La serie: Ripley, 2024. Creata da: Steven Zaillian. Genere: Thriller, Drammatico. Cast: Andrew Scott, Johnny Flynn, Dakota Fanning, Margherita Buy, Maurizio Lombardi. Durata: 8 episodi/50 minuti circa. Dove l’abbiamo vista: Su Netflix, in anteprima stampa ed in lingua originale.
Trama: Un truffatore si ritrova in un mondo di ricchezza e privilegi dopo aver accettato un incarico speciale in Italia. Ma per avere la vita che desidera, deve tessere una rete di bugie.
Da uno dei più grandi capolavori della letteratura noir di tutti i tempi arriva la miniserie Netflix in otto episodi tratta dal celebre romanzo Il talento di Mr. Ripley di Patricia Highsmith. Il protagonista fittizio dell’eclettica scrittrice americana, Tom Ripley, ha già avuto più di un volto sul grande e piccolo schermo, e che volti: Alain Delon nel 1960 in Delitto a pieno sole, Dennis Hopper in L’amico americano di Wim Wenders, il celebre Matt Damon in The Talented Mr. Ripley di Anthony Minghella, l’inossidabile John Malkovich in Il gioco di Ripley della nostra Liliana Cavani, ed infine Barry Pepper in un film televisivo del 2005 di poco successo, Ripley Under Ground. Il 4 aprile 2024 su Netflix sbarca il britannico Andrew Scott nei panni del criminale sociopatico più celebre della letteratura noir del Novecento.
Nella nostra recensione di Ripley vi racconteremo come il regista, sceneggiatore e showrunner della miniserie Steven Zaillian sia riuscito in un tentativo assolutamente non semplice; quello ovvero di riportare in vita (stavolta per il piccolo schermo) il primo volume di una saga letteraria che ha avuto più anime e letture diverse nel corso della storia del grande e piccolo schermo del passato, scegliendo la strada maestra del rispetto filologico e dell’ambizione espressionista nei confronti del capolavoro pubblicato da Patricia Highsmith nel lontanissimo 1955.
L’arte (criminale) di diventare un’altra persona
Nella New York dei primi anni 60, Tom Ripley (Andrew Scott) tenta di mantenersi a galla rendendosi protagonista di piccole truffe e raggiri. Tira a campare con questi mezzucci finché non viene contattato da un uomo molto ricco (Kenneth Lonergan), che lo assume per andare in Italia e convincere a tutti i costi il figlio ribelle e vagabondo, Dickie Greenleaf (Johnny Flynn), a tornare a casa e prendersi le proprie responsabilità. Ripley accetta l’incarico e si reca nel bel paese, dove finisce per trovarsi immerso in una complicata rete di inganni, frodi e assassinii che lo porteranno a fare un vero e proprio giro dell’Italia della “Dolce Vita”. Con omicidio.
Esattamente come esordiva il celebre romanzo di Patricia Highsmith nel 1955, anche la miniserie ideata da Steven Zaillian segue le orme del capolavoro letterario del secolo scorso. Un percorso di rispetto ed ammirazione sincera verso la fonte d’origine che ha portato il regista e sceneggiatore statunitense (nel 1994 ha vinto l’Oscar per l’adattamento di Schindler’s List, ma ha curato anche le sceneggiature di Gangs of New York e The Irishman per Scorsese) a mettersi nei panni di regista, scrittore e produttore esecutivo di tutti e gli otto episodi di cui è costituita la miniserie targata Netflix ed in arrivo sulla piattaforma dal 4 aprile. Il risultato, pur con piccole incertezze, è di notevole abbaglio.
Anatomia di un sociopatico da manuale
Prima di ogni altra cosa, Ripley è il racconto (prima di inchiostro e poi per piccolo schermo) di un profilo sociopatico da manuale. Tutta la complessa struttura narrativa e le livellazioni di personaggi gravitano attorno ai pensieri criminosi e alle azioni sporche di sangue dell’inafferrabile ed imprevedibile Tom Riply. Un mascalzone letterario che ha avuto così tanto piglio sui lettori di tutto il mondo a partire dalla metà degli anni Cinquanta che ha dato vita ad una vera e propria saga editoriale costituita da ben cinque volumi, forse però meno incisivi rispetto al capolavoro Il talento di Mr. Ripley. Steven Zaillian, qui anche in veste di showrunner (lo era stato già per la tv dietro le quinte dell’ottima The Night Of di HBO, con Riz Ahmed e John Turturro) sceglie di omaggiare la rivoluzione editoriale del primo romanzo della serie noir allestendo uno spettacolo televisivo di grande impatto, sia visivo che contenutistico.
A partire dalla scelta consapevole di realizzare ogni episodio della serie ammantandola di un funereo bianco e nero, curato dal direttore della fotografia Robert Elswit (habitué di Paul Thomas Anderson e premio Oscar per Il petroliere) e che incornicia le (dis)avventure di Tom Ripley in Europa cristallizzandole in un malato e febbrile racconto di immedesimazione altrui, di crimine ed omicidio. Sullo sfondo monumentale e (solo apparentemente) da cartolina di un’Italia da “dolce vita”.
Un’Italia da cartolina?
In Ripley, così come nel romanzo d’origine, c’è tanta, tantissima Italia. Quella dei primi anni ’60, del boom economico, del prototipico benessere della società occidentale a circa quindici anni di distanza dalla macerie della Seconda Guerra Mondiale, del Bel Paese che si stava risollevando e che stava ospitando sempre più turisti e visitatori stranieri nei suoi luoghi più belli e suggestivi. Un modello di “Dolce Vita” professato un po’ grottescamente da Federico Fellini nel suo capolavoro del 1960 e che stava attraendo frotte di curiosi dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti d’America. Il percorso narrativo che compie Tom Ripley (ma anche parte dei personaggi corollari che gli ruotano attorno) percorre i sentieri battuti del nuovo turismo internazionale già dalla metà degli anni ’50, costruendo attorno al sociopatico criminale un’inedita storia noir dal rivoluzionario sapore del globe-trotting.
Dalle meraviglie paesaggistiche della Atrani sulla Costiera Amalfitana alle rovine imperiali di una Roma cupa e notturna passando per il fascino arabeggiante della Palermo siciliana fino alla bellezza immortale ed acquatica di Venezia, la fuga di Tom Ripley ha tutto il sapore di un viaggio solo superficialmente “da cartolina”. Perché per quanto la scelta artistica di portare sul piccolo schermo i personaggi della Highsmith optando per un perenne bianco e nero possa essere additata come un puro vezzo visivo, contribuisce invece ad enfatizzare (letteralmente) luci ed ombre di un profilo criminale più unico che raro. Un profilo partorito per la tv da un consumato sceneggiatore che già ha saputo in passato trattare adattamenti non semplici, e da un interprete principale in Andrew Scott che riesce mirabilmente a restituire allo spettatore anche più neofita tutta la pericolosa imprevedibilità di Tom Ripley, anche in un solo sguardo, un singolo movimento degli occhi, del capo, della bocca.
Una serie televisiva espressionista
Per tali motivi, a conti fatti, il Ripley targato Netflix ci ha particolarmente convinto ed intrattenuto. Perché curioso oggetto per piccolo schermo che, pur debuttando nel catalogo di una piattaforma di contenuti spesso mediani ed “algoritmici”, si prende i suoi tempi narrativi con pazienza ed amore verso il capolavoro di Patricia Highsmith, remando in direzione ostinata e contraria rispetto alla produzione contemporanea di serie televisive spesso e volentieri cotte e mangiate. Produzioni magari anche di pregio, eppure al contempo prive di sfide e stimoli nei confronti dello spettatore odierno dello streaming legale, sempre più impigrito e poco avvezzo alla cura e alla sana lentezza propria della materia letteraria.
Il Ripley di Steven Zaillian, tra le altre cose, insegna quanto le piattaforme contemporanee abbiano progressivamente allontanato il pubblico di utenti di tutto il mondo dalla fruizione “altra” della letteratura del presente e del passato, sostituendo l’assimilazione seriale del racconto universale a quello intrinsecamente flemmatico e paziente di un buon libro. Siamo sicuri che a Patricia Highsmith sarebbe piaciuto l’approccio di Zaillian verso il suo incomparabile neo-noir psicologico.
La recensione in breve
La miniserie di Steven Zaillian tratta dal primo romanzo di Patricia Highsmith dedicato a Tom Ripley sorprende e soddisfa tutti coloro che cercavano da tempo un adattamento fedele ed affascinante del capolavoro letterario del noir americano. Ammantato da un bianco e nero sinistro ed espressionista, Ripley è sorretta da un titanico e sfaccettato Andrew Scott.
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