Il film: The Last Kingdom: sette re devono morire, del 2023. Creato da: Martha Hillier, Edward Bazalgette. Cast: Alexander Dreymon, Harry Gilby, Mark Rowley Genere: Storico. Durata: 111 minuti. Dove l’abbiamo visto: Su Netflix, in lingua originale.
Trama: Dopo la morte di re Edoardo, Athelstan combatte contro il fratellastro per salire al trono. Alcuni clamorosi errori, però, lo costringeranno ad affrontare una grande coalizione di re stranieri, e solo Uthred potrà tentare di salvare il sogno di un’Inghilterra unita.
Dopo cinque stagioni – le prime due prodotte da BBC, e le successive tre da Netflix – la saga televisiva di The Last Kingdom, adattamento dei bestseller di Bernard Cornwell, giunge a un epico atto finale.
L’epoca è il decimo secolo, e quella che oggi chiamiamo Gran Bretagna è da oltre un centinaio di anni il teatro di una guerra senza quartiere tra gli invasori vichinghi e i sassoni cristiani.
Il protagonista – nato cristiano e cresciuto danese – è finalmente rientrato in possesso della fortezza di Bebbanburg, appartenuta per generazioni alla sua famiglia, e usurpata durante la sua infanzia.
Dopo aver lottato per anni al fianco di re Alfredo per aiutarlo a coronare il suo sogno di un’Inghilterra libera e unita, Uthred ha dovuto negare questo traguardo a suo figlio Edoardo, diventando lui stesso il signore di un piccolo stato cuscinetto in Northumbria, al confine con la Scozia.
Un finale agrodolce, che di certo non poteva rappresentare l’atto finale di una saga che per otto anni ha rivaleggiato con Vikings, distinguendosi per intensità, qualità e cura dell’ambientazione storica: per concludere la serie nel migliore dei modi, Netflix ha scelto di realizzare un film conclusivo, che vede il ritorno di Alexander Dreymon e dell’intero cast della serie.
Ecco la nostra recensione di The Last Kingdom: sette re devono morire, e ricordiamolo: “Il destino è tutto“.
La trama: un re è morto, altri sei lo seguiranno… ma chi vincerà?
“Sette re devono morire, e anche la donna che ami”. Una profezia udita in sogno dalla moglie di Finan aleggia sulla fortezza di Bebbanburg, dove Uthred e i suoi compagni di avventura si sono ormai ritirati per godere i frutti della fragile pace conquistata vari anni prima.
L’equilibrio, però, sta per spezzarsi: re Edoardo di Wessex, figlio di Alfredo, è appena morto dopo una lunga malattia, e i nemici sono già pronti ad approfittarne. I guerrieri-lupo del condottiero danese Anlaf, giunti dall’Irlanda, iniziano a fare incursioni sulle coste inglesi, ma un complotto ben più sofisticato sta per stravolgere le sorti del regno.
L’astuto Anlaf ha occhi e orecchie ovunque, e mira a formare una coalizione con gli altri re cristiani e pagani dell’isola, dalla Scozia alle Orcadi, dalle Shetland a Strathclyde, passando anche per l’isola di Man. La sua esperienza parla chiaro: “Quando un re muore, i sassoni si rivoltano sempre l’uno contro l’altro”, e in effetti l’attuale vuoto di potere potrebbe essere l’occasione ideale per annientare il trono di Wintaceaster una volta per tutte.
Intanto l’ex discepolo di Uthred, Athelstan, deve combattere con il fratellastro Aelfweard per conquistare il trono prima che sia troppo tardi: in lui, però, qualcosa è profondamente cambiato, e l’influenza del consigliere e amante Ingilmundr lo sta spingendo a compiere scelte sempre più aggressive e spregiudicate.
Uthred cercherà disperatamente di riportare il giovane sovrano sulla retta via, ma il tempo è poco e l’ombra della profezia incombe ormai su ogni cosa: Edoardo è morto, e altri sei re sono destinati a seguirlo nella tomba nella grande battaglia di Brunanburh. Ma che ne sarà del sogno di Alfredo di un’Inghilterra unita?
Un finale mozzafiato
Una premessa è d’obbligo: Sette re devono morire non è certo un film a sé stante, e l’idea di poterlo fruire o recensire come tale è assurda e impensabile. Siamo al cospetto dell’ultimo episodio della serie tv di The Last Kingdom, a cui spetta il compito di condurre la saga di Uthred a un’epica conclusione, e sia il regista Edward Bazalgette che la sceneggiatrice Martha Hillier sono ben consapevoli del peso delle proprie responsabilità.
Poco importa, quindi, se la sceneggiatura può sembrare a tratti un po’ affrettata, o se non si cura eccessivamente di contestualizzare gli eventi a beneficio di eventuali neofiti, aprendo la narrazione in media res e cavalcando a spron battuto fino alla spettacolare battaglia di Brunanburh: lo spettatore già conosce ogni personaggio, da Uthred a Athelstan, da Finan a padre Pyrlig, e dal leale Aldhelm al fiero re Costantino di Scozia, e il film sceglie di non sprecare il poco tempo a sua disposizione, facendo tesoro dall’ottimo lavoro svolto nel corso delle ultime stagioni della serie per regalarci un finale epico e maestoso.
Di conseguenza, vi suggeriamo di ripassare la storia dell’ultima stagione della serie tv, perché il film è pensato espressamente per gli appassionati, e non farà sconti a nessuno.
Una soluzione, questa, particolarmente efficace e convincente: anziché “allungare il brodo” con futili antefatti, digressioni e interludi, Sette re devono morire incalza lo spettatore con un succedersi di eventi sempre più frenetico, mantenendo costante la tensione e innalzando sempre di più la posta in gioco fino al gran finale, che riesce a regalare un epilogo memorabile e commovente alle cinque stagioni della serie.
Epica, sangue e cattivi consiglieri
Sette re devono morire è un film che fa incontrare la verosimiglianza storica con l’epica, e ci regala due ore di emozioni allo stato puro, attingendo a piene mani ai grandi temi che hanno fatto la fortuna letteraria di Bernard Cornwell e hanno caratterizzato le cinque stagioni di The Last Kingdom.
Torna sotto i riflettori, in particolare, l’archetipo del cattivo consigliere, e con esso anche la riflessione politica sull’influenza esercitata dalle cosiddette “eminenze grigie”, da Richelieu a Rasputin.
In questo caso, a plagiare la mente del giovane re Athelstan è Ingilmundr, un subdolo danese convertito al cristianesimo e appassionato di bibliomanzia che nel corso dell’ultimo anno è diventato il confidente privilegiato e l’amante del ragazzo.
Impossibile non correre con il pensiero ai pessimi consigli della moglie di Alfredo, Aelswith, o a quelli del suocero di Edoardo, Aethelhelm: il destino di Uthred è sempre stato quello di scontrarsi con le malelingue di palazzo, e combattere per l’anima dei regnanti.
Qui, però, non c’è tempo per le sottigliezze e la gradualità: il precipitare degli eventi e la mancanza di un intero ciclo di episodi a disposizione costringe gli autori a metterci di fronte ai fatti compiuti, con il giovane re ormai già (irreversibilmente?) plagiato da Ingilmundr.
Per il resto, il film declina nel migliore dei modi l’epica cornwelliana, che passa per una minuziosa ricostruzione dello scenario storico e politico, e per la costruzione di identità sociali ben definite: a rendere spettacolare la grande battaglia finale non sono soltanto le colonne sonore e le ottime scelte registiche che accompagnano le strategie dei condottieri e le prodezze di Uthred, ma anche e soprattutto la sensazione che da una parte, per la prima volta, ci sono finalmente “gli inglesi” – qualunque cosa significhi questa nuova, strana parola – mentre dall’altra si ergono i loro nemici.
Alexander Dreymon entra nella storia della tv
Anche in Sette re devono morire, come già nel corso delle cinque stagioni della serie tv, a trasfigurare la qualità della sceneggiatura e delle scelte registiche contribuisce in maniera determinante il carisma naturale di Alexander Dreymon, a cui spetta una menzione d’onore.
A suo agio anche con un’improbabile parrucca (che, fortunatamente, sparisce al termine della prima sequenza!) la star di The Last Kingdom torna a vestire i panni del protagonista della saga con una naturalezza davvero sorprendente, e riesce ancora una volta a delinearne i tratti distintivi, dalla testardaggine all’eroismo, e dalla spavalderia alla profonda umanità, con poche semplici inflessioni della voce.
Malgrado il doppiaggio italiano abbia fatto un ottimo lavoro nell’adattarne i toni enfatici e la sua naturale autorevolezza, nel caso di Sette re devono morire ci troviamo costretti a suggerirvi calorosamente di adottare la versione in lingua originale, eventualmente con l’ausilio dei sottotitoli italiani di Netflix: l’ultima performance di Dreymon nei panni di Uthred merita davvero di essere gustata in lingua originale!
The Last Kingdom batte Vikings
Con l’uscita dell’ottimo Sette re devono morire e la definitiva conclusione di The Last Kingdom tocca constatare come la serie tv dedicata alla vita di Uthred di Bebbanburg sia di gran lunga il miglior prodotto televisivo in circolazione dedicato all’era vichinga.
Per essere ancora più espliciti: con l’uscita del film conclusivo, The Last Kingdom si aggiudica a mani basse il “derby” contro il buon Vikings di Michael Hirst, concluso nel 2020 e attualmente proseguito dallo spin off Vikings: Valhalla.
A sancire la vittoria sono una fotografia più nitida e ispirata, una regia maggiormente curata, ma anche e soprattutto un approccio ben più maturo e consapevole alle fonti storiche, grazie alle superiori capacità narrative di Bernard Cornwell.
Uthred è un personaggio di fantasia, così come lo sono Finan, Sihtric e gli altri suoi compagni di avventura, mentre ovviamente Alfredo, Edoardo, Costantino, Athelstan e gli altri regnanti sono figure storiche realmente esistite. La linea di demarcazione tra realtà e finzione è particolarmente netta, e il film si premura di rinforzarla con una solida giustificazione narrativa: al termine del lungometraggio, il nostro protagonista chiede ad Athelstan di lasciarlo fuori dalle sue cronache storiografiche, così come già aveva fatto re Alfredo.
Gli eventi visti sullo schermo nel corso delle cinque stagioni, dalla battaglia di Ethandun a quella di Brunanburh, sono stati ricostruiti con grande verosimiglianza, e di rado la serie li ha piegati o deformati per adattarli fini della narrazione, lasciando semmai ai personaggi di fantasia il compito di arricchire e “colorare” le vicende senza mai alterare il racconto dei libri di storia.
Purtroppo Vikings non ha saputo fare altrettanto, e tra inverosimili viaggi in Russia, conversioni e guerre mai combattute ha stravolto i destini di Ivarr, Bjorn e del vescovo Heahmund. Anche in questo si riconosce la qualità di una saga.
La recensione in breve
Sette Re Devono Morire conclude nel migliore dei modi la saga televisiva di Uthred di Bebbanburg, donando un ottimo finale alla miglior serie tv circolazione sull'epoca vichinga, e coniugando epica, emozioni e realismo storico.
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Voto CinemaSerieTv