La serie: Il problema dei 3 corpi, 2024. Creata da: David Benioff, D. B. Weiss e Alexander Woo. Cast: Jovan Adepo, John Bradley, Rosalind Chao, Liam Cunningham, Eiza González, Jess Hong, Marlo Kelly, Alex Sharp, Sea Shimooka, Zine Tseng, Saamer Usmani, Benedict Wong e Jonathan Pryce. Genere: Dramma, fantascienza. Durata: 60 minuti circa/8 episodi. Dove l’abbiamo visto: in anteprima su Netflix, in lingua originale.
Trama: Una fisica nella Cina degli anni Sessanta viene portata a lavorare in un misterioso laboratorio, in cui si mandano messaggi verso lo spazio profondo. Nella Londra di oggi cinque amici conosciutisi ad Oxford sono costretti ad affrontare le conseguenze di quanto è stato iniziato così tanti anni prima… Una minaccia si avvicina infatti al nostro pianeta!
La prima cosa da dire, parlando della nuova fatica degli showrunner de Il trono di spade – David Benioff e D. B. Weiss – e di Alexander Woo (The Terror: Infamy), è che non manca di ambizione. Portare avanti un progetto ispirato alla trilogia di romanzi Memoria del passato della Terra per Netflix ha richiesto un grande coraggio: racchiudere in otto episodi la vastità di contenuti dell’opera originale – limitandosi per il momento al suo primo volume e ad una piccola parte del secondo – non è un operazione semplice, e pur essendo riusciti in parte a rendere onore al lavoro di Liu Cixin, Benioff, Weiss e Woo sono inciampati in non pochi problemi di adattamento.
Come vedremo in questa recensione de Il problema dei 3 corpi, la storia che ci troviamo davanti è estremamente complessa e stratificata, ricchissima dal punto di vista delle tematiche e narrativamente articolata, tanto che si svolge su diversi piani temporali. In ogni episodio, di circa un’ora di durata, succede così tanto che lo spettatore deve sforzarsi a riprendere il filo di una trama che deve dare forma ad un disegno sempre più ampio. Ambizione è la parola con cui abbiamo iniziato questo articolo, ma purtroppo per portare il “caos” fantascientifico immaginato da Liu Cixin dalla carta stampata al piccolo schermo forse non è stata sufficiente: se in certi momenti il nuovo show Netflix risulta visivamente splendido, narrativamente accattivante, spesso si perde nella confusione da lui stesso creata, trascinando lo spettatore in un miasma affascinante, questo sì, ma a tratti più confuso che coinvolgente.
Messaggi verso lo spazio profondo
Il problema dei tre corpi si svolge su due storyline principali: la prima ambientata nella Cina degli anni Sessanta, nel bel mezzo della rivoluzione culturale cinese, la seconda al giorno d’oggi, tra Oxford e Londra. Nel 1966 incontriamo Ye Wenjie (Zine Tseng) una brillante astrofisica che, dopo aver assistito al brutale omicidio del padre da parte dei membri del partito, viene costretta ai lavori forzati in una remota location della Cina rurale. Se la sua intelligenza e la sua educazione l’avevano resa “nemica” di un partito che pretendeva omologazione a certe idee, lì le cose per lei cambiano improvvisamente. Il campo di lavoro è infatti costruito in prossimità di un enorme laboratorio, dove pochi individui scelti svolgono esperimenti misteriosi. Non ci vorrà molto prima che la donna venga resa parte del progetto, e Ye Wenjie scoprirà che lo scopo delle ricerche è comunicare con le altre entità intelligenti che popolano l’universo. Sarà proprio lei ha scoprire come diffondere il messaggio terrestre in modo efficace, e qualcuno, col tempo, finirà col risponderle…
Nel frattempo, nell’Inghilterra di oggi, un investigatore, Clarence (Benedict Wong) sta cercando di scoprire perché, tanto in patria quanto in diverse location del mondo, un numero sempre maggiore di scienziati si stia violentemente togliendo la vita. Alcuni di loro parlavano di uno strano countdown, altri di un videogioco iperrealistico a cui erano stati invitati a giocare. Come se non bastasse, poi, la scienza sembra essere improvvisamente impazzita: nei più importanti laboratori del pianeta, gli esperimenti danno risultati imprevedibili, come se tutto ciò di studiato e stabilito non avesse più senso. Cinque trentenni brillanti, conosciutisi durante gli studi in fisica all’università di Oxford si rincontrano cercando di far luce su quanto sta accadendo: tra loro ci sono Jin (Jess Hong), fisica teorica tra le migliori nel suo campo; Saul (Jovan Adepo), assistente ricercatore che ha visto la sua amata mentore suicidarsi; Will (Alex Sharp), che non ha proseguito la carriera accademica per diventare insegnante, Auggie (Eiza González), che ha deciso di sfruttare la sua preparazione per sfondare nel campo delle nanotecnologie ed infine Jack (John Bradley), che dopo l’università ha fondato un’azienda per produrre snack e bevande ed è diventato ricco.
I cinque amici si ritrovano al centro di una situazione sempre più assurda e drammatica quando, da una parte, Auggie inizia ad avere problemi di vista: la donna , infatti, vede ovunque uno strano countdown, un conto alla rovescia che si avvicina troppo velocemente allo zero. Dall’altra, sia Jin che Jack vengono invitati a partecipare ad un misterioso videogame, trovano infatti un visore ultramoderno che li trasporta in una realtà virtuale estremamente realistica. Lo scopo del gioco? Salvare un pianeta dalla ciclica ed inevitabile distruzione. Le domande sono tantissime, ma la risposta, più la visione procede, sembra essere una sola: qualcosa di pericoloso sta arrivando dallo spazio più profondo, qualcosa che forse è stato chiamato da una donna cinese, così tanti decenni prima…
Le tematiche principali
Come vi anticipavamo in apertura Il problema dei 3 corpi è uno show estremamente ambizioso e a suo modo incredibilmente affascinante, capace di tratteggiare una trama tra le più complesse che ci era capitato di vedere sul piccolo schermo, soprattutto pensando che lo fa nel corso di soli otto episodi. Lo show di Benioff, Weiss e Woo affronta numerosissime tematiche: dalla natura del genere umano e dei suoi bisogni più intimi, tanto emotivi come spirituali, fino alla dicotomia – sempre esistita – tra religione è scienza.
Il tutto ruota poi attorno ad una domanda ben precisa: come fare per convincere il genere umano a lottare, unito, contro una minaccia che non arriverà prima di diversi secoli? Come spingere le persone a pensare prima che a se stesse e ai propri figli ai propri discendenti, a chi verrà così tanto dopo di loro? L’evidente parallelismo è con problemi reali e all’ordine del giorno – decisamente più “vicini” a noi che un’invasione aliena – come la situazione del nostro pianeta e la crisi climatica.
Il potere della scienza
Se i cinque protagonisti finiscono volenti o nolenti per diventare dei supereroi con la missione di salvare il genere umano, il loro super potere in questo caso è la scienza, e la fiducia in quello che si potrà ottenere con il progresso scientifico. I nemici, d’altronde, vogliono fermare l’avanzamento scientifico umano, perché più il tempo passa più ci renderebbe “invincibili”. L’essere umano può ottenere qualsiasi cosa mettendo la propria mente al lavoro, e Il problema dei 3 corpi è una vera e propria lettera d’amore alla nostra intelligenza.
Più la visione procede, però, più il lato “scientifico” della storia si fa azzardato: nella lotta contro il tempo per salvare il pianeta dall’invasione gli scienziati inventano piani sempre più estremi, basati su supposizioni che non possono comprovare (ad esempio mandare un cervello umano nello spazio, perché il corpo del suo proprietario possa essere ricostruito da un’intelligenza aliena di cui non conoscono limiti e possibilità…). Dobbiamo prendere per vero tutto ciò che ci viene detto, in una rapida successione di nuove idee, nuovi esperimenti, nuove azzardate soluzioni che ad un certo punto non cerchiamo più nemmeno di capire veramente, limitandoci ad assorbire passivamente le informazioni che ci vengono date. Ed è per questo che, nel miasma “fanta”scientifico di ciò che accade negli episodi finali, in cui il nostro coinvolgimento dovrebbe essere al suo massimo, ci allontaniamo invece emotivamente dalla storia e dai suoi personaggi.
Così tanti personaggi…
Ed è proprio parlando dei personaggi che un altro dei nodi di questo show viene al pettine: i protagonisti di questa storia (i cinque amici di Oxford, Clarence, l’organizzazione guidata dal personaggio di Liam Cunningham, quella guidata da Ye Wenjie e Jonathan Pryce…) sono talmente tanti che, in una vicenda che procede così velocemente, è difficile trovare il tempo per affezionarsi a qualcuno di loro in particolare. Tutti, più si procede con la narrazione, ci sembrano un po’ bidimensionali e scarsamente tratteggiati: i cinque amici di Oxford, in particolare, racchiudono caratteristiche che nel romanzo, in un cambiamento piuttosto evidente dalla storia originale, appartenevano ad un solo personaggio.
La presenza scenica di alcuni degli interpreti è comunque innegabile: Liam Cunningham, Jonathan Pryce e Benedict Wong catturano con l’immenso carisma che riescono ad infondere nei loro personaggi, che in mano probabilmente ad altri attori sarebbero potuti risultare a tratti un po’ caricaturali. Ci ha poi colpito la calma serafica e quasi ultraterrena di Rosalind Chao, nel ruolo dell’anziana Ye Wenjie, capace di essere al tempo stesso materna ed inquietante.
La questione cinese
Come per ogni adattamento, la storia di Liu Cixin passando per le mani di Benioff, Weiss e Woo ha subito tagli ed aggiustamenti. Il contesto socio culturale unico in cui i romanzi originali prendevano vita (la storia è ambientata completamente in Cina) viene internazionalizzato per essere reso appetibile ad un pubblico occidentale: se la premessa – la parte di storia ambientata negli anni Sessanta – è la stessa, tutto il resto viene spostato, “ricontestualizzato”, perdendo però quel qualcosa in più che rendeva la vicenda a suo modo così particolare. Il risultato – come ci è capitato di pensare per la trasposizione dei personaggi, che vengono letteralmente moltiplicati – è di appiattimento: Il problema dei 3 corpi, per venire incontro ad un pubblico più ampio, finisce per perdere un po’ di quella sua unicità.
Le premesse, le idee fondanti e le tematiche principali ci sono tutte – e a tratti il risultato ottenuto da Benioff, Weiss e Woo è davvero spettacolare – manca però la giusta coesione perché tutti gli ingranaggi della trama funzionino al meglio. Come sottolineavamo in apertura lo show finisce per perdersi nel caos fantascientifico da lui stesso creato, affascinando sì lo spettatore, ma non riuscendo a coinvolgerlo.
La recensione in breve
Il problema dei 3 corpi è una serie estremamente ambiziosa ed affascinante, ma che purtroppo si perde nel caos fantascientifico da lei stessa creato e non coinvolge quanto vorrebbe lo spettatore.
- Voto CinemaSerieTV