La serie: Inside Man, 2022. Creata da: Steven Moffat. Genere: Thriller. Durata: 50-60 minuti/ 4 episodi. Dove l’abbiamo visto: In anteprima stampa, su Netflix in lingua originale.
Trama: Jefferson Grieff è un detenuto nel braccio della morte. È un ex criminologo, condannato per aver ucciso la moglie, e le persone si appellano alla sua mente per risolvere casi particolari. Parallelamente abbiamo Harry, il vicario di un piccolo centro cittadino inglese, che si ritrova a vivere una pessima giornata. Il destino dei due è destinato a incrociarsi.
Ci sono serie di cui è più semplice parlare. Questo a prescindere dalla qualità. In molti casi, dopo aver visto una serie ed essersi appuntati i lati positivi e/o negativi, si ha in mente tutto l’iter da seguire. Si tratta di intavolare un discorso critico che va a seguire un percorso mentalmente pre-costruito, cercando di arricchirlo con spunti, studi e tutto il necessario. A quel punto bisogna scrivere. Quello lo si può fare bene o meno bene ma spesso dipende da fattori che il più delle volte concernono direttamente il titolo analizzato. Poi ci sono prodotti diversi. Serie che seguono un’altra strada e nel farlo interrompono il modus operandi di chi prova a osservarle con sguardo critico. Titoli che non sono né peggiori né migliori dei sopracitati ma spesso dotati di un fascino differente. Come vedremo in questa recensione di Inside Man, questo è il caso della nuova creatura di Steven Moffat (Doctor Who, Sherlock, Dracula) in uscita su Netflix il 31 ottobre.
Una trama bicefala
La narrazione di Inside Man segue due vicende distinte ma che si svolgono in contemporanea. Da una parte abbiamo Jefferson Grieff (Stanley Tucci), ex criminologo detenuto in carcere e condannato a morte per l’omicidio di sua moglie. Un uomo dotato di un’intelligenza fuori dal comune, di una certa eleganza e con un’estrema considerazione di se stesso e dei suoi mezzi. Durante la sua detenzione ha deciso di essere d’aiuto, mettendosi a disposizione per la risoluzione di alcuni misteri e casi bloccati. La scelta su quali concentrarsi è molto accurata e si basa su un filtraggio di natura morale. Una volta appurato che ne vale la pena riceve il richiedente in una sala del carcere accompagnato da Dillon, un serial killer ospite del braccio della morte che grazie alla sua memoria fotografica lo supporta come registratore umano di informazioni. Grieff poi procede con il tentativo di risolvere il caso quasi solo attraverso la deduzione.
Contemporaneamente in una piccola cittadina inglese seguiamo la domenica di Harry (David Tennant), il vicario del luogo. Terminata la funzione settimanale si trova ad assolvere la richiesta del neo-sagrestano (e dall’evidentemente stato mentale non stabile) Edgar, il quale gli chiede di conservare una chiavetta USB per lui e di nasconderla alla madre. Harry passa poi a caricare in auto Janice, la tutor di matematica del figlio Ben, che in precedenza avevamo visto intervenire in difesa di una ragazza da un caso di molestia. A causa del contenuto della chiavetta USB il rapporto tra il vicario e l’insegnante è destinato a precipitare dando il via a una serie di avvenimenti. Le storie di Grieff e Harry saranno presto destinate a intrecciarsi.
Tra forzature e grandi momenti
Inside Man segue per tutti i minuti dei suoi quattro episodi una rotta a sinusoidale, dove i punti più bassi sono forzature narrative evidenti mentre i picchi sono scene degne dei migliori prodotti televisivi recenti. In particolare tutta la parte incentrata sulla vicenda di Harry segue un percorso a ostacoli sulle orme tematiche care ai fratelli Coen, in particolare di Fargo (film e serie). Lo stesso tono del racconto veleggia sempre a metà tra il dramma e la commedia nera-surreale. Lo svolgimento non funziona però sempre come previsto e in diversi casi si avverte in modo tangibile la discesa in campo di un Deus Ex Machina necessario a far proseguire il racconto sui binari prefissati. Quando però gli ingranaggi vanno al posto giusto, Inside Man è in grado di toccare punti di grande qualità. Un turbinio di emozioni: una costante suspence spezzata dall’ilarità dovuta alle battute di Dillon per poi ricadere in un nuovo vortice drammatico e di ambiguità morale.
Tutte caratteristiche che, se messe insieme, portano a un unico indiziato: Steven Moffat.
La quintessenza di Steven Moffat
Steven Moffat è uno degli autori più impattanti della storia della televisione inglese e tra i più importanti al mondo. Il lavoro titanico su Doctor Who; la rivisitazione di un’icona in Sherlock, diventata a tutti gli effetti una serie cult; un’altra rivisitazione, questa volta meno riuscita ma pur molto interessante, in Dracula. Moffat è uno scrittore incredibilmente bravo. Il problema è che ne è consapevole e non manca una volta di sottolinearlo. Inside Man è, da questo punto di vista, l’opera che più di tutte concentra ogni pregio e difetto di Moffat e tutte le sue caratteristiche principali. L’autore inglese non si fa grandi problemi a costruire una narrazione a tratti forzata e artificiosa pur di raggiungere il suo obiettivo perché consapevole di riuscire a farsi perdonare già nella scena successiva attraverso un’intuizione. Anche nella struttura dei personaggi si può vedere senza sforzo la sua mano: guardando Grieff viene in mente una rivisitazione dell’Hannibal Lecter di Hopkins in salsa post-moderna, a cui è stato aggiunta la dote deduttiva dello Sherlock di Cumberbatch.
Allo stesso tempo, nonostante tutto o proprio per quello che abbiamo appena constatato, non si può negare l’enorme fascino di Inside Man. Dal momento che diventa chiaro il meccanismo in cui il percorso di Harry diventa la dimostrazione della tesi di Grieff, l’opera alza l’asticella e cambia marcia. Colpi di scena in abbondanza e ben posizionati, dialoghi taglienti e intelligenti sono gli ingredienti principali. Ma se la serie sta in piedi e anzi spicca il volo lo deve soprattutto a un cast in stato di grazia (soprattutto Dolly Wells nel ruolo di Janice), in grado di rendere credibile anche la scena più assurda. Con Inside Man Moffat si pone l’obiettivo di offuscare e mandare in confusione la bussola morale dello spettatore. Nel farlo crea quella che forse è la sua serie più personale e pregna dei suoi pregi e difetti come autore.
La recensione in breve
Inside Man è una serie che rappresenta la quintessenza di Steven Moffat. Il co-autore di Sherlock cerca con questo particolare thriller di mandare in confusione la bussola morale dello spettatore. Tra alcune forzature e tanti picchi possiamo dire che il risultato è centrato. Molto del merito lo si deve a un grande cast, tra cui spiccano David Tennant, Stanley Tucci e soprattutto Dolly Wells.
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