La serie: Fargo 5, 2023. Creata da: Noah Hawley. Genere: Crime, Drammatico. Cast: Juno Temple, Jon Hamm, Jennifer Jason Leigh, Joe Keery. Durata: 10 episodi/50 minuti circa. Dove l’abbiamo vista: Su NOW TV, in anteprima stampa.
Trama: Degli eventi inaspettati mettono Dorothy in difficoltà e la fanno ripiombare in una vita che pensava di essersi lasciata alle spalle.
Sta per tornare il grottesco universo narrativo di Fargo, progetto televisivo di matrice antologica creato da Noah Hawley ed ispirato al film cult del 1996 dei fratelli Coen. Un progetto di straordinaria efficacia che è iniziato con successo strepitoso nel 2014 in occasione della prima stagione con mattatori assoluti Martin Freeman e Billy Bob Thornton, e poi proseguita con altre tre stagioni e destini alterni. Ma mercoledì 22 novembre, con i primi due episodi in esclusiva su Sky e NOW TV, arriva finalmente la quinta stagione di Fargo.
Nella nostra recensione di Fargo 5 ci immergeremo ancora una volta nelle inconfondibili atmosfere del freddo Minnesota e dell’innevato North Dakota, tra santi e peccatori, crimini occulti e vite passate che riemergono con prepotenza. Un racconto che esamina le ragioni e le origini del Male insito nell’indole umana, senza mettere da parte le contraddizioni di un’America conservatrice che assomiglia fin troppo da vicino a quella esaltata dall’amministrazione Trump.
La trama: fuga da un passato violento
Il quinto appuntamento televisivo con Fargo inizia nel 2019, tra gli stati del Minnesota e del North Dakota. Dopo che una serie inaspettata di eventi ha messo “Dorothy ‘Dot’ Lyon” (Juno Temple) nei guai con le autorità, questa casalinga del Midwest, apparentemente tipica, si ritrova improvvisamente catapultata in una vita che pensava di essersi lasciata alle spalle. Lo sceriffo del North Dakota “Roy Tillman” (Jon Hamm) è alla ricerca di Dot da molto tempo. Allevatore, predicatore e costituzionalista, Roy crede di essere la legge e quindi di essere al di sopra della legge.; al suo fianco c’è il suo fedele ma inetto figlio, “Gator” (Joe Keery), che cerca disperatamente di dimostrare il suo valore al padre; peccato che sia senza speranza. Così, quando si tratta di dare la caccia a Dot, Roy arruola “Ole Munch” (Sam Spruell), un oscuro vagabondo di origine misteriosa. Con i suoi segreti più profondi che iniziano a svelarsi, Dot tenta di proteggere la sua famiglia dal suo passato, ma il suo affettuoso e ben intenzionato marito “Wayne” (David Rysdahl) continua a correre da sua madre, “Lorraine Lyon” (Jennifer Jason Leigh), per chiedere aiuto. CEO della più grande agenzia di recupero crediti del paese, la “Regina del debito” non è impressionata dalla scelta di suo figlio di scegliere una moglie e non risparmia occasione per esprimere la sua disapprovazione.
La quinta stagione di Fargo inizia così, con un trittico di nuovi interpreti d’eccezione formato da June Temple, Jon Hamm e Jennifer Jason Leigh ed atmosfere familiari, tra dramma e delittuosità, in quella scomoda area grigia in cui la linea di demarcazione tra Bene e Male consegna i suoi confini all’istinto umano della sopravvivenza. Benvenuti nuovamente in Fargo, serie antologica creata dall’abile Noah Hawley nel 2014 con la sua prima stagione e che il prossimo 22 novembre prosegue con un quinto appuntamento ricco di intrighi ed imprevedibili svolte narrative. Come da tradizione.
Una serie difficile per tempi difficili
“A hard man for hard times”. Così l’allevatore, predicatore e costituzionalista Roy Tillman ama presentarsi e foggiarsi con le persone con cui ha a che fare. Sceriffo nel North Dakota, il protagonista interpretato da un ruvido Jon Hamm nel ruolo di un villain imprevedile e sfaccettato, racchiude tutte le volute contraddizioni e le velate ambiguità di un progetto seriale giunto al suo quinto appuntamento antologico rimanendo miracolosamente fedele a se stesso, ai suoi temi, ai suoi personaggi, alle sue gelide location. Con una caustica e corrosiva strizzatina d’occhio ad un’America conservatrice profonda e dai controversi valori connaturati nella storia stessa degli Stati Uniti d’America.
Tutti elementi e contenuti che rendono Fargo, anche in occasione della sua “quinta volta”, un oggetto seriale fuori scala, simile a molti altri ma mai uguale a nessuno, un prodotto multimediale difficile per tempi difficili, parafrasando il motto di uno dei suoi nuovi protagonisti. Al suo ideatore, sceneggiatore e regista (suo difatti il lavoro dietro la macchina da presa dei primi due episodi) questo interessa: raccontare i mille volti e le altrettante maschere di una nazione nata nel sangue e nella sopraffazione, nella tradizione e nel pensiero conservatorista di unità famigliare, liberalismo e valori religiosi. Con un’arma da fuoco sempre a portata (legale) di mano.
Un pastore al di sopra del bene e del male
Ecco perché forse, più che il misterioso passato della Dorothy interpretata da Juno Temple, a dare forma al cuore e alle ambizioni della quinta stagione scritta e creata da Noah Hawley è il controverso sceriffo con il volto e il talento di Jon Hamm. Il suo Roy Tillman sintetizza alla perfezione l’ambiguità etica e morale di un progetto televisivo, quello di Hawley su Fargo, che come pochi altri suoi fratelli destinati al piccolo schermo osa dissezionare il cuore di tenebra ed il passato scomodo una nazione semplicemente contraddittoria. Tutti elementi e suggestioni contenutistiche che ben si addicono a questo uomo duro per i tempi duri nei quali stiamo vivendo, pastore e predicatore religioso al di là di sottili confini tra Bene e Male.
Nella spasmodica ricerca della ex-moglie nello stato del Minnesota, Roy Tillman usa a più riprese il suo triplice potere per operare consciamente nel Male: allevatore di cavalli in un North Dakota che pare omaggiare la grande tradizione del western (guarda caso, uno dei generi di fiction fondanti del cinema e della televisione americana), eppure al contempo predicatore e sceriffo costituzionalista senza scrupoli, Tillman usa tutto il suo strapotere per proteggere i tre valori basilari dell’America che sente di custodire nelle sue mani per grazia ricevuta: dovere verso la sua Nazione, rispetto della legge e preservazione della tradizione culturale e sociale degli Stati Uniti d’America che ha giurato di proteggere. Una personaggio di finzione perfetto nel sintetizzare mirabilmente l’ambizione ultima di Fargo 5.
Le gole profonde dell’America
Perché oltre all’apparente patina di appassionante racconto in bilico tra crimine e umorismo nero, la quinta stagione dello show targato MGM/FX è ancor di più un ritratto vivido e grottesco dell’America conservatrice di oggi; quella esaltata in modalità fortemente ambigue soprattutto durante l’amministrazione Trump e nella quale le vicende ideate da Hawley si svolgono, nonostante tutto. Un appuntamento televisivo di ferina efficacia e di alta valenza provocatrice, un caustico grido di esposta polemica verso tutte le conseguenze etiche di un’America profondamente coercitiva, dai suoi valori radicalmente conservatori alla liberalizzazione delle armi ad uso casalingo finanche alla protezione verso la proprietà terriera, la propria casa, l’unita famigliare e i suoi viziosi squilibri.
La quinta stagione di Fargo si attesta quindi come nuovo tassello narrativo essenziale per Noah Hawley nel voler tratteggiare con mano ruvida ma indelebile i lineamenti di un sogno americano mai esistito veramente, uno slogan come un altro nato dalla menzogna del puritanesimo e delle sue perverse conseguenze. Un ritratto ancora una volta ambiguo dell’America di ieri e di oggi che affascina ed intriga con sapienza e talento per la sperimentazione televisiva. Pregio che consegna il progetto Fargo nell’Olimpo delle serie televisive targate Usa più imprescindibili degli ultimi anni.
La recensione in breve
La quinta stagione di Fargo, serie antologia creata da Noah Hawley ed ispirata a temi e toni del film cult dei fratelli Coen, si riconferma grande esempio di sperimentazione televisiva tra narrazione true crime, umorismo nero ed intelligente atto sovversivo contro un'America conservatrice non troppo lontana dalla cronaca recente.
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