La serie: Inverso – The Peripheral, 2022. Creata da: Scott Smith, Jonathan Nolan e Lisa Joy. Cast: Chloë Grace Moretz, Jack Reynor, Charlotte Riley, JJ Field, Alexandra Billings. Genere: Science Fiction. Durata: 8 episodi da 60 minuti. Dove lo abbiamo visto: inteprima stampa in lingua originale
Trama: Flynne è una ragazza che vive in un piccolo centro nel 2032. La sua è una quotidianità che condivide con il fratello Burton, veterano dei marines. Tutte le loro azioni, però, sono volte a sostenere la madre che si trova, ormai, in fin di vita. E proprio per affrontare le spese, i due fratelli decidono di arrotondare giocando con delle simulazioni di realtà virtuale. La loro funzione è di gareggiare al posto di clienti illustri e particolarmente danarosi per far in modo che riescano a superare i livelli e le prove più difficili. Tutto sembra scorrere nel migliore dei modi, mentre i due si alternano in quest’attività per guadagnare il più possibile. Le cose, però, sono destinate a mutare in modo imprevedibile. Flynne, infatti, si trova a provare un nuovo sviluppatore. Questo la porta direttamente nel cuore di un gioco in cui la ragazza deve rubare delle informazioni essenziali da un’azienda londinese. Siamo sicuri, però, che si tratti di una semplice una simulazione? Superata la prima fase, Flynne comprende che il gioco sembra troppo realistico per non essere reale. Ed è proprio a questo punto, in una Londra del futuro, precisamente del 2099, che inizia l’avventura.
Alla fine degli anni settanta William Ford Gibson è diventato una delle voci più ascoltate e, soprattutto, lette grazie ad uno stile e un genere ben preciso. Si tratta del racconto science fiction e, in modo particolare, di quello che verrà chiamato cyberpunk. In sostanza, dunque, ci troviamo di fronte ad un degno continuatore della visione di Asimov, uno tra i primi scrittori a definire i contorni di un mondo futuribile.
Ma qual è stata l’innovazione portata da Gibson tanto da renderlo tra gli autori più utilizzati da cinema e produzioni televisive? Sicuramente la sua visione incredibilmente moderna e innovativa che, andando ben oltre i limiti del suo tempo, è riuscita a immaginare un mondo in cui le macchine e la tecnologia avrebbero inciso notevolmente sulla realtà dell’uomo. Questo vuol dire, dunque, che Gibson è riuscito a tracciare il profilo di un mondo che avrebbe iniziato a muovere i primi passi solo negli anni Novanta, dimostrando di avere una straordinaria capacità di preveggenza narrativa.
Per questo motivo, dunque, quando si assiste a un film o una serie tv tratta da un suo romanzo, si ha sempre la sensazione di trovarsi di fronte ad un materiale ex novo. Una struttura narrativa che ha, molto semplicemente, sfruttato le conoscenze tecnologiche a disposizione. In realtà tutto arriva da molto più lontano, dimostrando una capacità eccezionale di confrontarsi con il passare del tempo. Considerazioni, queste, necessarie e da tener ben presenti nel momento in cui ci si avvicina alla visione di Inverso – The Peripheral, la serie tv in streaming su Prime Video dal 21 ottobre. Si tratta di un nuovo progetto che trae ispirazione proprio dal romanzo omonimo The Peripheral, pubblicato nel 2014.
Un’opera sicuramente più recente ma che, comunque, non tradisce assolutamente lo stile inconfondibile di Gibson dove, la sovrapposizione di diversi mondi viene utilizzata per creare la struttura di un thriller accattivante. E quale poteva essere il nome coinvolto in questo progetto dal carattere futuribile e che promette di costruire un racconto articolato? Sicuramente quello di Nolan, anche se non si tratta di Christopher. A vestire il ruolo di produttore esecutivo, infatti, è il fratello Jonathan che, in questo modo, dimostra come il linguaggio della science fiction sia una passione di famiglia. Nella recensione di Inverso – The Peripheral approfondiremo diversi aspetti di questo nuovo progetto interpretato da Chloe Grace Moretz, Jack Reynor, Gary Carr, Louis Herthum, JJ Feild e molti altri.
Trama: I diversi volti della realtà
Elemento centrale di tutta la vicenda è il personaggio di Flynne Fisher, una ragazza che vive in un piccolo paese nelle Blue Ridge Mountain nel 2032, un futuro in cui le macchine e la tecnologia hanno determinato in modo fondamentale la vita degli uomini. La sua esistenza è molto semplice, se non addirittura insignificante. Nonostante la sua giovane età si confonde già tra un’umanità dì invisibili che vivono ai margini sostenuti da una serie di attività illegali. Personaggi che incontra quotidianamente dentro la stamperia di oggetti in 3D dove lavora. Nonostante tutto sembri immutabile nella sua vita, però, qualche cosa sta per cambiare in modo definitivo. E tutto si deve, ancora una volta, alle macchine e alle nuove tecnologie che le muovono.
Per guadagnare dei soldi extra, infatti, inizia a giocare all’interno di una realtà virtuale su pagamento di personaggi molto ricchi. Suo compagno in questa nuova avventura è il fratello Burton. Tutto sembra scorrere nel migliore dei modi fino a quando, però, Flynne non si confronta con una simulazione di nuova generazione. L’effetto è inimmaginabile, tanto da catapultarla direttamente in una Londra futuristica, settant’anni avanti al tempo vissuto dalla ragazza, dove dovrebbe rubare preziose informazioni segrete a un’azienda nota con il nome di Research Institute.
Attenzione, però, quello che a prima vista può sembrare l’ennesima simulazione è una realtà concreta raggiunta attraverso l’apertura di un portale temporale. Dopo un primo tentennamento, dunque, Flynne si renderà conto di non essere più all’interno di un gioco ma di star vivendo una realtà potenzialmente pericolosa. Due, in particolare, sono i quesiti cui rispondere: chi ha aperto questo passaggio e, soprattutto, perché? Le risposte rappresentano il cuore stesso di quest’avventura divisa tra due diversi livelli di realtà.
Il tocco Nolan
Abbiamo già accennato come questo materiale, decisamente futuribile, rappresenti la materia più congeniale o, comunque, preferita per un regista visionario come Christopher Nolan. Un concetto che, evidentemente, vale anche per il fratello Jonathan, alla sua prima grande esperienza come producer. Non stupisce, dunque, che sia per la gestione narrativa sia per le scelte estetiche, questa serie televisiva possa mostrare il tocco inconfondibile di un certo tipo di cinema come lo stesso Nolan ci ha abituati. Basta arrivare a metà del pilot, infatti, per comprendere perfettamente che ci troviamo all’interno di una situazione in cui si riconoscono gli elementi essenziali di film come Inception e Interstellar. Due, in particolare, sono gli aspetti che conducono in questa direzione: la costruzione della realtà virtuale e i salti temporali.
La protagonista si trova ben presto all’interno di realtà virtuali e di un’altra che, invece, ha la concretezza della realtà. In questo caso, ovviamente, scoprire chi sia l’architetto preposto alla costruzione della seconda potrebbe rappresentare uno dei fulcri essenziali della vicenda. Al di la di questo, però, Flynne si muove in un continuo gioco tra reale, plausibile e immaginario, dove nulla è come sembra e molti particolari potrebbero avere la consistenza di un’illusione.
La stessa che è praticata da un raffinato illusionista e che abbiamo già visto mettere in scena in The Prestige. Per quanto riguarda i salti temporali, poi, non ci troviamo certo di fronte alla narrazione contorta e destrutturata di Interstellar ma, insieme alla protagonista, non è certo impossibile perdersi in continui viaggi tra reale e virtuale chiedendosi, alla fine, quale sia l’effettiva distanza tra l’uno e l’altro. Una perdita di orientamento che, però, non deve essere interpretato assolutamente in modo negativo ma creativo. Un escamotage che porta lo spettatore a sovrapporre i propri passi a quelli della protagonista, vivendo la sua stessa situazione in una sorta di gioco virtuale o realtà alterata.
Thriller e fantascienza: due generi in uno
Rispettando a grandi linee la struttura narrativa del romanzo di Gibson, anche se spesso viene tradita, Inverso – The Periphel ha un nucleo centrale gestito attraverso i moduli di un thriller. Perché, al di la della forma sci-fi, allo spettatore si chiede di provare a risolvere un enigma, anche se lontano nel tempo. Una scelta narrativa che, ispirata direttamente dal romanzo, trova una realizzazione visiva complessa che solo la programmazione di un prodotto seriale ha permesso di svolgere pienamente rispettando i tempi lunghi necessari.
In questo senso, dunque, la serie sembra essere strutturata e messa in forma grazie ad uno elemento puramente formale ed un altro sostanziale. Nel primo caso, come abbiamo detto, tutto è virato chiaramente verso un linguaggio visivo futuribile e fantascientifico che va a costruire l’involucro perfetto, la scenografia in cui mettere in scena uno o più crimini. Il secondo, invece, mostra una natura meno decisa.
Qui, infatti, oltre che avere come riferimento la struttura classica del thriller moderno, funzionale alla riuscita della narrazione, è anche una riflessione pseudo filosofica su un mondo dove gli uomini hanno sempre più ceduto il passo alle macchine, lasciando che condizionassero la loro esistenza. Quelle teorie, per capirci, che Yuval Noah Harari ha inserito nel suo Homo deus – Breve storia del futuro, in cui sfata le fondamenta dell’umanismo e la credibilità quasi divina dell’uomo. Perché, alla fine di tutto, sarà una macchina a definire chi siamo.
La recensione in breve
Inverso - The Peripheral riesce a gestire nel migliore dei modi una forma interamente ispirata al genere science fiction e un nucleo narrativo in cui, invece, prendono il sopravvento le strutture del racconto thriller. In questo modo si crea un'esperienza completa volta a destabilizzare, nel senso migliore del termine, lo spettatore.
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