Titoli episodi: Offesa / Decisione. La serie: Romulus II: La guerra per Roma, del 2022. Creata da: Matteo Rovere. Genere: Storico, drammatico. Cast: Francesco di Napoli, Andrea Arcangeli, Emanuele Di Stefano e Marianna Fontana. Durata: 50 minuti ca./2 episodi. Dove l’abbiamo visto: Su Sky Atlantic, in lingua originale (proto-latino).
Trama: Dopo la sconfitta dell’usurpatore Amulius, Wiros e Yemos fondano una nuova città in onore della dea-lupa, Rumia. Dovendo stabilire i primi rapporti diplomatici con i popoli vicini, i due re si recano a Cures, nelle terre dei Sabini, per stringere un patto con il potente re Titus. L’incontro tuttavia non va come sperato: viene versato del sangue, e Wiros è costretto a prendere in ostaggio le sacerdotesse sabine. È l’inizio di una nuova guerra, e i due re di Roma chiedono aiuto alla vicina Alba e alle altre città della disciolta lega latina. Nel frattempo, Ilia lotta con un segreto che non riesce a confessare, e che la tormenta nel sonno.
Nel 2020, a un anno dal successo de Il Primo Re, Matteo Rovere è tornato a esplorare la preistoria latina dell’VIII secolo a. C. con la prima stagione di Romulus, una serie tv targata Sky Atlantic.
Lo show si proponeva l’ambizioso obiettivo di riscrivere completamente la storia appena abbozzata sul grande schermo, e di scavare a fondo tra le testimonianze archeologiche, le antiche civiltà e i riti arcaici della valle del Tevere, dilatando la portata della narrazione e facendo rivivere in un’ottica storica l’antico mito dei figli della Lupa.
Tra preistoria, epica e crudo realismo, nel primo ciclo di episodi abbiamo così riscoperto in una forma del tutto inedita le mitiche vicende di Amulio e Numitore, della sacerdotessa Rea Silvia e di due giovani uomini che, pur finendo per diventare fratelli, non condividono affatto lo stesso sangue: Yemos è l’ultimo dei due eredi al trono della nobile città di Alba, mentre Wiros è uno schiavo senza nome di origini sconosciute.
Ne è venuto fuori un racconto maturo, convincente e ricco di suggestioni che, tuttavia, si interrompeva proprio sul più bello, con la cacciata del tiranno Amulius e la fondazione di una nuova città: Roma.
Come vedremo in questa recensione dell’episodio 1 e 2 di Romulus 2, a due anni di distanza, è finalmente giunto il tempo di fare i conti e sciogliere ogni riserva, perché l’esperimento narrativo di Rovere entra nel vivo con la sua seconda stagione.
La trama: i due re di Roma affrontano la crudeltà di Titus
Al posto della vecchia Velia, Wiros e Yemos sono finalmente riusciti a fondare Roma, una città consacrata al culto della dea-lupa Rumia. Per consolidare la propria posizione nella regione a livello diplomatico, tuttavia, i due nuovi re devono recarsi immediatamente in compagnia di Ilia, Deftri e degli altri guerrieri a Cures, nella terra dei Sabini.
La città è governata dal volubile e crudele Titus, un giovane sovrano che sostiene di essere il figlio del dio Sancos, forte della protezione della Guardia Sacra e dell’esperto comandante Sabos: per lui, Roma è una minaccia da estirpare al più presto, dal momento che molti schiavi già bramano di fuggire verso il nuovo insediamento, dove si mormora che chiunque possa trovare la libertà.
Sulle prime, Titus cerca invano di creare discordia tra i due nuovi re di Roma: come si può sedere su un trono in due? Wiros, oltretutto, è il figlio di uno schiavo, mentre Yemos è di stirpe regale. Le tensioni aumentano, finché nel corso del rito sacro che dovrebbe sancire l’alleanza non viene versato del sangue romano.
La situazione precipita, e Wiros si vede costretto a prendere in ostaggio cinque sacerdotesse sabine di Cures per ottenere un difficile salvacondotto. È il famoso “ratto delle sabine”, a cui seguirà inevitabilmente la guerra: Titus chiede alla città di Alba l’ingresso nelle sue terre per punire Roma, Wiros si rivolge a una vecchia conoscenza per ricevere aiuto dalla disciolta lega latina, e Yemos si scontra con sua madre Silvia, che continua a esortarlo a preservare la pace con i Sabini, e a disapprovare la fondazione della nuova città.
Nel frattempo, Ilia è tormentata da sogni e visioni: sia di giorno che di notte, un’ombra misteriosa mantiene fisso il suo sguardo su di lei, per ricordarle che non ha tenuto fede al proprio voto. Anche il suo mentore Attus avverte che qualcosa è cambiato, e che la giovane si ostina a celare un segreto a tutti coloro che la circondano. Solo dopo molte sofferenze Ilia deciderà di confessare la verità a Yemos, proprio mentre le conseguenze delle sue azioni tornano ad abbattersi sulla città di Alba.
La nascita di un nuovo mondo all’ombra della guerra
Se la prima stagione di Romulus aveva raccontato una storia di distruzione e sovversione dell’ordine preesistente, il nuovo ciclo di episodi propone invece fin da subito un racconto dedicato alla costruzione e alla fondazione di una nuova civiltà.
“Da questo giorno, inizia un nuovo secolo. Il tempo della guerra è tramontato, e per tutti noi sorge un nuovo sole di giustizia“, afferma emblematicamente Yemos all’inizio del primo episodio, sancendo un autentico manifesto programmatico del nuovo ciclo di episodi.
Lungi dal proporci un sequel fine a se stesso, Rovere scopre le carte e ci rivela un grandioso progetto socio-culturale articolato in due momenti, con una pars destruens e una pars costruens.
Lo spargimento di sangue, però, è appena cominciato. Ogni civiltà per affermarsi deve soppiantare quella che l’ha preceduta, e successivamente lottare per difendere il nuovo equilibrio che si sta affermando. È questa la nuova spinta che anima Wiros, Yemos e Ilia, e che rivoluziona radicalmente le azioni e le motivazioni dei nostri eroi.
Nella prima stagione i protagonisti della serie erano una banda di reietti senza nulla da perdere, resi invincibili dalla forza della disperazione. Ora invece, i selvaggi adoratori di Rumia devono evolversi, trasformandosi da distruttori a difensori di una nuova civiltà, prima che la violenza del mondo circostante si abbatta sulle fragili capanne di Roma.
Come se non bastasse, una piccola crepa sembra inconsciamente iniziare a farsi strada nel nuovo ordine, sebbene Wiros e Yemos ostentino la propria unità fraterna: i due sovrani di Roma sono davvero due pari? È veramente possibile regnare in due?
Un ottimo cast e un antagonista memorabile
Il cast della seconda stagione di Romulus è contraddistinto da molte eccellenti conferme, a partire dai tre protagonisti del racconto, Wiros (Francesco di Napoli), Yemos (Andrea Arcangeli) e Ilia (Marianna Fontana). Tutti gli interpreti svolgono un ottimo lavoro nel delineare in maniera incisiva i sentimenti e la profondità dei propri personaggi, restituendoci un’immediata familiarità con le loro vicende anche a distanza di due anni dall’ultimo episodio.
In particolare, è sempre spettacolare ammirare la capacità del cast assemblato da Rovere di recitare in maniera intensa e convincente nell’ostica lingua proto-latina della preistoria romana, che ricordiamo essere stata ricostruita a tavolino da un gruppo di linguisti appositamente per la serie, con un plausibile equilibrio di radici indoeuropee arcaiche (bréter per “fratello”), declinazioni latine classiche e grecismi tanto evocativi quanto difficili da pronunciare (potnia per “déa”).
Tornando al cast, tuttavia, non si può non menzionare la performance più memorabile dei primi due episodi e forse dell’intera serie, ossia quella della new entry Emanuele Di Stefano, che veste i panni di Titus, ossia del Tito Tazio dei libri di storia.
Il re dei Sabini è un giovane tiranno crudele, viziato e volubile, che ottiene sempre ciò che vuole, e non accetta un “no” come risposta. Nel corso delle prime due puntate Di Stefano riesce a coniugare equilibrio e follia, portando in scena movenze effemminate, improvvisi scatti d’ira e sguardi spiritati che ci trasmettono immediatamente l’idea di trovarci al cospetto di un individuo che è convinto per davvero di essere una divinità.
Il fascino della Storia
Sia dal punto di vista registico e cinematografico, la nuova stagione di Romulus esordisce nel migliore dei modi, proiettandoci in un Lazio arcaico impregnato di ritualità, mito e misticismo.
La figura efebica del re adolescente, Titus, attorniato dalle sue sacerdotesse mascherate che rivestono un’insostituibile funzione materna evoca un gran numero di archetipi mitologici, letterari e cinematografici, e contribuisce a condurci un universo unico, sospeso in equilibrio tra il realismo più crudo e una dimensione mistico-rituale che trasmette le stesse suggestioni del miglior fantasy.
Nel corso delle prime due puntate, lo sguardo del regista non esita ad addentrarsi in un regno psichedelico popolato da sogni, visioni, profezie e cerimonie, ma rimane al tempo stesso saldamente incardinato nelle testimonianze archeologiche e nell’immaginario storico dell’antica valle del Tevere, senza mai fare concessioni alla magniloquenza fotografica o all’epos fine a se stesso.
A dispetto di qualsiasi pronostico, Rovere continua a uscire vincitore da una sfida in apparenza molto difficile, ossia quella di far innamorare il grande pubblico di un mondo cupo, primitivo e pressoché inesplorato dalla settima arte, ossia il Lazio preistorico dell’ottavo secolo avanti Cristo.
Anche se su altri schermi spopolano le enormi città di marmo di Númenor e i tetti rossi di Approdo del Re, Romulus non si sottrae al confronto con i colossi seriali del momento e ci fa riscoprire il fascino genuino dell’autenticità storica, del rito e del sacro, imboccando un cammino che potrebbe persino condurlo a diventare una pietra miliare della serialità italiana contemporanea.
La recensione in breve
La seconda stagione di Romulus esordisce nel migliore dei modi, e debutta con un paio di episodi che ci riportano nel Lazio primitivo, tra nuove minacce e vecchi segreti. Con le sue doti registiche e l'ausilio di un ottimo cast, Matteo Rovere sembra aver definitivamente vinto la difficile scommessa di rendere magiche e affascinanti le arcaiche origini della città di Roma.
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Voto CinemaSerieTV