La serie: Manhunt, del 2024 Creata da: Monica Beletsky Cast: Tobias Menzies, Anthony Boyle, Hamish Linklater. Genere: Storico. Durata: 50 minuti/7 episodi. Dove l’abbiamo visto: Su Apple Tv+.
Trama: All’indomani della conclusione della guerra di secessione, l’attore John Wilkes Booth uccide il presidente americano Abraham Lincoln. Edwin Stanton guida una disperata caccia all’uomo, mentre dietro le quinte si inizia a intravedere una sinistra cospirazione…
Tutti conosciamo la vicenda: nel 1865, a pochi giorni dalla fine della guerra di secessione, l’attore John Wilkes Booth assassinò il presidente americano Abraham Lincoln con un colpo di pistola, mentre assisteva a uno spettacolo teatrale. Chi si nascondeva dietro al suo gesto? Qual era il vero obiettivo dei cospiratori? E, soprattutto, quanto erano profonde le radici del complotto di cui Booth faceva parte? Si allargavano forse fino a raggiungere la Confederazione sudista e i suoi vertici?
In questa recensione di Manhunt, nuova miniserie a sfondo storico di casa Apple Tv+ (ispirata al saggio omonimo di James L. Swanson) scopriamo cosa si nasconde nelle ombre di questa incredibile vicenda, ricca di oscuri retroscena e foriera di conseguenze che si dipanano attraverso i secoli fino a oggi. Forse la posta in palio – durante quei dodici giorni di spasmodiche ricerche che fecero seguito all’assassinio del presidente – era assai più alta del previsto, e lo possiamo iniziare a comprendere per davvero soltanto a un secolo e mezzo di distanza…
La trama: caccia all’uomo tra le macerie della guerra civile
14 aprile 1865: l’attore John Wilkes Booth spara al presidente Abraham Lincoln durante la messa in scena dello spettacolo teatrale Our American Cousins, e si dilegua a cavallo. Nel frattempo, i congiurati Lewis Powell e David Herold si accingono a fare irruzione nell’abitazione del segretario di stato americano William H. Seward, costretto a letto da un incidente con un cavallo. Herold si spaventa e fugge via prima di commettere il misfatto. Powell invece entra in casa, ma viene tradito dalla pistola, che si inceppa. Dopo aver attaccato la servitù e la moglie, il congiurato assale Seward e lo colpisce più volte alla testa, per poi darsi alla fuga: la vittima, tuttavia, riuscirà a sopravvivere.
È soltanto la prima di una serie di falle nel piano dei congiurati che, oltre ad assassinare Lincoln, puntava in realtà a decapitare l’intero stato maggiore dell’Unione, proprio all’indomani della guerra civile americana. Il dimissionario segretario della guerra Edwin Stanton, ostinatamente mantenuto al suo posto da Lincoln per coordinare la ricostruzione, si troverà così a dirigere la caccia all’assassino del presidente, in fuga verso l’ex capitale confederato di Richmond.
Ma chi ha aiutato Booth? Stanton esplora tutte le ipotesi, e cerca a ogni costo di portare alla luce il coinvolgimento della Confederazione.
L’impresa, però, si rivelerà molto più difficile del previsto, e incontrerà un gran numero di inattese resistenze.
Le ombre del passato
Quale America voleva costruire Abraham Lincoln sulle macerie della guerra civile? Dopo il suo assassinio, la sua volontà ha davvero trovato piena applicazione?
Giocando abilmente con i flashback e concedendoci anche uno scorcio della vita e degli ideali del presidente, Manhunt non si limita a raccontare una storia ambientata nel passato, ma ne fa abilmente intravedere anche e soprattutto l’influenza sul presente: attraverso la lente degli autori, l’omicidio del presidente che pose fine alla schiavitù diviene un autentico “peccato originale” da cui scaturiscono le mille contraddizioni degli Stati Uniti di oggi.
Tra compromessi e zone d’ombra, complotti e responsabilità, Manhunt esplora l’Ottocento con uno sguardo sempre fisso sull’attualità: la sua ricostruzione storica è solida, precisa e quanto mai rigorosa, ma l’obiettivo non è mai quello della rievocazione fine a se stessa. Il nuovo titolo di Apple Tv+ ha un’identità forte e autorevole, e si tiene a miglia di distanza dal Lincoln di Steven Spielberg, evitando l’insidiosa trappola del già visto.
Un ritmo irregolare
A livello narrativo, Manhunt si apre con una puntata dai ritmi sostenuti, che ci fa rivivere le ore concitate che precedettero e seguirono l’uccisione di Lincoln.
Certo, la vicenda è ben nota e non c’è margine per alcun vero e proprio colpo di scena, ma la regia riesce comunque a trasmetterci la carica adrenalinica ed emozionante di quei drammatici momenti, utilizzando nel migliore dei modi il linguaggio del thriller.
Nelle puntate successive, invece, i toni cambiano e la serie rallenta: la “caccia all’uomo” che dà il titolo alla serie non si rivela un’adrenalinica corsa contro il tempo come nel caso di altre “manhunt” americane, bensì un racconto a tinte conspiracy, compassato e suggestivo. Soprattutto per noi spettatori non americani, però, il rischio di avvertire un pizzico di stagnazione potrebbe essere dietro l’angolo: il calo del ritmo c’è, è marcato e si fa sentire, e potrebbe far storcere il naso a chi si aspettava un racconto dal piglio più accattivante.
Il riscatto giunge soltanto nell’atto finale, che assume invece la forma di un avvincente legal drama processuale: la sceneggiatura torna a farsi nitida e avvincente, i nodi disseminati nel corso dei vari episodi vengono al pettine e le ombre che la vicenda proietta sul mondo contemporaneo si lasciano intravedere con maggiore chiarezza. A mantenere unite le tre fasi contribuiscono però una magistrale precisione storica e una cura tecnica dell’immagine davvero molto elevata, che regalano al catalogo Apple Tv+ l’ennesimo titolo di qualità.
Lincoln e Booth: due volti a confronto
Al netto della sua disomogeneità, Manhunt si regge soprattutto sull’antitesi tra il convincente Abraham Lincoln di Hamish Linklater e il superlativo John Wilkes Booth di Anthony Boyle, visto anche nel recente Masters of the Air (qui la nostra recensione). Il dualismo è tutt’altro che stereotipato: di Lincoln scopriamo anche e soprattutto il volto umano e privato, i sogni, le illusioni e le fragilità, mentre nel caso di Booth a trasparire è soprattutto l’intimo desiderio di trovare il proprio posto nel mondo e affermarsi.
Il celebre assassino è pervaso da una vena narcisista che va ben al di là dell’adesione alla causa sudista: il Booth di Boyle vuole a tutti i costi diventare un simbolo ed entrare nei libri di storia, e questo lo condurrà a errori e scelte discutibili, segnando inequivocabilmente il suo destino.
Completa il quadro l’eccellente protagonista interpretato da Tobias Menzies, che a metà strada tra un eroe tragico e un detective da film noir tenterà di vincere una battaglia impossibile e fare davvero giustizia a Lincoln. La bravura e il carisma della versatile star di Rome, Outlander, The Crown, Game of Thrones e The Terror è come sempre fuori discussione, e suggella il successo della serie nel migliore dei modi.
La recensione in breve
Benché caratterizzata da un andamento narrativo non sempre impeccabile, Manhunt colpisce nel segno e ci conduce nelle ombre profonde dell'America di ieri e di oggi, trasformando una celebre pagina di storia in un suggestivo conspiracy thriller.
- Voto CinemaSerieTv