano della crudele suor Mary, e dell’ancor più spietato padre Renauld. La sua indole ribelle, tuttavia, la porterà a sfidare le regole dell’istituto.
Il potere della narrazione
Ancora una volta, Taylor Sheridan ci conferma la sua incredibile capacità affabulatoria: la sceneggiatura di 1923 ha la profondità e l’ampio respiro di un romanzo d’autore, e riesce tenerci incollati allo schermo dosando sapientemente azione e riflessione, narrazione e descrizione.
Da un lato, il regista si preoccupa di immergerci nell’epoca che dà il titolo alla serie, fotografando il West americano alla vigilia di un cambiamento epocale. Al tempo stesso, tuttavia, è attento a non allentare mai il ritmo e la tensione, e a proporci un intreccio intenso e avvincente.
Dall’apertura in media res al voiceover iniziale di Isabel May (Elsa Dutton), per approdare a tre storyline non allineate a livello cronologico, la sceneggiatura ricorre a un vasto arsenale di tecniche narrative per catturare la nostra attenzione.
Attraverso le vicende, gli intrighi e le emozioni che scandiscono i vari episodi, Sheridan cerca però soprattutto di trasmetterci una poetica d’autore, una visione universale dell’esistenza che si fonda su due elementi: il sangue e la terra.
“La violenza – esordisce la narratrice Elsa Dutton dopo averci mostrato Cara intenta a giustiziare il misterioso malfattore – ha sempre accompagnato questa famiglia“.
“Io posseggo ciò per cui la mia famiglia ha combattuto. Vuoi combattermi per prenderlo?“, replica poco dopo Jacob Dutton alle accuse del pastore Banner, che lamenta la disuguaglianza tra i vari lotti a disposizione degli allevatori.
Il sogno americano, ci avvisa l’autore, è nato nel sangue e nella violenza, ed è fiorito solo grazie alla tenacia e alla fatica quotidiana di chi ha scelto di mettere radici in questa terra.
Attorno a questi due elementi chiave, tuttavia, c’è anche spazio per il dolore di chi non riesce più a trovare un posto nel mondo a causa della guerra, e per la denuncia contro gli abusi perpetrati dalle scuole cattoliche sui nativi americani.
Il cast: grazie a Ford e Mirren, 1923 supera anche Yellowstone
Grazie alla sapiente scrittura di Sheridan, tutti i personaggi della serie emergono con profondità e lasciano il segno, da Spencer a Teonna, dal giovane Jack allo spregiudicato Donald Withfield, e dal disperato Banner alla bella Alexandra.
È però soprattutto merito del talento di Harrison Ford ed Helen Mirren se, al vertice di questa riuscita galleria di personaggi, spiccano i profili monumentali di Jacob e Cara Dutton.
Non si tratta di una coppia di eroi con una missione da compiere, o un sogno da realizzare: i due protagonisti desiderano soltanto difendere ciò che la loro famiglia ha conquistato quarant’anni prima, e trascorrere la vecchiaia conducendo la dura vita dei mandriani e amministrando con prudenza e fatica il ranch di Yellowstone.
Appena al di là dei loro modi burberi, però, emergono due individui profondamente umani, che non hanno mai smesso di amarsi a vicenda con tenerezza e passione.
Attenzione a non affrettare i giudizi: sulle prime potrebbe sembrare che l’unica stella sia il Jacob di Harrison Ford, con la sua zelante e ostinata difesa del ranch, mentre Helen Mirren venga relegata a brillare di luce riflessa nel ruolo della donna di casa.
Le cose, però, sono destinate a cambiare radicalmente con il passare degli episodi, e il personaggio di Cara emergerà con forza e autorevolezza nella seconda metà della serie: la sua è una figura davvero emancipata, per quanto lontana anni luce dai ripetitivi stereotipi propugnati dal femminismo contemporaneo.
Il risultato complessivo è un ritratto profondo e incisivo, che sancisce un netto sorpasso sulla serie madre: non servono molti minuti per constatare come l’alchimia attoriale del duo Ford-Mirren sia decisamente più riuscita, intensa e convincente di quella che lega Kevin Costner ai suoi comprimari nella pur ottima Yellowstone.
Un nuovo baricentro narrativo per la saga
Concludiamo con un chiarimento essenziale: per seguire e apprezzare 1923 non è affatto necessario aver visto Yellowstone, né il prequel 1883.
Proprio come un grande ciclo generazionale di romanzi, l’epopea dei Dutton è articolata in vari capitoli indipendenti, che non richiedono allo spettatore di conoscere per forza gli altri anelli della plurisecolare catena di eventi di cui fa parte.
Con questa eccellente stagione d’esordio e un secondo ciclo di episodi già in produzione, 1923 rappresenta un nuovo fulcro narrativo e un ottimo punto di partenza per iniziare a esplorare l’universo narrativo di Yellowstone per la prima volta, e finisce anzi per ergersi a vero baricentro della saga.
Dopo l’escursione nel western “duro e puro” vista in 1883, con le carovane, la frontiera, i cowboy e gli indiani, il nuovo telefilm si rituffa nella modernità e, sulla falsariga della serie madre, si sposta piuttosto sul moderno filone neo-western.
La storia, infatti, non è più quella di un mondo sconosciuto da conquistare, bensì quella di una dinastia familiare impegnata a tenere in piedi il proprio impero tra intrighi, progresso, politica e minacce, proprio come nel caso dell’odierna Yellowstone.
Al tempo stesso, però, 1923 marca una forte distanza anche dalla serie madre proponendoci un universo ancora profondamente radicato nella tradizione e nel mito del selvaggio West.
Jacob e Cara sognano di condurre un’esistenza isolata dal resto del mondo, indipendente dall’energia elettrica e dalle mille trappole del progresso, anche se all’orizzonte già si staglia una nuova era e, con essa, anche l’ombra della Grande Depressione.
Vietato parlare di “midquel”, di tassello di congiunzione o di serie ponte tra 1883 e Yellowstone: 1923 brilla di luce propria, e funziona benissimo anche da sola.
Così bene da alzare di molto l’asticella per i prossimi capitoli della saga…
La recensione in breve
Dopo i successi di Yellowstone e 1883, un Taylor Sheridan in stato di grazia colpisce nuovamente nel segno e, grazie alle prove attoriali di Harrison Ford ed Helen Mirren, ci regala la miglior serie dell'epopea western della famiglia Dutton. Tra sangue e terra, amore e violenza, 1923 è un maestoso romanzo d'autore per immagini.