La serie: Squid Game – La sfida, 2023. Creato da: Liz Oakes. Cast: David Bowie. Genere: Reality . Durata: 55 minuti ca./10 episodi Dove l’abbiamo visto: In anteprima su Netflix.
Trama: 456 concorrenti partecipano a un gioco a premi con in palio 4,56 milioni di dollari. Si sfideranno in una serie di prove ispirate direttamente dalla serie di Squid Game, con l’aggiunta di alcune sfide create ad hoc per l’occasione. Insieme metteranno a punto strategie, alleanze e tradimenti con l’obiettivo di superarle e/o eliminare altri concorrenti.
Squid Game, approdata su Netflix tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno del 2021, attirò le attenzioni del pubblico di mezzo mondo, facendo compiere un ulteriore passo al processo di crescente notorietà che tutto il movimento audiovisivo sudcoreano stava vivendo. Percorso sintetizzato alla perfezione solo un anno prima alla Notte degli Oscar con la consacrazione di Parasite. L’idea alla base era di prendere alcune caratteristiche basi della new wave sudcoreana, come l’inserimento di un determinato discorso sociale mischiano neorealismo e cinema di genere, a cui aggiungere in modo furbo una serie di altri riferimenti. Su tutto il genere battle royale, vero dominatore dell’ultima decade e che era uscito ancor più rafforzato dalla pandemia.
A cui son stati sommati elementi della corsa a premi alla Takeshi’s Castle che erano stati ripresi, più o meno nello stesso periodo, anche da un videogioco come Fall Guys. Una miscela poi infiocchettata dalla mano di Netflix in una confezione dall’aspetto squisitamente pop e appetibile per un pubblico ampissimo. Come detto il risultato fu un successo spropositato e chiunque avrebbe scommesso su una riproposizione di quella proprietà intellettuale attraverso un sequel (in arrivo), uno spinoff o un remake. Pochi – se non nessuno – avrebbero immaginato la creazione di un reality/gioco a premi ispirato alla serie. Ma, come vedremo nella nostra recensione di Squid Game – La sfida, non c’è limite al peggio.
Squid Game – La sfida: di cosa si tratta
Squid Game – La sfida è a tutti gli effetti un incrocio tra un reality e un gioco a premi. A partire sono 456 concorrenti di tutte le etnie e le nazionalità possibili. A dominare linguisticamente è l’inglese, a tradire un’evidente trazione anglo-americana di tutto il progetto. Il bottino è di 4,56 milioni di dollari, cifra importante e che viene ricordata con costanza, come un piatto prelibato o, meglio, un frutto irresistibile del peccato. La gara è però a eliminazione e, man mano che il numero di concorrenti cala, la fetta di denaro raggiungibile da ognuno inevitabilmente aumenta.
Un meccanismo che già sottolinea la componente puramente individualista della sfida. I giochi sono in sostanza quelli che abbiamo imparato a conoscere in Squid Game, da “1,2,3 – Stella (o stai là, la questione è ancora aperta)” fino al gioco legato ai disegni. A questi si aggiungono alcune nuove prove, create appositamente per l’occasione e meccanismi di eliminazioni tramite voti segreti, a sottolineare un sistema di alleanze e tradimenti la cui esistenza era già intuibile. Oltre all’aspetto da gioco a premi, abbiamo anche la classica componente da reality, con storie di vita strappalacrime raccontate in una sorta di confessionale dall’aspetto di una stanza da interrogatori.
Una malsana replica in scala 1:1
Tutto gli aspetti principali del macabro gioco raccontato dalla serie sudcoreana sono replicati con grande fedeltà. I vestiti dei concorrenti, le prove con le peculiari arene, la struttura, i dormitori, le guardie con costumi e maschere, le sale di comando e pure i momenti notturni o delle razioni pasto. Da questo punto di vista non ci si può certo lamentare. Tanto che a un certo punto sorge spontanea una domanda: ma i concorrenti alla fine muoiono? E si badi bene, non si sta scadendo in una semplice (e legittima visto il prodotto) ironia. Già solo il fatto che una domanda e un pensiero di questo genere sorgano spontanee non è indice di normalità.
La cosa più assurda è che evidentemente anche chi ha ideato il prodotto deve essere giunto a una conclusione simile. I creatori di Squid Game hanno infatti ben pensato di inserire delle micro-cariche di vernice – attenzione: dal pigmento simile al sangue, non simpaticamente colorata -, di farle detonare a comando in caso qualcuno incappi in un’eliminazione e di suggerire ai concorrenti (alcuni dei quali visibilmente spaventati dalle esplosioni) di accasciarsi a terra fingendosi morti una volta eliminati. Un insieme di dinamiche, dettagli e caratteristiche che ci fa sopraggiungere un’ulteriore domanda: ma perché?
Il peggiore esempio d’intrattenimento contemporaneo
Cerchiamo di ricapitolare. Squid Game è una serie sudcoreana che guardava con occhio critico determinate dinamiche sociali di un gruppo di personaggi che, a causa di debiti, gioco d’azzardo, particolari circostanze politiche o familiari, si trovavano a dover partecipare a un’orrenda ma colorata corsa al massacro basata su giochi da bambini, con l’obiettivo di vincere dei soldi. Per poi scoprire sul finale che si trattava di un programma gradito da alcuni magnati internazionali. Il tutto descritto in maniera da porre il peggior giudizio morale possibile a tutto il meccanismo e al sistema capitalistico in generale.
Mentre Squid Game – La sfida è un reality in cui tutto il gioco al massacro è replicato in maniera minuziosa fin nei minimi dettagli, con tanto di finte morti, senza alcun filtro morale e con l’unico obiettivo di far vedere un mucchio di persone (e non personaggi) pronti a tutto per vincere dei soldi. Il tutto in una produzione anglo-americana che non lascia e non accenna in minima parte, se non in modi vagamente colonialisti, all’origine della proprietà intellettuale. Ecco, basterebbe questa semplice contrapposizione per comprendere dove risiede il problema. Certo, non è la prima volta che viene portata avanti un’operazione simile. D’altronde lo stesso Grande Fratello non è niente di diverso da questo. Son passati però una trentina di anni, la sensibilità nel mondo grazie al cielo è cambiata.
La prima che dovrebbe saperlo è proprio l’industria dell’intrattenimento americano che su quei cambiamenti sta investendo e si sta giocando il suo intero futuro. E invece ci si trova davanti a un prodotto irricevibile e, per una volta seriamente, profondamente malsano e diseducativo. Dopo l’uscita di Squid Game in molti si sono sperticati nel difendere la serie da accuse balzane dei media riguardo a una presunta cattiva influenza sul pubblico, in particolare quello più giovane. In questo caso le critiche che arriveranno (e arriveranno) saranno più che giustificate perché Squid Game – La sfida è senza dubbio il peggior esempio d’intrattenimento contemporaneo (ed è pure terribilmente noioso).
La recensione in breve
Squid Game - La sfida è un reality/gioco a premi che replica in tutto e per tutto la gara vista nella serie sudcoreana, con tanto di concorrenti eliminati costretti a fingersi morti. Un prodotto che ripropone senza alcun filtro le stesse dinamiche individualiste e turbo-capitalistiche che l'opera originale mostrava con sguardo critico. Operazione malsana e preoccupante che si aggiudica lo scettro di peggior esempio d'intrattenimento contemporaneo.
- Voto CinemaSerieTv