La serie: Il camorrista, 1986/2023. Regia: Giuseppe Tornatore. Cast: Ben Gazzarra, Laura Del Sol, Leo Gullotta, Lino Troisi, Nicola Di Pinto, Cloris Brosca. Genere: Gangster, drammatico. Durata: 5 episodi da 60′ circa. Dove l’abbiamo visto: Alla Festa del cinema di Roma.
Trama: Nel carcere di Poggioreale un recluso, il “professore”, comincia a farsi rispettare, sfidando un boss della camorra più anziano di lui. Ad aiutare il “professore” dall’esterno è la sorella Rosaria, esecutrice delle sue direttive.
Quando nel 1986, Giuseppe Tornatore si appresta a realizzare il suo debutto come regista, Il camorrista, il produttore Goffredo Lombardo, capo della Titanus e decano del cinema italiano, gli suggerisce di pensare anche a una versione televisiva del suo film, così da poter contattare Fininvest per farsi co-produrre il film, che per un esordio era un’opera molto costosa, 4 miliardi di lire. Quella versione di 5 ore non andò mai in onda.
Recentemente, Tornatore con Titanus, Mediaset e Minerva hanno deciso di restaurarla e presentarla alla Festa del cinema di Roma prima di approdare sul piccolo schermo. In questa recensione de Il camorrista, primo film del regista siciliano, vi racconteremo quali sono le principali differenze con il film e se questa versione ampliata riesce a dare qualcosa di più al film.
La trama: Il professore della camorra
La sceneggiatura scritta da Tornatore con Massimo De Rita, e basata su un libro di Giuseppe Marrazzo, racconta la storia di un uomo (Ben Gazzarra, doppiato da Mariano Rigillo e ispirato a Raffaele Cutolo, riformatore della camorra negli anni ’70) che durante la detenzione per un omicidio “d’onore”, comincia a studiare e raccoglie attorno a sé tutti coloro che sono stanchi dei soprusi della criminalità organizzata napoletana, creando una società criminale che sfida i vecchi boss e diventa potentissima grazie all’appoggio del popolo e agli agganci con la politica e le altre mafie.
Il camorrista segue la parabola del Professore mescolando la saga criminale, che da Il padrino in poi era diventata un genere di grande effetto popolare, con i toni e le radici della sceneggiata napoletana, che nelle mani del regista diventano una sorta di risposta violenta e viscerale a La piovra, la serie tv sulla mafia che la Rai produceva negli anni ’80, più compassata e istituzionale.
Alle radici di Gomorra
Se il film durava 2 ore e 45 minuti, la seria raddoppia quasi la durata, approfondendo il contesto sociale e l’evoluzione storica, descrivendo in modo ancora più completo l’ambiente e le conseguenze politiche delle vicende piuttosto aderenti alla realtà, seppure del Professore non sapremo mai nome e cognome, ragionando con acume sulla permeabilità dei sistemi alla corruzione. Il passo ampio, romanzesco del racconto lo rende più armonico e dà ancora più vigore ai colpi di scena e alle scene madri (alcune memorabili, come il duello alla molletta, il terremoto, l’assassinio di Malacarne, ma ce n’è almeno una per episodio), al contempo però rende ancora più evidente l’ambiguità di fondo di un’opera che costruisce un’aura tragica e carismatica al suo protagonista che lo fa spiccare sopra tutti, quasi come un’antieroe, come lo era il vero Cutolo, ma soprattutto come lo è diventato lo stesso Professore fittizio per i neo-camorristi.
Un’ambiguità ideologica a cui la produzione cerca di porre rimedio con la didascalia iniziale e con il personaggio del poliziotto di Leo Gullotta, ma che anche grazie alla prova divenuta di culto di Gazzarra resta appiccicata a Il camorrista: non che sia un’opera assolutoria, tutt’altro, ma si assume il rischio dell’equivoco per aderire fino in fondo ai meccanismi narrativi che ha scelto, per renderli grandiosi e legarli all’animo di una tradizione che conduce all’inizio del Novecento, passa per Mario Merola e arriva fino a Gomorra La serie, anche, forse soprattutto, per il ruolo delle donne nell’economia del racconto e nell’indirizzare le simpatie del pubblico: non è un caso che lo spettatore smetta di guardare con un sorriso parole e gesti dei personaggi, quando le donne diventano vittime, spostando la propria comprensione verso la sorella del professore, che ha mantenuto il potere familiare sentendosi tradita dal fratello.
La recensione in breve
Tornatore restaura la versione televisiva del suo film d'esordio, un'opera ambigua, ma anche vitale, appassionante, verace.
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