La serie: Blockbuster, del 2022. Creata da: Vanessa Ramos. Cast: Randall Park, Melissa Fumero, J. B. Smoove, Tyler Alvarez, Olga Merediz, Madeleine Arthur, Kamaia Fairburn. Genere: Sitcom. Durata: 30 minuti ca./10 episodi. Dove l’abbiamo visto: Su Netflix, in lingua originale.
Trama: Dopo la chiusura di altri sette negozi, il Blockbuster gestito da Timmy Yoon si ritrova a essere l’ultima attività superstite di quella che fino a qualche anno prima era la più grande catena di videonoleggio degli Stati Uniti. Ma come si può sopravvivere con un’attività di questo tipo al tempo di Netflix?
Blockbuster è entrata a far parte del catalogo Netflix. Basterebbe soltanto questa frase per strappare un sorriso amaro agli spettatori che conservano un pizzico di memoria storica: in origine, anche il colosso dello streaming di Reed Hastings era una catena di videonoleggio, acerrima rivale di Blockbuster. Poi il drastico cambiamento della tecnologia e delle abitudini degli spettatori ha fatto crollare l’impero in franchising di Blockbuster, e soltanto il celebre punto vendita di Bend, in Oregon (a cui la serie è molto liberamente ispirata) è riuscito a sopravvivere.
Dopo aver annientato l’azienda rivale, Netflix ci propone una sitcom che racconta questa svolta storica con tanta autoironia: gli appassionati di cinema possono davvero fare a meno del contatto umano e dei consigli del personale di una catena di videonoleggio? L’algoritmo di una piattaforma streaming è davvero in grado di sostituire la passione di uno staff di appassionati?
La nuova serie tv di Vanessa Ramos (Brooklyn Nine-Nine, Superstore) affronta l’argomento provando a bilanciare risate e nostalgia: scopriamo come se la cava nella nostra recensione di Blockbuster.
La trama: come sopravvivere ai tempi dell’algoritmo
Timmy Yoon è il gestore di un punto noleggio Blockbuster, ma, prima di tutto, è un sognatore che coltiva un amore senza tempo per il grande cinema: la cultura pop contemporanea per lui non ha segreti, e riesce sempre trovare il titolo giusto per i clienti che si rivolgono a lui e al suo staff in cerca di consigli.
Gli affari, però, non vanno molto bene: sempre più persone sottoscrivono l’abbonamento Netflix, e solo qualcuno di costoro fa ritorno, pentito, lamentandosi del fatto che quando naviga sulla piattaforma non c’è più nessuno a guidarlo nelle sue scelte.
“L’algoritmo mi consiglia sempre The Great British Baking Show – protesta un cliente – e questo mi disturba, perché Amanda mi ha lasciato per un pasticcere di Manchester conosciuto su Facebook!“.
Un giorno, però, le cose cambiano drasticamente: prima di abbassare la cornetta e sparire per sempre, il referente della catena Blockbuster comunica al protagonista che gli ultimi altri sette punti noleggio in franchising hanno chiuso i battenti, e l’azienda è in liquidazione.
Con il suo negozio superstite, Timmy Yoon è ufficialmente l’ultimo manager di Blockbuster! Ma riuscirà davvero a fare fronte ai costi dell’affitto, alla necessità di effettuare un taglio al costo del personale e, soprattutto, a riportare la clientela nel suo negozio?
Una trovata virale durante la festa di addio alla catena Blockbuster sembra avere momentaneamente salvato la situazione, ma la minaccia della chiusura è sempre dietro l’angolo…
Il cast e i personaggi
Come spesso accade nel mondo delle sitcom, il cuore e l’anima della serie Blockbuster risiedono nell’indubbia bravura suo cast e nei suoi personaggi, che svolgono un ottimo lavoro nel mantenere a galla il telefilm nel corso dei 10 episodi della prima stagione.
La star della serie è indubbiamente Randall Park (Fresh Off The Boat, The Interview, Ant-Man and the Wasp), che dà il volto al protagonista Timmy: con la sua ottima performance, sempre in bilico tra momenti esilaranti e nostalgici scorci di riflessione, riesce a farci viaggiare nel tempo fino all’età d’oro del videonoleggio.
Al suo fianco c’è la sua cotta di sempre, Eliza Walker (Melissa Fumero), che lavora nel negozio di Timmy per riuscire a pagare l’affitto del suo appartamento dopo il divorzio dal marito: oltre a essere una dipendente fidata, Eliza è anche e soprattutto la confidente del protagonista, a cui Timmy non è mai riuscito a confessare i propri sentimenti.
Tra risate e romanticismo si muove anche la figura di Carlos (Tyler Alvarez), un giovane impiegato che sogna di seguire le orme di Quentin Tarantino, trasformandosi da umile membro dello staff di un Blockbuster a grande cineasta di Hollywood. Ora, però, anche il punto di partenza di questa improbabile scalata sembra minacciato, a causa dei guai della catena di videonoleggio, ma anche per via dell’arrivo di un nuovo stagista più bravo di lui, Rene (Keegan Connor).
Olga Merediz, invece, è la burbera e irriverente Connie Serrano, storica dipendente del punto vendita, mentre Madeleine Arthur interpreta Hannah, una ragazzina ingenua e impacciata, decisamente impreparata per il suo lavoro, ma incredibilmente buona e gentile.
Memorabile è anche la figura di Percy (J. B. Smoove), migliore amico di Timmy e proprietario dell’immobile in cui si trova il Blockbuster, che continua a sostenere la causa del piccolo videonoleggio non tanto per amore del cinema e della tradizione, bensì per mantenere un legame con sua figlia Kayla (Kamaia Fairburn), che continua a lavorare nel negozio, seppur malvolentieri.
In definitiva, le frizzanti performance del cast risultano efficaci e coinvolgenti, malgrado gli evidenti limiti di una sceneggiatura che si ostina a proporre dinamiche decisamente prevedibili e stereotipate.
Una sceneggiatura piatta e priva di originalità
Ed eccoci, purtroppo, alla nota dolente. Blockbuster nasce da uno spunto narrativo brillante e poetico, e si avvale di un cast decisamente all’altezza delle aspettative, ma anche allo spettatore più distratto non sfuggirà la debolezza di una sceneggiatura mai originale e ispirata, che rischia di compromettere tutti gli altri ingredienti della serie.
Lo show sembra uscito in ritardo di oltre un decennio, e continua a muoversi tra dinamiche stereotipate e decisamente già viste, dall’amore mai confessato che Timmy nutre per Eliza alle rivalità e siparietti tra colleghi, che sembrano scimmiottare svogliatamente quanto già visto in produzioni ben più importanti.
La scrittura è piatta e derivativa, e le deboli sottotrame inserite nel racconto per ampliare la durata della storia sembrano rubare più di una pagina alle serie che l’hanno preceduta, nella convinzione che in fondo lo spunto iniziale sia più che sufficiente a sorreggere l’intero impianto del telefilm.
Certo, l’approccio poco originale e decisamente tradizionalista al genere della commedia è senz’altro voluto, ed è inequivocabilmente connesso al sapore retrò che contraddistingue l’anima stessa della serie tv.
Di per sé l’operazione è più che legittima, e non priva di fascino: è bello rivedere sui nostri schermi una sitcom classica, ma è proprio nel suo tentativo di far rinascere i temi salienti del filone che Blockbuster manca, e di molto, il bersaglio: le battute e le situazioni comiche non fanno mai davvero ridere, e i momenti in cui la narrazione sembra quasi sul punto di proporci il classico coro di risate di sottofondo sono spesso i più deboli della puntata, anziché risultare quelli più memorabili.
Il potere della nostalgia
A salvare la serie dal naufragio interviene però la sua anima più profonda, con la sua riflessione quasi filosofica sul cambiamento inesorabile, sulla perdita della dimensione umana nella fruizione cinematografica di oggi e sulla difficile lotta di chi ancora sceglie di ergersi a baluardo di una realtà che ormai sta scomparendo.
Se è vero che Blockbuster riesce raramente a far ridere di gusto, bisogna constatare come invece sia molto abile nello strappare più di un sorriso amaro nelle poche occasioni in cui lascia da parte i tratti salienti della sitcom e si lancia nella meta-riflessione.
Occasioni che, purtroppo, rimangono tali, e non permeano l’intero racconto, ma nonostante tutto riescono a ritagliarsi uno spazio nell’immaginario dello spettatore.
“Non trovate ironico – osserva Eliza in quello che con ogni probabilità è il momento più memorabile della prima puntata – che una piccola attività che si ribella alla grande multinazionale in questo caso specifico sia un franchise di un’ex grande multinazionale che si chiama proprio come il genere di film che ha sterminato i piccoli film indipendenti?“.
Con i suoi tanti (forse troppi) difetti di sceneggiatura, Blockbuster riesce comunque a evocare pensieri e sensazioni profonde negli spettatori che hanno vissuto la grande stagione del videonoleggio, e a suscitare la nostalgia per un passato che forse abbiamo dato troppo per scontato.
Del resto, come si diceva in apertura, il semplice guardare su Netflix una serie che ha nella stessa Netflix il principale antagonista del racconto non può che indurci a riflettere sul mondo che ci circonda.
La speranza è che, in caso di rinnovo per una seconda stagione, questa possa diventare la direzione prevalente della serie, e che anche le gag riescano a sintonizzarsi su questa linea.
La recensione in breve
Blockbuster sfrutta nel migliore dei modi l'effetto nostalgia per farci riflettere sulla scomparsa del videonoleggio e sul cambiamento delle nostre abitudini cinematografiche, ma la serie è frenata da una sceneggiatura soprendentemente piatta, derivativa e poco ispirata
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