La serie: Ragnarok, 2020. Creata da: Adam Price. Cast: David Stakston, Jonas Strand Gravli, Herman Tømmeraas, Theresa Frostad Eggesbø, Henriette Steenstrup, Synnøve Macody Lund, Bjørn Sundquist.
Genere: drammatico, fantastico. Durata: 45 minuti ca./ 6 episodi. Dove l’abbiamo visto: su Netflix (screener), in lingua originale.
Trama: Magne/Thor ha finalmente ottenuto il martello Mjölnir, una svolta importante nella guerra contro i Giganti.
Era inevitabile, dato l’argomento, che presto o tardi giungesse la fine per la serie teen di Netflix sulle reincarnazioni delle divinità norrene, in procinto di portare al livello successivo la loro sempiterna lotta contro altre forze sovrumane delle leggende scandinave, il tutto nel contesto di un coming of age che nulla ha da invidiare a produzioni di stampo simile realizzate per la televisione americana. Ed eccoci, dunque, a parlare della fine di questa epopea vichinga in salsa odierna, con la recensione di Ragnarok 3.
La trama: conflitto martellante
Avevamo lasciato i vari dèi reincarnati nel paesino di Edda con una svolta importante nella loro lotta contro i Giganti: la morte del leader di questi ultimi, Vidar, e l’ottenimento, da parte di Magne/Thor, del martello Mjölnir, arma fondamentale per l’imminente fine del mondo secondo le leggende norrene (il Ragnarök, appunto), destinata a ripetersi ciclicamente. Ma per i nostri eroi ci sono anche le questioni terrene, come la fine del liceo, e nel caso di Magne c’è la complicazione del fratellastro Laurits, che da un lato gli vuole bene come sempre e dall’altro, in quanto reincarnazione di Loki, ha partorito la creatura che, stando ai miti, porrà fine alla vita di Thor…
Il cast: giovani dèi crescono
Riconfermato quasi l’intero cast principale, con David Stakston e Jonas Strand Gravli che dominano l’azione nei panni di Magne e Laurits, con il solito supporto molto solido da parte dei cattivi interpretati da Herman Tømmeraas e Synnøve Macody Lund (quest’ultima una delle autentiche rivelazioni dell’audiovisivo norvegese degli ultimi dieci anni, avendo optato per l’altro lato della barricata dopo una prima carriera nell’ambito della critica cinematografica). Ma lì c’è anche l’unico vero passo indietro della terza stagione rispetto alle due precedenti, con l’assenza evidente di Gisli Örn Gardarssson nel ruolo di Vidar, minaccioso e carismatico anche grazie al bilinguismo dell’attore (norvegese di origine islandese) che tornava comodo per le scene in cui il Gigante si esprimeva nella lingua norrena (la cui grammatica è sostanzialmente identica a quella dell’islandese moderno).
Addio, Edda
Che sia la fine, al netto di un finale volutamente sottotono che in teoria lascia la porta aperta per una possibile prosecuzione, lo dicono esplicitamente i titoli di coda dell’ultimo episodio che, sulla falsariga di Twilight, iniziano con immagini del cast dai tempi della prima annata, per ricordarci il percorso a cui abbiamo assistito nel corso degli anni. Un percorso che è riuscito in maniera efficace a “smallvillizzare” la mitologia nordica, calandola in un contesto contemporaneo con non poca ironia (impagabile, nella prima stagione, Vidar che sbotta “Non un tempo dominavamo il mondo”, con il “figlio” che prontamente gli risponde “E adesso guidi una Volvo del cazzo!”). Proprio come la rilettura seriale delle vicende di Clark Kent, la serie non ha mai perso di vista il fatto che in fin dei conti l’importante era il coming of age e non tanto l’aspetto mitologico, che era soprattutto un pretesto per affrontare in maniera divertente il tema della pubertà (vedi Magne che, dopo aver ricevuto Mjölnir, improvvisamente si ritrova barbuto come la sua controparte adulta nei miti). Ed è giusto, considerando anche la ciclicità del Ragnarök, che l’evento cataclismico faccia un passo indietro. Dopotutto, ora che hanno portato a termine una parte importante della loro maturazione fisica e intellettuale, i nostri hanno tutto il tempo del mondo.
La recensione in breve
Ragnarok si congeda dal pubblico con una terza stagione meno incisiva delle due precedenti, complice l'assenza del villain principale, ma coerente con il desiderio di rielaborare la mitologia scandinava in ottica teen.
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Voto CinemaSerieTV