Il film: Everybody Loves Diamonds, 2023. Regia: Gianluca Maria Tavarelli. Cast: Kim Rossi Stuart, Anna Foglietta, Gianmarco Tognazzi. Genere: Azione, commedia. Durata: 6 episodi. Dove l’abbiamo visto: su Prime Video.
Trama: Ispirata alla storia vera del colpo al Diamond Center, la serie segue Leonardo Notarbartolo e la sua improbabile banda di ladri mentre tentano di mettere a segno la rapina del secolo. Mesi di preparazione, intrighi e sospetti reciproci, alternati a momenti esilaranti, per orchestrare l’impresa più epica di sempre.
Chi non ha mai sognato almeno una volta nella vita il colpo grosso? Il riscatto sociale e personale da un’esistenza mediocre, poco soddisfacente, fatta per lo più di briciole? Chi, almeno per una volta, non ha pensato di fare un’enorme follia e poi ricominciare tutto da capo, lontano da tutti e, magari, con il portafoglio più gonfio (ed una fedina penale meno pulita)? Siamo piuttosto sicuri che non pochi si ritroveranno a dover rispondere “io” a queste domande, così come ha fatto Leonardo Notarbartolo e la sua banda sgangherata quando hanno provato (riuscendoci) a rapinare il Diamond Center di Anversa nel 2003.
No, non parliamo di finzione. Se negli anni i colpi di Danny Ocean (tanto quello di Sinatra quanto quello di Clooney) o quelli della banda del Professore ci hanno appassionato, quello di Notarbartolo sicuramente non lascerà indifferenti. Una storia di pura follia, ambizione e desiderio di mostrare di potercela fare. Una storia molto vicina a noi, e con la quale è facile empatizzare proprio perché questo gruppo di ladri “improvvisati” racchiude perfettamente il sentimento del lavoratore medio stanco di essere sfruttato, di dover sopravvivere anziché vivere, Un colpo che vent’anni fa lasciò il mondo con il fiato sospeso, proprio come se si stesse guardando un film.
In questa recensione di Everybody loves diamonds, di cui abbiamo visto i primi due episodi su sei, nuova serie TV originale Prime Video, in arrivo dal 13 Ottobre in streaming sulla piattaforma, scopriremo se l’adattamento seriale rende o meno giustizia alla grande impresa compiuta dal ladro gentiluomo palermitano.
Una storia di riscatto sociale (ma non solo)
Leonardo Notarbartolo (Kim Rossi Stuart) è un uomo qualunque. Una persona che, in fondo, nella vita si è sempre arrangiato fino all’incontro con la moglie Anna (Anno Foglietta), figlia di un conosciuto e importante Generale (Remo Girone) dei Carabinieri di Torino. Una persona un po’ tontolona ma che in realtà nasconde delle qualità, per così dire, fuori dall’ordinario. Facendo l’autista per un gioielliere (Elia Schilton), si ritrova a visitare la mecca dei diamanti: Anversa. Qui si trova il Diamond Center, una delle più grandi banche di diamanti al mondo, dove chiunque conserva e commercia i suoi tesori, dal più piccolo gioielliere al più potente capo di Stato.
E per quanto il luogo sembra essere una fonte di delizie per qualsiasi ladro, nessuno ha mai provato a violare il Caveau, non solo per la sicurezza impossibile da eludere e la sorveglianza della Diamond Police, ma anche per il pericolo di doversi confrontare con gente potente, criminali e mafiosi ben poco felici di essere stati derubati. Eppure a Leonardo questo non importa; o meglio, non lo mette in conto. Il Diamond Center rappresenta una sfida troppo ghiotta per non essere colta. Non un semplice punto di partenza, la possibilità di una vita nuova, piena di agi e ricchezza, bensì un motivo di riscatto, l’occasione di dimostrare al mondo intero di che pasta sia fatto, di cosa sia in grado di fare per puro esibizionismo e piacere di poter dire “ce l’ho fatta, questo l’ho fatto io!”.
Inizia così la macchinazione del “piano perfetto”. Un piano che richiede pazienza e meticolosità, a cominciare proprio dall’apertura di una propria gioielleria per potersi addentrare nel Diamond Center come “cavallo di Troia”, per poi passare al riunire la vecchia banda di ladri: un hacker (Leonardo Lidi), un allarmista (Gianmarco Tognazzi) e una maga delle serrature (Carlotta Antonelli). Ma sarà davvero così semplice portare avanti il piano? E mettiamo anche dovessero riuscire nella folle impresa, saranno in grado di non farsi prendere?
Quando il “respiro internazionale” non basta
Sulla scia delle serie TV heist come la Casa di Carta, così come le riuscitissime serie TV della stessa Prime Video Italia come Bang Bang Baby e The Bad Guy, anche Everybody Loves Diamonds prova a ritagliarsi il suo posticino nel cuore degli appassionati del genere. Una serie TV che punta al respiro internazionale, dalla storia semplice e dinamica che ha tutte le carte in regola per accattivare ed appassionare lo spettatore. Lo scopo della serie TV è indubbiamente quello di creare un rapporto empatico tra pubblico e personaggi, facendo leva sul trope del “la rivincita del nerd” che, come abbiamo visto negli ultimi anni con opere come Smetto Quando Voglio e Mixed By Erry, sembra essere piuttosto vincente, proprio perché orientato a prendere quella fetta di pubblico stanca, frustrata, consumata dal lavoro e dal desiderio di poter avere qualcosa di più.
Le rappresentazioni di questi Robin Hood senza calzamaglia, da un lato accendono la speranza, incoraggiano; al tempo stesso, fanno riflettere su quanto nella vita, a volte, pare essere rimasta unicamente la criminalità come via di fuga. Inutile dire che nel mezzo di questo discorso passa un universo, ed è proprio al centro di questi due estremi che queste storie trovano il loro sviluppo. Indubbiamente questo vale anche per Everybody Loves Diamonds che, però, a differenza delle sue “colleghe” di famiglia Prime Video, non riesce a brillare, restando fin troppo spesso incagliata in stereotipi, clichè e situazioni prevedibili, oltre ad una recitazione che rompe completamente la sospensione dell’incredulità da parte dello spettatore.
Per quanto il soggetto punti su qualcosa di visto e rivisto (fino alla nausea), il tono della serie TV è indubbiamente interessante, quanto meno prova a mescolare il genere della “commedia all’italiana” con quello dell’heist movie, spesso concedendosi un tono più pop, quasi fumettoso. Il vero problema arriva nel trovare un equilibrio tra questa scrittura in bilico tra il realismo e la comicità, provando anche a raccontare il sottobosco degli imbrogli in attesa del colpo della vita. La realtà è che di realismo non c’è nulla. La commedia, e neanche di quella troppo sopraffina, spesso e volentieri fagocita tutto il resto, restituendo un’atmosfera grottesca, paradossale e, se vogliamo dirla davvero tutta, a tratti perfino ridicola.
La regia di Tavarelli prova a compensare, tenta di insistere sul famigerato respiro internazionale, utilizzando il linguaggio filmico tipo dell’heist, più adrenalinico, convulso, dal ritmo serrato da fiato sospeso fino a quando il colpo non è finito, ma il risultato finale è molto lontano dalla premessa. La sensazione è quella di uno sceneggiato che aspira ad essere qualcosa di più ma oltre allo sceneggiato non può, o non vuole, andare. Comprendiamo che due episodi sono pochi, ma non sono poche le situazioni che vengono mostrate.
Si entra immediatamente nel vivo dell’azione, nel fulcro della storia. Nei successivi quattro episodi si avrà indubbiamente modo di esplorare il “viaggio” e l’arco di sviluppo dei personaggi, ma non ci si può aspettare un grande cambiamento di tono o stile, anzi. Senza considerare che in un’era in cui si è sommersi di prodotti e piattaforme, i primi due episodi sono molto più che un biglietto da visita, devono avere quella forza per non perdere lo spettatore. Le frasi da “aspetta che poi dal terzo episodio decolla” non possono essere più ammissibili, senza contare che su una serie TV da sei episodi, due episodi mediocri sono già fin troppi.
Un cast “legato”
Continuando la recensione di Everybody Loves Diamonds, arriviamo al vero punto dolente: il cast. Ci ritroviamo di fronte ad un cast di tutto rispetto, interessante e molto affiatato. Nota positiva è indubbiamente la percezione di una grande armonia e divertimento sul set che dona anche un necessario senso di naturalezza alle performance le quali, purtroppo, non brillano esattamente tanto quanto ci si aspetterebbe (un po’ come la serie in generale). Il problema principale sembrerebbe per lo più legato alla questione del “dialetto”. Gli attori, a cominciare proprio dal protagonista Kim Rossi Stuart, sono unicamente focalizzati sulla parlata, sull’emulare – ma spesso il risultato è un vero e proprio scimmiottamento – un accento più nordico, a discapito di tutto il resto.
Le interpretazioni risultano così legate, costrette in parole che escono a fatica dalle labbra, poco credibili, poco musicali e molto pesanti. Spesso e volentieri ci ritroviamo sul ridondante, in netto contrasto con il ritmo più dinamico della regia. Sembra di essere tornati nel tempo e guardare uno sceneggiato di serie B, anziché essere di fronte ad una novità seriale prodotta da uno dei più grandi servizi streaming, soprattutto se poi l’andiamo a confrontare con le altre opere italiane del catalogo. Non si va mai oltre la macchietta, sembra quasi che il personaggio prenda in giro lo spettatore perché incastrati su di un livello di recitazione da primo anno di scuola di recitazione e, sicuramente, da performer come Gianmarco Tognazzi o Anna Foglietta, conoscendo molto bene fin dove possono realmente spingersi, ci si aspetta molto ma molto di più. Le battute sono lasciate andare quasi senza cognizione di causa, inutilmente enfatizzate, pompose, macchiettistiche.
L’uso, per non parlare di abuso vero e proprio, della rottura della quarta parete per il personaggio di Leonardo, non fa altro che accentuare questa dissonanza, questo contrasto davvero fastidioso che ammazza completamente il lavoro fatto da Kim Rossi Stuart sul personaggio. La rottura della quarta parete può essere uno strumento tanto complice quanto deleterio. Deve essere usato con parsimonia, contestualizzato, attraverso la voce di un performer che sappia come “acchiappare” lo spettatore e farlo sentire coinvolto. In quanto “qualcosa in più”, il suo uso continuo, rompe l’aurea di unicità e conferisce un aspetto più morboso, fastidioso e, a tratti, perfino imbarazzante. Il risultato? Effetto recita scolastica.
Arrivati alla fine della recensione, vogliamo concedere il beneficio del dubbio ad Everybody Loves Diamonds, ma queste premesse iniziali non danno molta speranza nei confronti di un margine di miglioramento. Speriamo di sbagliarci!
La recensione in breve
Everybody Loves Diamonds purtroppo non solo non brilla come un diamante ma non convince nemmeno. Sebbene possa fare affidamento su un setting molto suggestivo ed una storia di rivincita molto amata dal pubblico con cui è più facile entrare in sintonia, non riesce a trovare il suo giusto equilibrio. Ridondante e fin troppo macchiettistica, l'originale Prime Video non è all'altezza dei titoli precedenti, restando incastrata in una comicità stantia che più che far ridere, lascia nel silenzio più imbarazzante possibile.
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Voto CinemaSerieTV