La serie: I leoni di Sicilia, 2023. Regia: Paolo Genovese. Genere: Biografico, storico. Cast: Michele Riondino, Miriam Leone, Donatella Finocchiaro, Vinicio Marchioni, Gabriele Briguglia Durata: 8 episodi di 50 minuti circa. Dove l’abbiamo visto: Anteprima di due episodi alla Festa del Cinema di Roma.
Trama: I leoni di Sicilia narra le vicende dei Florio, famiglia di armatori e imprenditori calabresi che nella Sicilia dell’Ottocento divenne una delle più ricche e influenti dell’intera Italia.
Un paio di episodi sono pochi per capire la direzione che prenderà una serie televisiva, ma al termine della visione dei primi due capitoli di I leoni di Sicilia, produzione diretta da Paolo Genovese per Disney+, le idee sono abbastanza chiare. Ci troviamo davanti a un prodotto di altissima qualità tecnica, ambizioso e ricco, che tuttavia non riesce ad ammaliare. Non completamente almeno. Come vedremo dalla recensione di I leoni di Sicilia, questa serie, tratta dall’omonimo bestseller di Stefania Auci, disponibile dal 25 ottobre, ha tanti punti a favore e altrettante crepe che vanno a rovinarne l’insieme.
La trama: la famiglia
Vincenzo Florio lascia Bagnara Calabra con il padre Paolo, la madre Giuseppina e lo zio Ignazio, all’indomani di un devastante terremoto che ha quasi raso al suolo casa sua. Diretta nella ricca Palermo, la famiglia Florio costruisce la sua fortuna anno dopo anno e non senza qualche dolore. Il patriarca, infatti, è un uomo dispotico e violento, anche se imprenditorialmente intelligente. A fare le spese della sua indole è la moglie Giuseppina, che mal sopporta quel marito manesco. Ed è invece innamorata del di lui fratello Ignazio. Ma se tra le quattro mura domestiche la situazione è difficile, il lavoro dà grandi soddisfazioni ai fratelli Florio che comprano e ristrutturano un negozio di spezie.
Grazie a mirate transazioni commerciali e a un pizzico di fortuna (vengono in possesso di una grande quantità di chinino, detto cortice, che li rende indispensabili durante un’epidemia d’influenza), i Florio diventano molto danarosi. E alla morte di Paolo, spetterà al giovane Vincenzo guidare l’azienda familiare, con l’aiuto di Ignazio e successivamente da solo. La ricchezza, però, non gli fa guadagnare la stima dei nobili palermitani che prima lo trattano come un reietto, poi faranno la fila per avere soldi da lui. Nel frattempo Vincenzo espande il suo campo d’azione alle saline, alle tonnare e alle miniere di zolfo. E, naturalmente, nella produzione del celebre marsala. Quando conosce la colta milanese Giulia, inizia con lei una relazione che solo dopo molti anni sfocerà in un matrimonio.
Nascita di un capitalista
Fin qui la trama degli episodi visionati in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, ma la storia è ben più complessa e ampia e vedrà, man mano, l’entrata in scena di altri personaggi chiave. Fino all’epilogo che come il romanzo della Auci sarà dedicato alla morte di Vincenzo. Perché se I leoni di Sicilia è una grande saga familiare, tutto si condensa nella figura del protagonista Vincenzo, un ottimo Michele Riondino, che incarna i sogni e le aspirazioni di una nuova classe sociale. Una borghesia commerciale che di anno in anno abbandona le ristrette pareti della bottega per diventare capitalistica a tutti gli effetti.
Dove la serie di Paolo Genovese sembra più compiuta è proprio nel racconto di questo ceto, il cui ruolo sarà essenziale anche nella formazione del Regno d’Italia. La storia è ambientata nella prima metà dell’800 e si chiude nel 1868. Vincenzo Florio è un capitalista ante litteram. Tenuto fuori con sdegno dai grandi giochi di potere dai miopi nobili siciliani (che ignorano la ricchezza di cui sono in possesso), rientra in ballo con la spietatezza dei tycoon, tiranneggiando questi indolenti baroni uno per uno con un rabbioso desiderio di vendetta e sottraendo loro svariati asset strategici. Come li tiene in pugno? Coi suoi soldi, ovviamente, guadagnati con talento imprenditoriale e speculando. In questo scenario molto preciso, in cui la nobiltà pian piano sfiorisce, abbandonando tutti i suoi privilegi, i rapporti di forza tra le parti sono inquadrati con mano felice da Genovese.
Le nuove donne
Ottima, poi, è la rappresentazione dei personaggi femminili che gli sceneggiatori Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo hanno immortalato con intelligenza. Le donne della serie si distinguono per una lotta coraggiosa contro un patriarcato ben introiettato, che le vorrebbe tutte solo mogli, madri o badanti. Giuseppina, madre di Vincenzo e moglie di Paolo, è una donna che non esita nemmeno un secondo a tener testa al marito. Arrivando persino a voler interrompere la seconda gravidanza, frutto di una violenza. Ma è Giulia, interpretata dalla brava Miriam Leone, la personalità più curiosa.
Figlia di un ricco imprenditore milanese, destinata nonostante una bellezza sfavillante e una cultura sopra la media a fare da dama di compagnia alla madre malata, la ragazza si concede a Vincenzo anche sapendo che non potrà mai essere sposata a lui (a caccia di una nobildonna per scalare finalmente le gerarchie sociali palermitane). In questa scelta c’è grande libertà, vero. Ma è una libertà pagata al caro prezzo di essere amante e mantenuta di un uomo ricchissimo. Ovviamente dovremo tenere conto di come evolverà il suo personaggio.
Manca il cuore
I leoni di Sicilia, dunque, insegue l’idea di una serialità televisiva di classe, elegante, con una perfetta riconoscibilità, ben scritta. Soffre però dell’atavico difetto di certe produzioni di casa nostra che, al netto di un altissimo sforzo produttivo, sembrano aver poco da dire. Cosa manca allora? Manca il palpito di emozione vera, quell’afflato universale che trasforma la storia di un singolo imprenditore di successo e delle sue grandi contraddizioni umane in una fiaba che possa parlare a tutti. I leoni di Sicilia è un bellissimo affresco storico che però resta a volte senza una vera identità.
La recensione in breve
Di certo I leoni di Sicilia ha molte frecce al suo arco, prima fra tutte una confezione davvero bella. Ci è piaciuta anche la capacità narrativa di raccontare la nascita di una borghesia capitalista. Il cuore della storia però resta tutto in superficie, tra scenografie di grande classe e costumi sfavillanti.
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