La serie: La ragazza di neve 2 (Il gioco dell’anima), 2024. Creata da: Jesús Mesas Silva, Javier Andrés Roig. Cast: Milena Smit, José Coronado, Tristán Ulloa, Aixa Villagrán, Loreto Mauleón, Cecilia Freire, Raúl Prieto, Miki Esparbé. Genere: Thriller, crime, drammatico. Durata: Circa 50 minuti/6 episodi.
Dove l’abbiamo visto: su Netflix.
Trama: Dopo il caso di Amaya, la giornalista Miren Rojo si trova ad affrontare un nuovo mistero: un’immagine inquietante di una ragazza legata e l’omicidio di una giovane trovata crocifissa la spingono in un’indagine che la porta dentro un mondo di segreti, manipolazione e fanatismo religioso. Tra pericoli e rivelazioni sconvolgenti, Miren dovrà affrontare il suo passato e il lato più oscuro della verità.
A chi è consigliato? A chi ha apprezzato la prima stagione e ama i thriller psicologici con atmosfere cupe, misteri intricati e protagonisti tormentati.
Netflix ha dimostrato più volte di avere un occhio di riguardo per il genere thriller, con un catalogo che spazia da storie originali a true crime e adattamenti di romanzi di successo. La ragazza di neve 2 rientra in quest’ultima categoria, essendo tratto dalla saga di Javier Castillo che ha conquistato il pubblico con la sua tensione crescente e il forte impatto emotivo. Dopo il successo della prima stagione, era quasi inevitabile che la piattaforma decidesse di proseguire con l’adattamento del secondo libro, Il gioco dell’anima.
Se la prima stagione aveva offerto un intrattenimento ben costruito ma non particolarmente memorabile, questa seconda stagione riesce a fare un passo avanti, migliorando alcuni aspetti e approfondendo altri, pur lasciando ancora spazio per una più incisiva evoluzione narrativa.
Il ritorno di Miren Rojo e la sua ossessione per la verità
Miren Rojo (interpretata ancora da una convincente Milena Smit) è cambiata. Dopo aver risolto il caso della piccola Amaya, la giornalista si è affermata nel panorama mediatico, diventando una figura di riferimento nel giornalismo d’inchiesta e un simbolo di resilienza femminile. Tuttavia, il suo passato tormentato non l’ha mai davvero abbandonata, e il suo istinto investigativo la porta a un nuovo caso inquietante.
Tutto inizia con una fotografia anonima che mostra una ragazza legata, forse una giovane scomparsa anni prima. Contemporaneamente, a Málaga viene ritrovato il corpo di una ragazza crocifissa, un crimine che sembra collegarsi a un’istituzione scolastica elitaria e religiosa. Miren, affiancata dal nuovo collega Jaime (Miki Esparbé), si ritrova a indagare su un complesso mistero che si intreccia con un pericoloso gioco chiamato Il Gioco dell’Anima.
Una storia di fede, manipolazione e potere
Uno degli aspetti più interessanti di questa stagione è il modo in cui affronta il tema della fede e della sua strumentalizzazione. La religione viene rappresentata non come un semplice elemento di contesto, ma come una forza ambivalente che può essere sia fonte di conforto che veicolo di oppressione e manipolazione. La serie si interroga su come la spiritualità, in un’epoca di crescente accesso alle informazioni, possa ancora essere usata per controllare le persone, specialmente i giovani più vulnerabili.
Il collegio religioso in cui si svolge parte della vicenda è un microcosmo di ipocrisia e segreti, dominato da un fondamentalismo inquietante che fa da sfondo agli eventi drammatici della stagione.
Il giornalismo tra idealismo e pericolo
Un altro elemento che continua a essere centrale è la rappresentazione del giornalismo e delle responsabilità morali che questa professione comporta. Miren non è solo una reporter che cerca la verità, ma una donna che si scontra con il sistema, con le istituzioni e con il proprio trauma personale. La serie mostra con realismo le difficoltà del mestiere, dalla difficoltà di ottenere informazioni alla costante minaccia per la propria sicurezza. Il personaggio di Jaime offre un interessante contrasto: mentre Miren è testarda e disposta a tutto pur di arrivare alla verità, lui adotta un approccio più metodico e riflessivo. La loro dinamica, anche se priva di una vera chimica, funziona nel mostrare due modi diversi di affrontare l’inchiesta e nel sottolineare come, a volte, la solitudine sia il prezzo da pagare per chi sceglie questa professione.
Un ritmo altalenante ma una messa in scena efficace
Uno degli aspetti meno riusciti di questa seconda stagione è il suo ritmo. Se da un lato la narrazione riesce a mantenere alta la tensione grazie a colpi di scena ben distribuiti e a un’atmosfera cupa e claustrofobica, dall’altro la struttura episodica soffre di alcuni rallentamenti. Alcune sequenze che dovrebbero risultare adrenaliniche perdono mordente a causa di una gestione del tempo narrativa troppo dilatata: l’urgenza di alcune situazioni viene diluita, riducendo l’impatto emotivo.
Tuttavia, quando la serie decide di accelerare, lo fa con la giusta efficacia, come dimostra una spettacolare scena d’azione sui tetti di Málaga, che rappresenta uno dei momenti più coinvolgenti della stagione. La regia e la fotografia giocano un ruolo fondamentale nel creare un’atmosfera di costante inquietudine, enfatizzata da una colonna sonora discreta ma efficace.
Un finale che divide e prepara il terreno per il futuro
Se la stagione riesce a costruire con cura il suo intreccio e ad approfondire i suoi personaggi, il finale lascia con una sensazione di incompiutezza. Troppi fili narrativi vengono lasciati in sospeso, suggerendo chiaramente la volontà di preparare il terreno per una terza stagione. Sebbene questo possa essere visto come una scelta strategica per mantenere alta l’attenzione del pubblico, rischia anche di minare la soddisfazione complessiva dello spettatore, che si trova di fronte a una conclusione più interlocutoria che risolutiva. Nonostante ciò, l’interesse per un’eventuale continuazione rimane alto, soprattutto se la serie riuscirà a trovare un equilibrio più solido tra il suo lato investigativo e quello più d’azione.
La recensione in breve
La ragazza di neve 2 prosegue la storia della giornalista Miren Rojo, ormai affermata come reporter d’inchiesta, alle prese con un nuovo mistero legato a un gioco perverso e a una scuola religiosa dal passato oscuro. La stagione approfondisce temi come la manipolazione della fede, la difficoltà di ottenere giustizia per le donne e il ruolo del giornalismo nella società contemporanea. Nonostante alcuni rallentamenti nel ritmo e un finale aperto che potrebbe risultare frustrante, la serie riesce a mantenere alta la tensione grazie a una solida interpretazione di Milena Smit e a una regia visivamente efficace.
Pro
- Atmosfera cupa e ben costruita, con una fotografia efficace
- Milena Smit regala un’interpretazione più matura e convincente
- Approfondimento interessante su fede, manipolazione e giornalismo
- Alcune scene d’azione ben realizzate
- Intrigo narrativo che mantiene alta l’attenzione
Contro
- Ritmo altalenante, con momenti di tensione diluiti
- Mancanza di una vera chimica tra i due protagonisti
- Troppi fili narrativi lasciati in sospeso
- Finale che sembra più un trampolino per la stagione successiva che una vera conclusione
- Voto CinemaSerieTV.it