La serie: Succession, 2023. Creata da : Jesse Armstrong. Cast: Brian Cox, Sarah Snook, Jeremy Strong, Kieran Culkin, Matthew Mcfadyen. Genere: Drammatico Durata: 55 minuti circa. Dove l’abbiamo vista: Su Sky Atlantic.
Trama: La vendita epocale della Waystar Royco al visionario del tech Lukas Matsson si avvicina e i membri della famiglia Roy si preparano a una lotta per il potere ancora più accesa.
Al secondo episodio della quarta (e ultima) stagione, Succession pare veramente inarrestabile. La serie targata HBO creata da Jesse Armstrong sta per concludersi definitivamente, e a otto episodi dal gran finale si conferma tra i meglio riusciti prestige drama nella storia recente del network americano, che pure in passato ci ha abituati a storie per il piccolo schermo ma di grandissima qualità.
Nella nostra recensione di Succession 4×02 vedremo come lo show televisivo di Armstrong si stia sempre più addentrando nel cuore e nelle psicologie complesse dei suoi protagonisti che, a un passo dalla chiusura, si accingono a giocare tutte le carte a disposizione per vincere la guerra intestina contro il padre padrone Logan Roy (Brian Cox).
La trama: la guerra si infittisce
Dopo gli eventi che hanno dato il via alla quarta stagione con un primissimo episodio semplicemente esplosivo, con “Reharsal” la serie HBO creata da Jesse Armstrong mette in chiaro le carte in tavola e amplifica le trincee e le alleanze che si sono nuovamente create all’interno della famiglia Roy. In “The Munsters” il compleanno di Logan si era trasformato in una vera e propria bidding war per accaparrarsi la morente Waystar al miglior offerente, qui invece si guarda direttamente al futuro: il protagonista interpretato da Brian Cox sale (stavolta letteralmente) sul podio della sua nuova realtà manageriale prima della vendita storica della sua Waystar Royco al magnate svedese Lukas Matsson (Alexander Skarsgard) per lanciare un messaggio forte e chiaro: nonostante l’affare che ha concluso con Matsson, lui non ha minimamente intenzione di tirarsi indietro.
Ed è quindi così che i fedeli rimasti alla corte di Logan (tra cui Tom, il cugino Greg e Connor Roy, in procinto di celebrare le sue nozze) faranno l’impossibile per aprire un canale di comunicazione e diplomazia con i figli “dissidenti” (Kendall, Shiv e Roman) affinché la transazione verso il nuovo network del giovane visionario svedese dell’high-tech possa avvenire nella maniera più cauta possibile, senza interferenze e ulteriori giochi di potere. Ovviamente, tutto ciò non accadrà.
Succession come Star Wars?
In un episodio comprensibilmente interlocutorio ma non per questo meno frenetico e concitato, Succession mette subito in chiaro le cose grazie a un divertente ma perfettamente congegnato riferimento al Guerre Stellari di George Lucas: nel momento in cui le trattative tra le varie fazioni intestine ai Roy si distendono in occasione di un incontro bilaterale con il fratello Connor (interpretato da Alan Ruck) ancora fedele al papà Logan, i tre “dissidenti” formati dal trio Kendall/Shiv/Roman vengono additati come “l’Alleanza Ribelle”. Un parallelismo nerd che ben si sposa però con le strutture narrative e il sistema dei personaggi di questa quarta stagione di Succession.
Se dunque i tre Roy sono l’emblema dell’alleanza ribelle, ciò fa del tirannico Logan e dei suoi “scagnozzi” il perfido Imperatore Galattico che governa con il pugno duro il mercato dei network americani; almeno, questo nell’universo narrativo fittizio creato con grande intelligenza da Jesse Armstrong sin dalla prima stagione. Una reference, quella di Star Wars, perfettamente allineata con le ultime posizioni in scacchiera prima del colpo finale che Logan Roy si accinge a sferzare assieme al nuovo network che ha creato con Matsson: “Avanti, siamo dei cazzo di pirati noi!” Così il patriarca interpretato da Brian Cox arringa la sua nuova “ciurma”, pronto a distruggere la concorrenza e, se necessario, anche quella rappresentata dai suoi figli dissidenti.
Il superpotere di Connor Roy
Una lotta senza esclusione di colpi che, nel secondo episodio di questa quarta stagione, ha come perno emotivo quello rappresentato da Connor Roy. Il personaggio interpretato da un bravissimo e forse un po’ sottovalutato Alan Ruck si fa qui carico di una riflessione interessante che pare zittire le pretese e il modus operandi e vivendi dei suoi fratelli: “Io ho un superpotere, rispetto a voi. Io per andare avanti non ho bisogno di amore o attenzioni da parte degli altri, non sono come voi, una spugna che non fa che succhiare amore. Sono come una pianta che cresce sulle rocce, che si nutre invece di insetti.”
Un’affermazione, questa di Connor ai suoi fratelli dissidenti, che apre uno spiraglio di umanità e di sana e corrosiva critica al bisogno squisitamente ego-riferito di personaggi come Kendall, Shiv e Roman, figli di un dio maggiore che li disprezza ma che non può fare a mano di volergli bene. Tanto basta alla sua progenie di essere capace di lanciargli guerra quando più la aggrada egoisticamente, senza però mai staccare la bocca dalla tetta carica di promesse e linfa vitale del patriarca. Convenientemente.
La recensione in breve
Al secondo episodio, la quarta stagione di Succession si conferma tra i migliori prestige drama in circolazione e, a un passo dalla conclusione definitiva, mette in campo un affresco corale di umana fragilità mascherata da spietata competizione che via via si va diradando sempre di più, grazie soprattutto ad un cast di prim'ordine come sempre.
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Voto CinemaSerieTV