La serie: Esterno Notte. Regia: Marco Bellocchio. Cast: Fabrizio Gifuni, Tony Servillo, Margherita Buy, Fausto Russo Alesi, Daniela Marra, Fabrizio Contri, Pier Giorgio Bellocchio. Genere: Drammatico. Durata: 58 minuti ca./6 episodi. Dove l’abbiamo visto: su Netflix.
Trama: È il 16 marzo 1978, una data che la storia italiana è destinata a ricordare per sempre senza riuscire a trovare mai un compromesso con quanto accaduto. In quel giorno, infatti, il nuovo governo presieduto da Giulio Andreotti si prepara per andare in Parlamento per ottenere la fiducia. Nello stesso momento, però, la macchina di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, viene intercettata e bloccata in via Mario Fani, a Roma, da un gruppo delle Brigate Rosse. Le conseguenze sono drammatiche. Nello scontro a fuoco, infatti, è assassinata tutta la scorta di Moro che viene rapito. La notizia immediatamente dilaga e mette in allarme tutto un paese che, in questo atto così forte e detonante vede anche la minaccia di un colpo di Stato. Da quel momento trascorreranno ben cinquantacinque giorni che metteranno in evidenza tutta la viltà e la profonda sete di potere insita in alcuni personaggi politici, pronti a tutto pur di non veder vacillare i propri privilegi. A pagare il prezzo più alto, dunque, sarà proprio Moro ed un paese intero. Quello stesso di cui aveva così attentamente valutato e immaginato il futuro.
Dopo 22 anni dal suo Buongiorno, Notte, presentato al Festival di Venezia, Marco Bellocchio torna a parlare di Aldo Moro e del significato politico, culturale e personale che la sua morte ha avuto per un paese intero. E’ un dato di fatto, infatti, che il destino di quest’uomo mite eppure capace di vedere con grande lucidità il futuro rappresenti ancora oggi un peso che fa sentire la propria presenza sulla coscienza di un’intera generazione. E non solo.
Perché sia per chi ha vissuto attivamente l’Italia della fine degli anni settanta, sia per chi è cresciuto all’ombra di quell’assassinio complesso e sfaccettato, la morte di Moro ha rappresentato un confine netto dal quale è stato impossibile ritornare indietro. Una sensazione che Bellocchio mette chiaramente in evidenza nel suo Esterno Notte che, dopo una prima distribuzione a puntate sui canali Rai, oggi arriva anche sulla piattaforma Netflix.
In questo modo, dunque, sarà possibile scegliere una visione “cinematografica” oppure scandagliata a episodi. Qualunque sia l’opzione preferita, però, ora proviamo, attraverso la recensione di Esterno Notte, a mettere in evidenza gli aspetti essenziali di questa narrazione così particolare.
Trama: cinquantacinque giorni per cambiare un paese
Alla fine degli anni settanta l’Italia è sconvolta da scontri in piazza particolarmente violenti. Le manifestazioni, infatti, prendono sempre di più la forma di una vera e propria rivolta di massa o di un terreno di scontro dove manifestanti e forze dell’ordine si confrontano senza troppi complimenti. Sono quelli che i libri di Storia ricordano come gli anni di piombo. Un periodo in cui attentati, rapimenti e gambizzazioni lasciano una drammatica scia di violenza.
Mentre tutto questo impazza all’esterno, nei palazzi della politica sta accadendo qualche cosa di particolare, probabilmente storico. Grazie alla visione lungimirante di Aldo Moro, leader della Democrazia Cristiana, per la prima volta si sta per insediare un governo DC che ha il sostegno del Partito Comunista guidato da Berlinguer. Una sorta di compromesso storico che, però, potrebbe risultare scomodo per molte persone. In primis per chi non vuole cedere o condividere i propri privilegi, per chi teme l’avanzare del pericolo rosso e, per ultimo, per chi abbraccia delle idee più radicate. Tutti elementi che portano al rapimento dello stesso Moro e al suo successivo assassinio, dopo cinquantacinque giorni di prigionia.
Fare pace con la Storia
Quando il 9 maggio 1978 il corpo di Aldo Moro venne ritrovato nel portabagagli di una Renault 4 in via Caetani, simbolicamente a metà strada tra la sede della Democrazia Cristiana e quella del Partito Comunista, fu immediatamente chiaro che da quell’evento detonante e dalle immagini strazianti gli italiani non ne sarebbero usciti facilmente. Ed è chiaro che, a molti anni di distanza e con una realtà culturale diversa, non ne siamo ancora fuori.
È come se, ogni volta in cui si narra la vicenda di Aldo Moro, si venisse inondati dalla sensazione di un forte rimpianto di fronte ad un’occasione mancata. Una tristezza che accomuna tutti e che si fa sentire anche nelle immagini e nella struttura narrativa scelta da Bellocchio. Trasportato da questo sentimento, il regista abbandona definitivamente qualsiasi velleità di rabbia che, con molta probabilità deve averlo mosso negli anni giovanili. Oggi, piuttosto, con la maturità ed una visione più completa, offre un viaggio verso la comprensione.
Una scelta che, però, non prevede nessun tipo di ammenda. Piuttosto cerca di riempire i vuoti lasciati dalla storia, prova a smascherare gli uomini dietro la corazza politica e a dare un senso all’immagine di un paese ferocemente arrabbiato. Perché quello che traspare chiaramente fin dalle prime immagini di Esterno Notte è la condizione di guerriglia, di eterno conflitto civile in cui si era lasciata andare una generazione. Un’esplosione di violenza e distruzione cieca che Moro sembra guardare da lontano, protetto dai suoi privilegi ma che, in realtà, ai suoi occhi raccontano la storia di una gioventù drammaticamente persa.
La stessa rabbia che porta agli atti violenti di un terrorismo interno che Bellocchio condanna senza nessun tipo di appello ma che, al tempo stesso, è stato nutrito e strumentalizzato dalla politica. Un ambito formato da uomini di potere spesso tentennanti, indecisi che, nella vicenda specifica di Moro, hanno messo davanti all’uomo il simbolo politico, trasformandolo in una vittima del sistema di potere piuttosto che salvarlo.
Anche nei loro confronti, però, Bellocchio prova a fare un passo avanti, a indagare nei loro animi alla ricerca di una debolezza plausibile in grado di scusare quanto accaduto. Per tutti, tranne che per la figura di Andreotti. In questo caso, infatti, si percepisce un distacco emotivo nella descrizione di una figura così conflittuale e, soprattutto, la volontà di mantenere le giuste distanze, non riuscendo ad identificare nessun segno di fragile umanità.
Nel suo insieme, dunque, Bellocchio consegna una narrazione complessa eppure particolarmente empatica, in grado di rimandare un ritratto profondamente umano di un evento di cui la Storia ha tracciato solo le tappe esterne di una cronaca drammatica.
Un’esperienza che va oltre qualsiasi ricostruzione documentaristica e che porta dritta al cuore dei protagonisti, colpendo lo sguardo dello spettatore e, soprattutto, facendolo sentire parte di una scrittura ben più ampia, anche se lontana anni luce dalla sua generazione.
Buongiorno, Notte e Esterno Notte: differenze e similitudini
Quando Bellocchio presentò il suo Buongiorno, Notte colpì profondamente il pubblico e la critica con una vicenda che, partendo da fatti reali, abbraccia un epilogo imprevedibilmente onirico. Nel finale, infatti, cede alla tentazione di ricostruire quel finale tanto sperato nella realtà e mai ottenuto, purtroppo. Le immagini conclusive mostrano un Aldo Moro, finalmente lasciato uscire vivo dalla sua prigionia, camminare per le vie di Roma.
Da quella stessa visione prende il via anche la narrazione di Esterno Notte. Le riprese iniziali, infatti, si riallacciano perfettamente a quel finale mostrando le personalità più in vista della Democrazia Cristiana correre in ospedale dopo aver ricevuto la notizia della liberazione.
Qui, alla presenza di un uomo stremato da quei cinquantacinque giorni, devono reggere il confronto con lo sguardo di chi ha la consapevolezza di essere stato abbandonato. Un essere umano che, dopo quanto ha vissuto, è tornato al mondo diverso e deciso a cambiare completamente la direzione della propria vita.
Ecco, questa sarà l’ultima volta in cui Bellocchio si lascerà andare al sogno. Perché dopo aver mostrato come sarebbe potuto andare se gli uomini accanto a lui fossero stati diversi, cede al richiamo della realtà. Questo vuol dire che Esterno Notte non lascia nessuno spazio alla speranza, piuttosto decide di raccontare la storia attraverso un punto di vista completamente diverso.
Come dice il titolo stesso, dunque, Bellocchio trasporta tutta la narrazione all’esterno. Tanto Buongiorno, Notte ha vissuto di ambientazioni chiuse e soffocanti condividendo ogni attimo della prigionia di Moro, tanto questa serie decide di espandere il racconto a tutto ciò che accade al di fuori di quell’angusta stanza.
In questo modo, dunque, la divisione in cinque episodi, cui si aggiunge un sesto conclusivo, è funzionale per andare a scandagliare un aspetto esterno ben preciso e relativi protagonisti. Che siano i compagni di partito, un clero poco efficace o la figura della moglie, interpretata da Margherita Buy attraverso una dolente consapevolezza, tutti entrano in gioco per andare a definire un ritratto generale dello specifico universo in cui Moro, politico e uomo, ha mosso i suoi passi. Grazie a tutte queste voci che si dividono la narrazione, si ottiene non solo l’immagine di un paese ma anche una visione ben più ampia e personale dell’essere italiani in quel momento specifico. Caratteristiche che, risiedendo in una struttura culturale quasi ancestrale, probabilmente non sono cambiate poi molto.
Roberto Herlitzka e Fabrizio Gifuni: i due volti di Moro
Lasciandosi catturare dall’intenso primo piano dedicato a un Aldo Moro esausto e, in qualche modo, “sconfitto” dalla debolezza dei suoi compagni di partito, è quasi inevitabile un confronto tra i due protagonisti che lo hanno portato sullo schermo. Ovviamente non si tratta assolutamente di un parallelismo volto ad identificare la migliore interpretazione. Cosa di per sé impossibile vista la forte personalizzazione dello stesso personaggio. Quanto, piuttosto, mettere in evidenza gli aspetti valutati e narrati.
Perché a distanza di vent’anni e con un ambito narrativo completamente diverso, è chiaro che anche il modo in cui viene raccontato il personaggio sia sottoposto a dei cambiamenti. Differenze che si notano soprattutto nell’atteggiamento con cui Moro affronta la realtà davanti ai suoi occhi.
Nell’interpretazione di Herlitzka, infatti, troviamo spesso un uomo profondamente celebrare che con i suoi stessi carceriere instaura un confronto intellettivo e generazionale molto intenso. Lo stesso che medita con profonda lucidità su quello che sta accadendo fuori dalla sua stanza e sull’epilogo.
Gifuni, invece, ci consegna un volto più dolente, venato di una dolce malinconia. L’espressione di chi sente di star trasportando “la croce” della propria funzione politica, ma anche dell’uomo di famiglia che, attraverso piccoli gesti quotidiani, si preoccupa del benessere di chi ama.
Grazie a queste due interpretazioni, dunque, Bellocchio ottiene un ritratto finalmente completo, sfaccettato e composto da molti elementi. Un’arte di ricostruzione che riesce ad andare a fondo grazie all’espansione narrativa tipica di una serie televisiva e che, probabilmente, segna il termine di altre interpretazioni della vicenda di Moro. Almeno per lui.
La recensione in breve
A vent'anni da Buongiorno, Notte Marco Bellocchio torna a parlare di Aldo Moro con una serie tv che, grazie ai tempi narrativi più estesi, riesce a dare un quadro veramente completo. Rispetto al film, infatti, in questo caso si va a sondare l'elemento esterno, quello che si dibatte senza troppo successo al di fuori della prigionia di Moro. Un racconto, dunque, che ci consegna un ritratto dove universale e particolare vanno a determinare una realtà che ci appartiene nel profondo. Andando, però, oltre la mera ricostruzione, Bellocchio realizza anche e soprattutto un'orchestrazione emotiva che non lascia scampo.
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