La serie: Sei pezzi facili, 2022. Creata da: Paolo Sorrentino. Genere: Comico. Cast: Valerio Aprea, Paolo Calabresi, Geppi Cucciari, Valerio Mastandrea, Carlo De Ruggieri, Cristina Pellegrino, Giordano Agrusta, Massimo De Lorenzo. Durata: Sei episodi di varia durata. Dove l’abbiamo visto: su Rai3 e su Rai Play.
Trama: Sei pièce teatrali messe in scena per la tv, sotto la direzione artistica e la regia di Paolo Sorrentino. Un progetto dedicato al genio di Mattia Torre, interpretato da attori-amici, compagni di tante avventure di cinema, teatro e fiction.
Per capire chi sia stato Mattia Torre, tra i più bravi autori italiani, scomparso nel 2019, basta leggere uno dei suoi racconti (oltre che sottoporsi a massacranti binge watching di Boris). Non c’è bisogno di chissà quale artificio: aprite il libro e lasciatevi andare alle sue parole. In pochi secondi si materializzeranno davanti ai vostri occhi i protagonisti di quelle storie. Uomini e donne imperfetti, impauriti, a volte inconcludenti, immersi fino alla cima dei capelli in una vita che li mette in crisi. Dovessimo dire quale sia il tratto distintivo di questo autore unico sceglieremmo proprio questo: la capacità di descrivere l’esistenza in tutte le sue dinamiche più assurde.
Ecco perché la trasposizione televisiva dei suoi monologhi teatrali, diretti per l’occasione da Paolo Sorrentino, rappresenta nella TV di oggi un unicum prezioso, come vedremo nella nostra recensione di Sei pezzi facili.
La trama: la commedia umana secondo Torre
In Sei pezzi facili troviamo sei opere teatrali di Mattia Torre, sei piccoli capolavori di comicità assurda: Gola, Migliore, Perfetta, 456, In mezzo al mare e Qui e ora. In verità, facili proprio non sono. Perché a dispetto della loro leggerezza ritraggono tante mini tragedie quotidiane. La protagonista di Perfetta, per esempio, è una venditrice d’auto che deve battere un collega bravissimo e nel contempo riflette sulla ciclicità dell’essere donna.
Mentre tale Alfredo Beaumant, il protagonista di Migliore, vede la sua vita cambiare a causa di un incidente. Ma non mancano l’uomo disperato che vede il volto della donna amata sulle strisce pedonali (In mezzo al mare), un microcosmo familiare imbevuto di ferocia (456), due scooteristi che si scontrano in un pezzo di città lontana da tutto (Qui ed ora). E infine, il teoreta del cibo, la più potente arma di distruzione di massa dell’emisfero occidentale (Gola).
Chi siamo noi?
Appare evidente, quindi, come i personaggi di Mattia Torre siano l’antitesi della perfezione. E, proprio per questo, ci rispecchiamo in essi, provando una certa soddisfazione a essere rappresentati con tutti i nostri pregi, difetti. E le singolarità bislacche. Ma la domanda che dovremmo farci non è tanto se siamo davvero così o meno (lo siamo, punto). Quanto come sia riuscito Mattia Torre a scoprire le nostre magagne con tale precisione.
Per dare una risposta al quesito forse non basterebbero migliaia di parole, ma scegliamo la via della sintesi e diciamo che la bravura di Mattia Torre è pura e semplice capacità di osservare il prossimo. Una dote rara tutta concentrata nel suo sguardo carico di pietas, mai feroce eppure pungente. Descrivere gli anfratti più reconditi dell’animo umano con tale profondità e leggerezza è prerogativa di pochissimi, grandi, narratori. E Mattia Torre è stato uno di loro.
Ma questo lavoro non avrebbe potuto essere svolto senza il gruppo di interpreti che così bene hanno incarnato la filosofia di Mattia Torre, il suo pensiero. Dell‘ensemble di formidabili attrici e attori, che hanno reso possibile la riuscita dell’operazione Sei pezzi facili, fanno parte tutte e tutti coloro che Mattia ha amato dal profondo: Valerio Mastandrea, Geppi Cucciari, Paolo Calabresi, Massimo De Lorenzo, Cristina Pellegrino, Carlo De Ruggieri, Giordano Agrusta.
Il migliore: Valerio Mastandrea
Valerio Mastandrea è il migliore e il giudizio non vuol essere un demerito per gli altri, ovviamente. Da un lato ci riferiamo al titolo del suo monologo, dall’altro vogliamo rendere omaggio a una prova attoriale maiuscola, in cui l’interprete romano, quasi fuori dalla comfort zone, ha saputo rendere vive tutte le sfumature del suo personaggio, un uomo mite, spesso e volentieri vessato dal prossimo che dopo un terribile incidente si trasforma, diventando cattivo (o forse più gelido). Una metamorfosi che spinge gli altri a venerarlo e riverirlo, in una dialettica sadomasochista destinata a ripetersi all’infinito. Con la sua presenza scenica Mastandrea è insieme vittima e carnefice. Modula con la voce i più piccoli slittamenti della personalità del suo Alfredo Beaumont, regalandoci una prova colossale.
La Repubblica delle tielle
Valerio Aprea è uno dei tanti corpi di Mattia Torre. E parliamo di corpo perché di volta in volta le sue parole prendono vita attraverso ossa, muscoli e pelle sue e dei suoi interpreti. Con risultati memorabili. Tante volte Aprea ha portato sul palcoscenico i testi di Torre e sempre li ha illuminati di luce nuova. Impossibile trattenere le risate quando racconta per filo e per segno le gesta di una repubblica fondata sulla tiella. E quanta verità c’è in quelle riflessioni sulla fame atavica degli italiani, sulle nonnine di sana e robusta costituzione che ci hanno nutrite e nutriti a botte di pasta e polli ripieni (di altri animali, ça va sans dire). Aprea è il protagonista di un altro memorabile monologo di Mattia Torre, In mezzo al mare, che dà anche il titolo alla raccolta pubblicata ad aprile del 2019 per Mondadori (seguita da A questo poi ci pensiamo, nel 2021). Un’opera complessa in cui umorismo e tragedia si fondono in una vicenda kafkiana di amore e colpa.
Teatro e TV
Sei pezzi facili è un’opera impagabile perché prova a fondere due media che hanno ben poco in comune. Il teatro è arte dell’attore, un’arte che si consuma nel momento esatto in cui viene celebrata. Quando la performance diventa subito memoria, forse un po’ annebbiata, confusa nei contorni, ma sempre vitale. La TV è invece il regno della ripetizione, della cronaca, anche sguaiata. Eppure, Mattia Torre amava visceralmente entrambi (pur con qualche comprensibile dubbio sul piccolo schermo).
Ecco perché è proprio la figura di Torre l’ideale trait d’union tra questi due universi. Lontano, come formula, dal teatro in diretta di Eduardo De Filippo che fu un vanto della Rai negli anni ’50, Sei pezzi facili è ripreso in un spazio teatrale gremito. Per sua stessa ammissione Paolo Sorrentino (già epocale in Boris nei panni di Matteo Garrone) non ha toccato l’idea di teatro di Torre, ma si è limitato a una regia con pochi momenti cinematografici. Verrebbe da dire una regia invisibile, proprio perché gli spettacoli erano e sono perfettamente compiuti.
Di meglio non c’è
In questa impossibilità a migliorare c’è l’unico limite di questa pregevole operazione, così perfetta come testimonianza del lavoro di Mattia Torre da non poter essere perfezionata o arricchita. Anche dalla regia di un grande autore come Paolo Sorrentino, ottimo nel restituire il ritmo delle parole di Torre. Com’era naturale che fosse, la sua direzione ha fatto un passo indietro rispetto alla potenza dei personaggi, alle loro storie. Forse è per questo che non abbiamo particolarmente amato certe risate posticce (o che ci sono arrivate come tali) nei primi due spettacoli. Un piccolissimo neo che non cambia gli equilibri di Sei pezzi facili. Tutti e sempre da godere.
I prossimi appuntamenti in TV, su Rai3 e su Rai Play saranno il 3 dicembre con Paolo Calabresi protagonista di Qui e ora. Il 10 dicembre toccherà a Giordano Agrusta, Massimo De Lorenzo, Cristina Pellegrino e Carlo De Ruggieri in 456. Infine, il 17 dicembre sarà ancora la volta di Valerio Aprea con in mezzo al mare.
La recensione in breve
Se volete conoscere un autore gigantesco come Mattia Torre gustatevi questo piccolo gioiello di perfidia e umanità. 6 pezzi facili è un regalo di cui godere a lungo, un'eredità che fortunatamente non ci verrà mai tolta.
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Voto CinemaSerieTv