Il film: Spy Ops: operazioni speciali, 2023. Regia: Marek Bures.Cast: Phill Reilly, Gary Schroen,Marc Cisneros,Mikhail Lyubimov, Ali Ağca, Genere: Documentario. Durata: 50 minuti ca./8 episodi. Dove l’abbiamo visto: Netflix.
Trama: Otto diverse missioni, tentati omicidi o sovvertimento di governi che hanno definito le pagine più importanti della Storia tra gli anni Ottanta e l’inizio del 2000. A raccontarli, però, questa volta sono i diretti interessati. Ossia gli agenti dei servizi segreti americani, russi ed inglesi in un’alternanza di doppi giochi e prove occultate che ancora oggi rendono molto difficile comprendere dove sia effettivamente collocata la realtà.
A 22 anni dagli eventi di quell’11 settembre che ha inevitabilmente cambiato il mondo, Netflix inserisce nella sua piattaforma streaming una nuova docu-serie che muove i suoi passi proprio da quell’evento drammatico. Spy Ops: operazione speciale, infatti, è composta da otto episodi, ognuno dei quali è incentrato sul racconto di un evento storico avvenuto in diversi momenti e narrato attraverso l’esperienza di agenti dell’M16 e della CIA. Ed il primo prende in considerazione proprio l’attacco alle Torri Gemelle e la successiva operazione Jawbreaker, compiuta solo undici giorni dopo i drammatici eventi del World Trade Center con cui gli americani si sono adoperati economicamente per rovesciare il regime talebano.
A questa seguono altri eventi che hanno interessato più nello specifico l’Europa come, ad esempio, il tentato assassinio di Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro. In sostanza, dunque, si tratta di un’evoluzione dei documentari già ampiamente prodotti da Netflix. Questa volta, però, il canale ha voluto giocare non sul ritratto umano o sulle gesta sportive. Al centro della narrazione, infatti, c’è parte di una storia contemporanea che assume un maggior interesse agli occhi dello spettatore in quanto parte effettiva di un racconto personale. A questo, poi, si aggiunge anche un certo fascino dato che, come voci narranti, sono stati scelti proprio gli agenti segreti coinvolti. Per comprendere meglio quali sono gli aspetti essenziali di questa docuserie, però approfondiamo l’analisi nella recensione di Spy Ops: operazioni speciali.
Trama: Il fascino misterioso della Storia
Ci sono alcune pagine della Storia contemporanea che, a distanza di molti anni, continuano ad esercitare un fascino incredibile sull’opinione pubblica. Questo, in gran parte, si deve al fatto che presentino ancora delle profonde zone d’ombra dove il non detto assume proporzioni notevoli. A questo, poi, si aggiunge anche il ruolo che hanno nella memoria generale. Per la maggior parte, infatti, si tratta di eventi che scaturiscono la fatidica domanda: ti ricordi dove eri e cosa stavi facendo quando è accaduto?
Considerando tutto questo, dunque, il documentario prende spunto proprio dall’11 settembre 2001 che, di diritto, può essere considerato come la memoria “bellica” e di dolore personale della generazione di quarantenni e cinquantenni. Per la prima volta, infatti, un attentato di così vaste proporzioni avviene in diretta in gran parte del mondo, creando una sorta di unione universale. Per questo motivo la successiva operazione segreta Jawbreaker, condotta in Afghanistan dai servizi segreti americani, non può che accendere l’interesse e la fantasia del pubblico. Di cosa si tratta? Sostanzialmente del racconto dettagliato da parte della CIA di come hanno deciso di pagare l’intervento di gruppi ribelli per destituite la dittatura dei talebani.
A questi fatti, poi, fanno eco quelli più strettamente italici ma che hanno avuto un contraccolpo internazionale a causa del protagonista coinvolto. È il 13 maggio 1981 quando in Piazza San Pietro vengono sparati due colpi di pistola nella direzione di Papa Giovanni Paolo II che, immediatamente, viene trasportato all’Ospedale Gemelli per essere operato. Viene fermato come esecutore materiale il turco Mehmet Ali Ağca. Lo stesso che assume il ruolo di voce narrante di questo episodio. E, d’altronde, chi meglio di lui potrebbe raccontare quanto accaduto visto il modo in cui è riuscito a manipolare informazione e giustizia senza giungere effettivamente a nulla. Almeno per quanto riguarda i mandanti.
Per finire, poi, uno degli episodi più interessanti su cui indagare è quello che viene identificato come Operazione Pimlico. Si tratta di un caso legato a doppio filo al periodo della Guerra Fredda e, come tale, mette in scena una serie di spie doppiogiochiste tra Occidente ed Oriente. Nello specifico la vicenda prende il via dalla figura dell’ufficiale dell’intelligence britannica Michael Bethany, deciso a vendere informazioni al KGB. Vero protagonista della storia, però, è un’altra spia. In questo caso russa. Si tratta di Oleg Gordievskij, di stanza a Londra dai primi anni ottanta. Arrivato ai livelli più alti del Kgb, però, per molti anni è stato un doppiogiochista a vantaggio del governo britannico. Insomma una vicenda che sembra uscita direttamente dalle pagine di Ian Fleming e, per questo motivo, porta con sé il fascino del proibito di un’epoca misteriosa.
Il racconto dell’immagine
Spy Ops è una produzione realizzata considerando, da un punto di vista strettamente estetico, due elementi essenziali: la pulizia narrativa del documentario e l’attenzione per le immagini tutta cinematografica. Questo vuol dire, dunque, che ogni vicenda viene raccontata attraverso le voci dei diretti interessati e dei documenti a disposizione, seguendo la tradizione documentaristica. Allo stesso tempo, però, le ricostruzioni o la gestione delle immagini di repertorio sono sottoposte ad un montaggio volto a creare un racconto volontariamente coinvolgente.
In questo modo, dunque, si va a sfruttare ampiamente la curiosità generale che accompagna alcuni eventi particolarmente noti, amplificandola attraverso un racconto gestito come se fosse un film di spionaggio. Una narrazione, però, che non perde mai la sua accezione realistica. Le immagini, infatti, non fanno che riportare lo spettatore ad un confronto realistico con la materia trattata. E, in questo modo, si ha la sensazione di essere all’interno di un compendio storico contemporaneo all’interno del quale la fantasia non trova spazio. Piuttosto offre l’illusione di sollevare un velo sul mistero.
Fino a dove arriva la verità?
Questa è la domanda che, fin dal primo episodio, sorge in modo naturale. A renderla necessaria sono soprattutto le voci narranti coinvolte in ogni caso. Si tratta di ex agenti della CIA e dell’M16 che, con placida pazienza ed un pizzico di orgoglio, si mettono a disposizione della telecamera e del racconto. Chiarito questo e partendo dal presupposto della desecretazione di alcuni documenti, è naturale porre una domanda: ci troviamo di fronte ad una verità rivista e corretta a favore di camera?
Ovviamente è impossibile ottenere una risposta effettiva a questo quesito. E, come spesso accade con il cinema, l’unica possibilità a disposizione è stringere un rapporto di fiducia con ciò che ci viene mostrato. Per il resto è consigliabile ricordare, durante la visione che, nonostante il passare del tempo e l’apparente conclusione di un periodo o un evento, la Storia non è mai veramente finita.
La recensione in breve
Ancora una volta Netflix dimostra di prestare molta attenzione ai documentari prodotti. In questo caso offre, in otto episodi, un racconto avvincente di alcuni eventi che hanno caratterizzato la storia contemporanea dalla fine del novecento ai primi anni 2000. Una narrazione che non è mai didascalica e che, grazie all'intervento in prima persona di agenti segreti, mantiene un fascino misterioso. A questo, poi, si aggiunge anche il potere di una memoria comune che colloca determinate immagini in un ricordo globale e personale.
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Voto CinemaSerieTV