La serie: Pachinko – La moglie coreana 2, 2024. Creata da: Soo Hugh. Cast: Kim Min-ha, Youn Yuh-jung, Soji Arai, Jin Ha:. Genere: Drammatico. Durata: 8 episodi/45 minuti circa. Dove l’abbiamo visto: Su Apple Tv+, in lingua originale.
Trama: Le storie di una famiglia coreana trapiantata in Giappone si intrecciano su due piani temporali diversi: con lo scoppio della Seconda Guerra mondiale le cose per Sunja si fanno estremamente difficili, negli anni Ottanta, invece, il giovane Solomon sta ancora cercando la sua strada e di costruirsi un futuro.
A chi è consigliato? A chi ama le grandi saghe familiari, le storie drammatiche e ambientate in luoghi lontani. È necessario non farsi spaventare dall’idea di vedere la serie in originale perchè gran parte della sua pluralità linguistica.
Sono passati due anni dall’arrivo su Apple Tv+ di una di quelle serie che confermano quanto il catalogo di questa piattaforma in particolare sia tra i più curati e ricercati. Pachinko – La moglie coreana è senza dubbio uno dei prodotti seriali tra i più riusciti degli ultimi anni, peccato solo che non sia conosciuta quanto meriterebbe. Se da una parte i prodotti Apple (per quanto, lo ripetiamo, siano sempre di qualità altissima) non hanno lo stesso “reach” di quelli Netflix o Prime Video, a rendere le cose ancora più complicato c’è il fatto che per cogliere veramente la bellezza di questo show sarebbe necessario vederlo in originale. Al centro di questa storia abbiamo infatti le vicende di una famiglia di origini coreane trapiantata in Giappone: le due lingue, giapponese e coreano, si mescolano in continuazione, contribuendo a creare un affresco ancor più dettagliato della vita vissuta dai protagonisti. Se la piattaforma ha ovviato al problema con sottotitoli in due colori diversi, è chiaro che scegliere la versione doppiata dello show appiattisca parecchio l’esperienza di visione. Fatto uno sforzo in più per guardare lo show in originale, però, quello che ci troviamo davanti è uno dei dramma più intensi ed affascinanti mai realizzati per la televisione, una storia ambientata in diversi contesti temporali capace di toccare temi universali con delicatezza e grande acume.
Fatta questa premessa, è chiaro quanto aspettassimo con trepidazione l’arrivo di Pachinko 2 in piattaforma, ansiosi di continuare le avventure di Sunja (Minha Kim) e della sua famiglia: la vicenda, per ora, è spezzata tra il Giappone della Seconda Guerra Mondiale e quello degli anni Ottanta. Un prima e dopo che ci mostra le difficoltà che la protagonista e i suoi hanno dovuto affrontare, dopo aver lasciato la Corea, in un ambiente che si mantiene costantemente ostile, tanto in passato quanto nel “presente”. Il cuore oscuro di questo racconto familiare sono infatti la discriminazione i pregiudizi che gli immigrati sono stati costretti a subire in Giappone, e come questi si siano evoluti e siano rimasti presenti anche più di mezzo secolo dopo, una patina di intolleranze meno evidente ma senza dubbio ancora ben radicata.
La Seconda Guerra Mondiale
Sono passati sette anni da quando abbiamo lasciato Sunja ad Osaka, sola dopo che il marito Isak è stato portato via dalla polizia locale. Le cose per lei e per i suoi due figli, Noa e Mozasu, non vanno affatto bene, lo scoppio della Guerra rende infatti per tutti difficilissimo andare avanti. La donna, disperata, decide addirittura di ricorrere al commercio di alcol nel mercato nero di Osaka, perché ormai le mancano completamente i mezzi per dar da mangiare ai suoi bambini.
Negli anni Ottanta, la famiglia sembra invece vivere un periodo più fortunato: gli affari procedono e il giovane Solomon (Jin Ha), figlio di Mozasu e nipote di Sunja, cerca di farcela da solo in un mondo lavorativo spietato ma in cui ha le capacità giuste per emergere.
Al centro di questa seconda stagione, più che la porzione di storia ambientata negli anni Ottanta, che è comunque molto importante, viene dato un certo risalto a quella durante la Guerra: le difficoltà vissute da Sunja, una donna sola che cerca di sopravvivere in una società che apertamente la disprezza, vengono aggravate dall’impatto che il conflitto bellico ebbe in Giappone, impatto che come ben sappiamo ad un certo punto si farà terribilmente devastante.
I protagonisti giusti
Minha Kim ha la presenza scenica ideale per sorreggere una narrazione così drammatica, la sua recitazione tutta in sottrazione è perfetta per raccontare i tumulti interiori vissuti dal suo personaggio, capace di mostrare una forza ed una resilienza ammirabili anche nei momenti peggiori. In questa seconda stagione viene data una particolare importanza tanto a Noa come a Mozasu da bambini: il primo mostra molte delle stesse caratteristiche della madre, è capace infatti della stessa forza silenziosa. Mozasu, al contrario, illumina la scena con la sua genuina simpatia ogni volta che viene inquadrato.
Jin Ha nel ruolo di Solomon e Youn Yuh-jung in quello di Sunja da anziana sono invece il cuore narrativo della parte ambientata negli anni Ottanta, il primo con il suo ardente bisogno di crearsi il proprio futuro, la seconda con la mente proiettata verso un passato che ha lasciato su di lei segni indelebili. Come dicevamo molto del focus drammatico della serie è incentrato sul passato, sulle esperienze durante la guerra della famiglia, le storyline che hanno luogo quindi nel “presente” vengono inevitabilmente messe un po’ in secondo piano, togliendo spazio ai personaggi nella seconda fase della loro vita.
Il passato cattura più del “presente”
Questo, anche se è chiaramente una scelta narrativa ben consapevole, è uno dei pochi difetti che riusciamo a trovare in questa serie, che finisce per soffrire di un certo sbilanciamento verso il passato. Lo spettatore è inevitabilmente più attratto dal quello che accade al personaggio di Minha Kim, che si trova a vivere una serie di situazioni da incubo ma riesce comunque a trovare forza e risorse per sopravvivere.
Se il periodo della guerra è dipinto con colori più vividi, con pennellate feroci, quello degli anni Ottanta è più freddo e soffuso, purtroppo meno coinvolgente. Durante la visione ci siamo chiesti più volte come sarebbe stata la serie senza la porzione che prende il via negli anni Ottanta e questo ci ha fatto capire che qualcosa, dal punto di vista della sceneggiatura, con questa seconda stagione purtroppo è andato storto. Questa sensazione, infatti, non l’avevamo provata con la prima stagione.
La recensione in breve
Una perla della serialità che ci racconta una storia toccante, profonda e ricchissima di sfumature. Pachinko 2 è davvero una delle serie migliori prodotte negli ultimi anni.
Pro
- La trama coinvolgente e accattivante
- Interpreti perfetti per i ruoli, in particolare Minha Kim in quello di Sonja
Contro
- La parte ambientata durante gli anni Ottanta risulta un po' meno interessante
- Voto CinemaSerieTV.it